ROMA – L’intera famiglia Ligresti è finita questa mattina agli arresti. Il padre Salvatore è finito in carcere con i tre figli Giulia, Jonella e Paolo.
Le ordinanze di custodia cautelare sono scattate in relazione all’inchiesta Fonsai. Tra le persone arrestate ci sono anche i due ex amministratori delegati di Fonsai, Fausto Marchionni ed Emanuela Erbetta e l’ex vicepresidente pro-tempore Antonio Talarico. La famiglia Ligresti e gli ex Ad dovranno rispondere alla giustizia di falso in bilancio aggravato e manipolazione del mercato. I fatti contestati dagli investigatori riguardano l’occultamento al mercato di un buco nella riserva sinistri di circa 600 milioni di Euro. Un’informazione determinante per le scelte degli investitori, la cui mancata comunicazione ha cagionato un grave danno ad almeno 12.000 risparmiatori.
Lo scorso marzo Salvatore Ligresti assieme a Graziano Cioni, ex assessore alla sicurezza di Palazzo Vecchio, erano stati assolti dall’accusa di corruzione al processo sulla trasformazione urbanistica dell’area di Castello a Firenze perché «il fatto non sussiste». Sempre Ligresti, per le tangenti Eni Sai, subì nel 1996 una condanna definitiva a due anni e quattro mesi di reclusione nel primo processo di Tangentopoli, nel quale fu condannato anche l’ex segretario del Psi Bettino Craxi.
Arrestatati durante le vacanze
I componenti della famiglia Ligresti e gli ex manager Fonsai sono stati raggiunti dalle ordinanze di arresto nelle loro abitazioni e residenze estive, tra Sardegna e Toscana.
Il figlio è ricercato
Gioacchino Paolo è l’unico figlio di Salvatore a non essere stato ancora arrestato e quindi risulta allo stato ”ricercato”. Secondo i finanzieri il manager si troverebbe in Svizzera e prima di prendere ufficialmente contatti con le autorita’ elvetiche, attendono di sapere se l’uomo intenda rientrare in Italia e consegnarsi spontaneamente all’autorità giudiziaria.
Pericolo di fuga alle Cayman
«Io ho notizie che il buon Paolo ora va in vacanza, alle isole Cayman»: la frase è contenuta in un’intercettazione telefonica a commento di un imminente viaggio alle Cayman di Paolo Gioachino Ligresti e per il gip di Torino è uno degli elementi che porta a rilevare la sussistenza di «un rischio concreto che i componenti della famiglia Ligresti decidano di allontanarsi dalla giurisdizione nazionale».
Il pericolo di fuga per Paolo, Giulia e Jonella Ligresti è testimoniato dal recente prelievo di circa 14 milioni da tre società lussemburghesi che fanno loro capo. Lo si legge nell’ordinanza di custodia cautelare spiccata anche nei loro confronti dal gip Silvia Salvadori. Per il giudice il pericolo è “desumibile dal possedere, ciascuno di loro, ingenti patrimoni in grado di fornire loro i mezzi necessari per lasciare il territorio nazionale e spostare il centro delle proprie attività in altri Paesi, al fine di eludere gli esiti delle indagini”.
E conclude l’ordinanza: «è di tutta evidenza come, da un lato gli stessi possano contare all’estero su di una rete di relazioni in grado di offrire loro un valido supporto, e dall’altro, come proprio la prospettiva di tutelare dei propri capitali personali ubicati fuori dal territorio nazionale possa ulteriormente rafforzare la convinzione di spostamenti in dette località.
L’inchiesta sulla galassia Ligresti
La procura di Milano, con il pm Luigi Orsi, è impegnata da oltre un anno su diversi dossier riguardanti quella che veniva chiamata la galassia Ligresti. Il filone che vede indagato l’ex presidente e commissario straordinario dell’Isvap, Giancarlo Giannini, per corruzione e calunnia, spuntato ora per l’invio di un avviso di proroga indagini, è solo l’ultimo di una serie. Una delle inchieste è quella che vede indagato Salvatore Ligresti per aggiotaggio in concorso con Giancarlo De Filippo, in relazione a due trust esteri titolari del 20% di azioni Premafin, poi c’è l’indagine per la bancarotta delle holding immobiliari della famiglia Ligresti, Imco e Sinergia, dichiarate fallite dal tribunale di Milano, e che vede coinvolti, oltre all’ingegnere di Paternò, anche i suoi figli. A questi filoni di inchiesta si aggiunge quella sul presunto patto occulto (la vicenda del ‘papellò) con Mediobanca e che vede indagato anche l’amministratore delegato di Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel, senza dimenticare gli accertamenti sulla valutazione dei prodotti finanziari derivati di Unipol, una operazione necessaria ai fini della fusione con Fondiaria-Sai e, infine, il filone sul centro di ricerca biomedica «Cerba».
I capricci dei pargoli Ligresti
Giulia Maria disegnava borse di design, Jonella non si perdeva un dressage ippico mentre Paolo preferiva affittare appartamenti e suite di lusso a turisti facoltosi. I figli di Salvatore Ligresti coltivavano passioni molto diverse tra loro, ma con due caratteristiche in comune: i bilanci perennemente in rosso (per oltre 13 milioni complessivi dal 2001 al 2011) e un’attività finanziata per buona parte, grazie a contratti di favore, dalla galassia di Fondiaria Sai, in questo caso per circa 7,4 milioni. Sono solo alcune, forse le più appariscenti e pittoresche, delle cosiddette operazioni con parti correlate che vedevano le risorse della compagnia assicurativa (o della controllata Milano Assicurazioni) utilizzate per rimpolpare i bilanci dissestati delle società della famiglia Ligresti.
Quanto a conti in rosso, Giulia Maria con la sua Gilli (specializzata in pelletteria e borse di lusso) ha stabilito un piccolo record: dal 2002 al 2011 non ha mai chiuso un bilancio in utile, bruciando così 10,5 milioni di euro. Con la curiosa parentesi della partnership siglata con Lapo Elkann, nel 2004, per rilanciare il brand Fiat con borse e portachiavi vintage griffati Gilli. La società, controllata dalla Fingit (holding della famiglia Ligresti), ha incassato quasi un milione di euro in tre anni da un contratto di comarketing con Fonsai per realizzare borsette assicurate contro furti e rapine, mentre la controllata Gilli Communication ha percepito 1,7 milioni nel 2010 per realizzare le campagne pubblicitarie di Dialogo e Fonsai. Poi, negli ultimi due anni, un veloce declino con la cessione dei negozi di Roma (in Piazza di Spagna) e Milano (in via della Spiga) per fare quadrare i conti sempre più in dissesto.
A Giulia Ligresti, invece, piacevano i cavalli. Quattro, in particolare, comprati tra il 2006 e il 2009, grazie a un leasing di 6,1 milioni stipulato con Unicredit, dalla società di famiglia Laità: Toulon, Nanta, Caruso e Contact Bz. Anche Laità ha goduto di ricche sponsorship da parte di Fonsai: ben 4,76 milioni dal 2003 ad oggi secondo quanto accertato dal collegio sindacale della compagnia. E anche Laità, nel 2011, ha perso 2,6 milioni costringendo papà Salvatore a ripianare le perdite. Visto il venir meno dei contratti con Fonsai, nel 2012 la società dell’amazzone Jonella, si legge nell’ultimo bilancio, ‘ha in programma un ridimensionamento della propria attività con un conseguente contenimento dei costi di gestionè.
Infine Paolo Ligresti, che con la sua Platinhome a Firenze affitta appartamenti in centro con vista sulla Cattedrale di richiesta offre anche tour in mongolfiera e chef a domicilio. In tutto sono 11 suite di proprietà, ovviamente, di FonSai. Platinhome nasce nel luglio 2009 e da ottobre a dicembre di quell’anno prende in affitto i primi quattro appartamenti a canone zero. L’anno successivo, invece, il canone viene fissato in soli 18mila euro. Poi, nell’ottobre 2010, la compagnia affitta alla società altre sette suite. Anche qui il solito clichet: primi tre mesi gratis e poi un canone con sconti decrescenti. Ma tutto ciò non basta perchè a fine 2011, dopo tre esercizi in rosso, la società ha un
patrimonio netto negativo.