Il gesuita Francesco, l’innovazione parte dalla sintesi di diverse culture

 CITTA’ DEL VATICANO – Un Papa timido, umile, ma anche determinato.

Mario Jorge Bergoglio, gesuita argentino di origini piemontesi, ha scelto il nome di Francesco coniugando fin da subito due culture religiose diverse tra di loro e dimostrando come il sentiero della evangelizzazione non può non passare attraverso la sintesi, la fusione di stili di vita e modi di interpretare la religione differenti. Si è presentato alla folla festante quasi con imbarazzo ed è stato autore stasera di un gesto epocale. Senza precedenti. Ha invitato i fedeli a pregare per lui. In piazza San Pietro è calato il silenzio. Un silenzio tombale che riecheggiava più di mille inni o cori festosi. Migliaia di persone raccolte in preghiera. Il mistero della fede che ripiomba d’incanto nella dimensione più umana possibile. Il Papa che, fin dai primi istanti, chiede aiuto alla gente per il compito difficilissimo che lo aspetta. Chi gli è stato accanto assicura che sarà un Pontefice capace di portare una ventata fresca di evangelizzazione al mondo intero. A partire dalla Chiesa romana. Dalle stanza ove si annida il potere costituito del partito romano.

Una rivoluzione che parte da Ovest

Così come Giovanni Paolo II, nel suo primo discorso da Pontefice, disse che i cardinali avevano scelto un “Papa venuto da molto lontano”, Bergoglio ha detto, in un italiano perfetto, che i fratelli porporati hanno scelto il nuovo Vescovo di Roma prendendolo “alla fine del mondo”. In quel lontano 1978, il vento del cambiamento giunse dall’Est. Il celebre appello “non abbiate paura di aprire le porte a Cristo” presagiva la più grande rivoluzione dell’era contemporanea: la caduta del Muro di Berlino. E con esso il crollo di un regime. La dissoluzione della divisione del mondo in due blocchi e l’inizio di una nuova era. Di una nuova sfida ancora tutta da vincere. La disuguaglianza, i diritti calpestati, la fame nel mondo, gli abusi sui minori rendono abbastanza chiara l’idea che esistono ancora tante altre cortine, altri muri, da abbattere. Oggi, la Chiesa, anzi lo Spirito Santo, ha voluto che la speranza arrivasse dal Sud-America. Precisamente dall’Argentina, terra di cattolici, negli anni passati martoriata da una crisi economica che ne segnò drammaticamente il cammino. I semi di questo tanto atteso cambiamento ci sono tutti. Sono già a terra. Papa Francesco sembra incarnare il grido di speranza, di pace, di fratellanza dei cattolici, e non solo, del pianeta terra. E’ sempre stato distante dal potere politico della curia romana. Ha sempre combattuto il lusso e gli sprechi. Basti pensare che ha vissuto in un modesto appartamentino mentre per spostarsi preferisce i mezzi pubblici. Quando fu ordinato cardinale, nel 2001, invitò gli argentini, che avevano raccolto fondi per presenziare alla cerimonia capitolina, a restare in patria e a donare i soldi alle persone bisognose. Bergoglio è un intellettuale di primissimo livello. Professore di letteratura e psicologia. Una laurea in filosofia. E’ stato ordinato sacerdote a soli 33 anni. Uno dei favoriti nello scorso Conclave quando venne eletto Ratzinger. E’ il primo Papa sudamericano della storia ed è nato il 17 dicembre del 1936 a Buenos Aires. E’ un gesuita e ha scelto il nome Francesco. Non è un ossimoro. E’ già questo un chiaro segnale di come l’innovazione e il progresso passino anche e soprattutto attraverso la sintesi di idee e culture disomogenee.

VAI ALLE FOTO di Aldo Feroce

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