ROMA – Come al solito, c’è voluto qualche giorno ma, alla fine, il capo dei vescovi italiani ha parlato. Nulla di eclatante, beninteso! E, tutto sommato, le parole del cardinal Angelo Bagnasco sono state nemmeno così taglienti come – unendo la nostra voce a quella di altri milioni di cattolici italiani -, altresì, gli chiedevamo nel nostro pezzo di mercoledì 19.
Però, Sua Eminenza – tenendo fede alla sua missione pastorale – ha parlato ai cattolici e, seppur non nella forma dell’Omelia ma, in quella più asettica della “Prolusione” di apertura ai lavori del “Parlamentino” della CEI, ha svolto la sua funzione: di confermare nella fede e di denunciare il male.
Con cautela, ma con fermezza, nelle circa 14 cartelle del suo intervento, dal titolo emblematico “Per l’Italia è l’ora della saggezza”, il presidente della CEI analizza la situazione economica e sociale del Paese e, parlando ai vescovi – riuniti nella sessione invernale del “Consiglio Permanente” – indica una via, propone soluzioni, rappresenta disagi e speranze dei credenti.
Non saremo, quindi, pienamente soddisfatti ma, senza dubbio, oggi ci sentiamo un pò meno soli di quanto non fossimo appena ieri e, soprattutto, abbiamo compreso che, nella Chiesa Cattolica italiana qualcosa sta cambiando. Non siamo, ancora, al riconoscimento della “maggiore età” dei fedeli. Eppure, nel discorso del cardinal Bagnasco, appaiono inconfutabilmente i prodromi di un nuovo modo di intendere la partecipazione dei cattolici alla vita sociale e politica del Paese.
A ben guardare, infatti, con il suo intervento, il presidente della CEI – quasi 100 anni dopo l’abrogazione del “non expedit…” – prende atto delle diverse collocazioni dei cattolici in politica; parla ai cattolici senza la volontà d’imporre “scelte” che non gli competono; parla ai governanti da “organizzazione di governati” esprimendo il disagio dei suoi – mi si passi il temine – associati e, soprattutto, tenta di svolgere il suo mandato pastorale indicando, (secondo il pensiero cattolico che, almeno noi, abbiamo nessuna intenzione di imporre agli altri) la giusta via da seguire.
Deve essere, dunque, questo il motivo per cui la classe dirigente italiana – destra e sinistra, in questo caso, per me pari sono – si è sentita spiazzata ed è andata nel pallone. Cosicché, tirando la sottana a Sua Eminenza, tutti hanno cercato di fargli dire quel che – dalla loro parte – gli sarebbe piaciuto, dicesse.
A quanti voli pindarici, a quante piroette e capriole abbiamo assistito, per tutta la serata di ieri e, ancora stamane, del politico di turno, del direttore di questo o quel giornale, della enorme pletora di anchor man di cui è affollato l’etere nazionale ciascuno attento a portare il discorso di Bagnasco dalla sua “parrocchietta”, piegandolo ai suoi pensieri.
Un discorso, invece, che per la sua chiarezza basterebbe leggere. Cosa c’è da interpretare, infatti, nella frase “Bisogna che il nostro Paese superi, in modo rapido e definitivo, la convulsa fase che vede miscelarsi in modo sempre più minaccioso la debolezza etica con la fibrillazione politica e istituzionale, per la quale i poteri non solo si guardano con diffidenza ma si tendono tranelli, in una logica conflittuale che perdura ormai da troppi anni”.
Ma ancora, come si può equivocare su un ragionamento per cui con “le notizie che riferiscono di comportamenti contrari al pubblico decoro e si esibiscono squarci – veri o presunti – di stili non compatibili con la sobrietà e la correttezza” mentre, altresì, dagli “attori della vita pubblica” cui “la collettività guarda sgomenta” vale la regola d’oro sancita dall’articolo 54 della Costituzione secondo cui “Chiunque accetta di assumere un mandato politico deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che esso comporta”.
Così come, sull’altro versante, c’è poco da recriminare se, ad un certo punto Bagnasco afferma: “Bisogna che il nostro Paese superi, in modo rapido e definitivo, la convulsa fase che vede miscelarsi in modo sempre più minaccioso la debolezza etica con la fibrillazione politica e istituzionale, per la quale i poteri non solo si guardano con diffidenza ma si tendono tranelli, in una logica conflittuale che perdura ormai da troppi anni” oppure, rappresentando il pensiero dei cattolici che non hanno dato il cervello all’ammasso sottolinea che “qualcuno si chiede a che cosa sia dovuta l’ingente mole di strumenti di indagine”.
C’è poco da interpretare, appunto. Sono parole di saggezza che segnalano, oltre al caos istituzionale – dovuto alla situazione originale e anomala dell’Italia, anche il disagio profondo di una società civile che chiede “di fare chiarezza in modo sollecito e pacato, e nelle sedi appropriate” per essere accompagnata “con lungimiranza ed efficacia, senza avventurismi, a cominciare dal fronte dell’etica della vita, della famiglia, della solidarietà e del lavoro”.
È per questo motivo, infine, che Bagnasco – preoccupato per l’esempio da dare alle nuove generazioni – dopo aver passato in rassegna i problemi che le attanagliano, dedica una parte rilevante della prolusione alle responsabilità degli adulti.
“Se si ingannano i giovani – dice i capo dei vescovi italiani – se si trasmettono ideali bacati cioè guasti dal di dentro, se li si induce a rincorrere miraggi scintillanti quanto illusori, si finisce per trasmettere un senso distorcente della realtà, si oscura la dignità delle persone, si manipolano le mentalità, si depotenziano le energie del rinnovamento generazionale. Preservare i giovani – dice ancora Bagnasco – dalle difficoltà e dalle durezze dell’esistenza si rischia di far crescere persone fragili, poco realiste e poco generose”.
“Se a questo si aggiunge – dice, ancora, il cardinale – una rappresentazione fasulla dell’esistenza, volta a perseguire un successo basato sull’artificiosità, la scalata furba, il guadagno facile, l’ostentazione e il mercimonio di sé, ecco che il disastro antropologico in qualche modo si compie a danno soprattutto di chi è in formazione”.
Ci chiediamo, dunque, cosa c’è da capire? Cos’è che non è chiaro? Secondo noi, nulla è da chiarire se non le reali volontà di ascolto di una politica, ormai ingessata da 17 anni di anomala rappresentazione della realtà; 17 anni di rissa e di aggressione a chi la pensa fuori dal coro, da 17 anni di pitio-pitio da cortile di una sedicente classe dirigente nazionale.
In tutto questo assordante silenzio della politica, per una volta la voce dei pastori è suonata forte e chiara non per tirarle la giacchetta ma, solo, per rappresentare un pensiero e richiamare i credenti ad una coerenza privata senza la quale, l’anomalia corre il rischio di diventare la regola.
A proposito, c’è qualche “cattolico” che ha ben compreso il messaggio di Bagnasco, tanto da non far passare neanche un’ora, prima di telefonare ad un giornalista di religione ebraica e insultarlo pubblicamente di amministrare “un postribolo televisivo”.
Ci scusiamo, noi con Lerner, per il comportamento poco “cristiano” del nostro correligionario e mentre gli esprimiamo tutta la nostra solidarietà, gli ricordiamo soltanto che in ogni famiglia c’è più d’un “figliol prodigo”.