ROMA – Continua la serie nera. Sono i numeri che ormai quasi ogni giorno raccontano la crisi che sta vivendo iol nostro Paese. Una crisi strutturale che, ancor più che in altri Paesi europei, colpisce il tenore di vita di milioni di famiglie, dai pensionati in primo luogo, ai lavoratori dipendenti.
Da ormai più di sei anni siamo in presenza di una caduta verticale con la chiusura di imprese in tutti i settori, l’aumento della disoccupazione, il volo sempre più in alto della cassa integrazione, uno dei più validi indicatori dello stato generale dell’economia. A gennaio, dopo il boom del 2012 le ore autorizzate sono state 88.869.ooo con un incremento del 2,7% rispetto a dicembre del l’anno passato e del 61,64% rispetto al gennaio 2012. Si tratta del dato più alto dal 1980. In forte aumento anche la richiesta di CIG straordinaria: A gennaio 2013 le aziende in CIGS aumentano del 98,44% rispetto a gennaio 2012 e del 25,46% rispetto al dicembre 2012. Sono questi alcuni dei numeri contenuti nel Rapporto dell’Osservatorio CIG del Dipartimento Settori Produttivi della CGIL Nazionale, elaborato sui dati INPS relativi al mese di gennaio
Obama. L’intervwento pubblico per affrontare la recessione
Il rischio è che questa massa di numeri che ogni giorno ci vengono consegnati dalla statistica diventi abitudine, si perda il fatto che corispondono a persone in carne e ossa. Non è un caso che malgrado le denuncie, le proposte dei sindacati, della Cgil con il Piano del Lavoro, della stessa Confindustria questi problemi restino fuori dal dibattito politico . Ormai siamo agli ultimi giorni di campagna elettorale e, nonostante i tentativi del Pd, della coalizione del centro sinistra, si parola dall’altro. Un chiacchiericcio inconcludente nei talk show che ci hanno deliziato in questi ultimi mesi, un pessimo servizio reso ai cittadini dai media. Non solo. In questi ultimi giorni è un susseguirsi di dichiarazioni ad ogni ora del giorno. Se la giocano fra Monti e Berlusconi, presenti ad ora del giorno in tg, gr, rubriche varie. Un esempio clamoroso. Il presidente degli Stati Uniti pronuncia un discorso “ storico” sullo Stato dell’Unione. Richiama il ruolo del pubblico come chiave di volta per combattere la crisi, la recessione. Rivendica, programma alla mano, il primato della politica, pone la basi per rompere la spirale finanza-economia che dettano legge, “ordinano” ai governi la politica da mettere in atto. Parla di investimenti pubblici nelle infrastrutture, di aumenti dei salari, di sostegno ai lavoratori e alle classi medie. Propone all’Europa una nuova politica di scambi commerciali. E insieme un cambiamento di rotta della Ue. Ci fosse uno straccio di giornalista che sulla “ svolta “ di Obama pone qualche domanda. Magari a quei Monti, Casini e soci che guardano a Vendola e Stefano Fassina come se fossero il diavolo, perché pongono, così come il centrosinistra, un cambiamento di rotta, in linea con il presidente Usa li sbatte in faccia il testo del discorso tenuto qualche giorno fa e riproposta del resto nell’incontro con il presidente Napolitano. Guarda caso si potrebbero trovare analogie interessanti fra il progetto di Obama e il Piano del lavoro della Cgil.
Lattuada. Il sistema industriale lasciato andare alla deriva
Non a caso il segretario confederale della CGIL, Elena Lattuada afferma che“ i numeri dimostrano che lo spessore della crisi industriale ed economica è sempre più profondo, una conferma viene anche dall’andamento della produzione industriale rilevata dai dati dell’ISTAT in forte riduzione del 6,7%, rispetto all’anno precedente, e con flessioni dei comparti produttivi su percentuali a due cifre..Ci troviamo di fronte ad una vera emergenza – prosegue – il nostro sistema industriale è stato lasciato andare alla deriva, in questi anni non è stato fatto nessun intervento significativo, nessuna scelta strategica, quasi nessuna crisi aziendale è stata risolta positivamente. Le scelte governative hanno riguardato più gli effetti, il mercato del lavoro, che non le cause: sistema industriale non più competitivo per qualità, prezzi, contenuti tecnologici. Come poco e niente si è fatto verso quei fattori di competitività per tutto il sistema paese: energia, trasporti, semplificazioni burocratiche, alleggerimento fiscale, ricerca, sistema finanziario”.
Nessun intervento significativo delle politiche governative
“Il fallimento di chi ha maggiormente governato negli ultimi venti anni – conclude Lattuada – sta tutto nei numeri della crisi, un disastroso debito pubblico, un PIL che continua a diminuire (- 2,4%), mentre i disoccupati continuano a crescere, (solo nel 2012 del +21,4%), l’inflazione è al 3%, ma per i redditi medi e bassi va ancora peggio, perché la spesa per vivere è cresciuta del 4,3%”. Dal rapporto della CGIL si evidenzia come nel mese di gennaio i settori più in difficoltà e con più ore di CIG richieste restano il settore Meccanico (in aumento del 79%), il settore del Commercio (in aumento del 80,12%) e il settore dell’Edilizia (in aumento del 57,46%).
Per quanto riguarda invece le aree geografiche la richiesta di CIG cala in sei regioni, mentre aumenta in quattordici, tra cui consistentemente in Lombardia (+56,94%), nel Lazio (+60,05%), in Piemonte (+66%), in Emilia Romagna (+82,32%), nelle Marche (+121,95%), in Abruzzo (+171,31%), in Campania (+85,60%), in Puglia (+115,12%), in Sicilia (+118,84%) e in Sardegna (+169,53%).