Ma come diavolo comunica il Pd? Carta e tv: i media che ci fanno mediocri

Il caffé della mattina non funziona più. Devo accendere la tele e spararmi una flebo di rassegne stampa per drizzare i capelli e connettere un po’. Aspetto il turno dei giornali di sinistra, per vedere titoli di sinistra, ma la cosa è sempre più difficile. Le pagine sfogliate in tv sanno di Berlusconi, hanno la firma di un elefantino o di un mostro di pietra (il simpatico M. Belpietro). E’ qui, tra le righe, che mi sveglio. Che mi accorgo di aver perso terreno anche dove c’eravamo sempre stati, sulla carta stampata.

Va bene l’assenza di lettori, va bene la chiusura di Liberazione, quella sempre a rischio de Il Manifesto, ma L’Unita? La Repubblica? Perché a loro non viene dato il giusto spazio? Perché sono letture di sfuggita tra un Foglio ed un Giornale? Perché un pezzo di Michele Serra deve valerne uno di Nicola Porro?
I giornali in tv sono delle traduzioni. Da un media all’altro il filtro blocca le informazioni, la par condicio abbatte la qualità. E così accade che l’ex-Ministra Idem diviene il male assoluto e che Calderoli è una povera vittima. Come se i fatti fossero una bilancia da equilibrare e nulla più.

Viviamo nel periodo dell’oscurantismo al contrario, senza censura. Ad un enorme scandalo di una parte occorre rispondere con il bombardamento di pagine e titoloni su piccoli affari dell’altra. Allora vediamo un impero, quello televisivo, tutto monocolore. Nelle mani di Berlusconi. E un mercato, quello dei giornali, fermo, tenuto in vita dalle pubblicità, di cui il maggiore distributore è sempre lui, il re di Arcore.

Nell’area di destra a Libero e Il Giornale, si affiancano settimanali di gossip e quotidiani locali, per lo più sempre gestiti da amici del Re Sole. Al centro resta Il Corriere, che il Pd lo vede solo bianco, quasi montiano. E il Messaggero: stessa storia. Un po’ più in là c’è La Repubblica, che rappresenta nell’immaginario comune le posizioni della sinistra più estrema, ma che in realtà non affossa Letta e ha scelto Renzi per il futuro. Lo ha fatto ufficiosamente all’evento La Repubblica delle Idee e poi ufficialmente con un editoriale di Scalfari, che ha ammesso di essersi sbagliato, che Matteo “non è antipatico” e che con lui candidato “verrà il bello”. Infine dimenticati da Dio e anche dai lettori, i giornali di Partito. L’Unità di Sardo, che non è quella di Gramsci, barcolla tra attriti e riappacificazioni con il sindaco di Firenze e per forza di cose è costretta a rimanere filogovernativa, tirata per la giacca dalle correnti e dai vecchi dirigenti, dopo essere stata spudoratamente bersaniana. L’Europa poi, nata dalla Margherita, è la sorella brutta dell’Unità, la moglie democristiana del Pd, ha un linguaggio ovattato, ancora molto riverente all’area ex P.P.I.

La loro battaglia antiberlusconiana è stata depotenziata dal Governissimo. Pagano la visibilità televisiva della carta: quando le loro firme sono scomode basta poco. Basta che nei salotti buoni della Tv o nelle rassegne stampa del mattino il padrone chieda di spegnere il bottone. Di oscurare qualche informazione. Di accostarla ad un bisticcio tra correnti o a una gita in barca di D’Alema.
Allora al Pd restano due spazi per comunicare nel modo giusto. Il web e la piazza.
E’ qui che abbiamo perso le elezioni, è qui che la base aspetta il suo Partito. Ma loro no, continuano a giocare fuori casa, con arbitri parziali, cimentandosi senza talento nella lingua del concorrente. Così tra litigi alla Sgarbi, sorrisetti di Bruno Vespa e giochini di Paragone i contenuti si perdono per strada, invece di arrivare al loro diretto destinatario.

Vado in edicola per acquistare Dylan Dog, almeno so che in Metro evaderò un po’.
-Buongiorno Piddino! Che vuoi? L’Espresso, Left oppure l’Internazionale?
-No, no. Oggi fumetti.
Arriva Tonino.
-Anvedi chi se vede!
Chiede Il sole 24 ore.
-Io nun ce sto a esse prese per culo, leggese er giornale è n’arma de difesa. So quarant’anni che me studio er pensiero der padrone.
La tentazione è troppa, voglio il suo parere. Seguo il vecchio al bar.

-Ma te che pensi dei politici in tv?
-Nun me fa bestemmià. Te pio n’esempio che solo a pensacce me fa spaccà er core. Er programma de Santoro. De sinistra, me dirai te? Beh, è stocazzo de programma de sinistra c’ha fatto resuscità Berlusconi. E’ ‘n teatro. E se i politici bucheno lo schermo è solo perché so’ degli attori. Sti format so’ fiction, intrattenimento. Sirvio che spolvera la sedia, che mette a tacé Travaglio è n’immagine devastante. ‘No spot che vale sordi, share, ma che ‘n c’ha cazzo a che fa coll’informazione. E’ n’oleà ‘n sistema, che, damme retta a me, quelli come noi li metterà sempre sotto. ‘A parola tua conterà meno de quella d’en piacione o de ‘na valletta. E nun è un caso che a Porta a Porta tra n’omicidio e ‘na puntata su Mps ce trovi sempre gnocche. E che a rappresentà gli scontenti da’a sinistra ce sta spesso Alba Parietti.

-E dei social network?
-So’ aria fritta. Sti cazzo de facebook, de twitter, ma che roba so’? La politica se fa casa pe’ casa, chi c’ha le palle ce deve mette la faccia. Deve sudà, emozionasse, solo così po’ corpì ar core. I compagni se devono vedé de fronte, mica in fotografia. Venissero qua, sti politicanti, se confrontassero coi pori cristi che j’hanno dato er voto…

Penso a Pierluigi. Al suo confronto con Crimi e la Lombardi. A come lo streaming sia stato un atto vile, impietoso. Penso ai giorni dei 101, quando l’operazione Open Camera di Scalfarotto, ci teneva aggiornati su ciò che stava succedendo cinguettando a più non posso. Al fatto che in molti nutrano dubbi anche sui voti dello stesso Ivan. Guardo l’orologio, ho ancora cinque minuti.

-E Grillo?
-E’ na farsa, è ‘n mestierante. Lui lo sapeva che a nun andà ‘n televisione erano costretti a mannà in onda quello che lui metteva in rete. Per esempio l’immagini dei comizi. Quanno pijava l’applausi o se faceva a noto lo Stretto de Messina. Beppe c’ha visto lungo. Da ‘na parte se l’è cantata, dall’artra se l’è sudata. Te ricordi Prodi? Prodi s’era fatto tutta l’Italia, me sembra ‘n treno. Alle scorse elezioni l’unico che s’è fatto er culo ad annà tra le persone, cor megafono, è stato Grillo. Bersani s’è fatto quarche incontro, Sirvio ha fatto concorrenza a Paolini, ha fatto er presenzialista televisivo.

Se avesse ragione Tonino la forza dei Cinque Stelle è stata girare per le strade, è stato il suo leader nelle piazze, non il blog, non la sua piattaforma con i voti online. Del resto l’esperienza grillina in rete non è stata puramente social, come non lo è nemmeno facebook. Wikipedia è un’altra cosa: persone che creano una comunità con un progetto condiviso. Si correggono vicendevolmente, mettendo i propri saperi al servizio dell’altro. Lì uno vale uno e lo fa per il progetto. Non c’è un megadirettore d’orchestra che decide quali voci eliminare dall’enciclopedia. E perché il tutto proceda nel modo migliore si è scelta la strada dell’anonimato, invece che quella dei personalismi.

-Vecchio, e l’informazione in rete?
-Quella è de sinistra. Nun la leggo, ma è de sinistra. Perché tutti possono dì la loro. Nun c’è ‘na linea da seguì. Pòi pure interagì. Pòi sceje tra quello che te sembra ‘na cazzata e quello che te sembra più interessante. E magari ce starà pure quarcuno che s’enteressa de cose serie. De lavoro, perché l’ha perso. De razzismo, perché l’ha subito. Se è vero quello che sento è ‘no strumento meravijoso, sta a voi sapello usà e a quarcun artro sapello ascoltà. Er Pd in rete nun ce sta, lascia perde quarche Narciso, lascia perde youdem. Quelli so peggio de me, che so giustifiicato pe’ l’età, se pensano che er computer è na televisione co’ la tastiera.

Mentre Tonino ordina il primo bicchiere, io mi alzo. Devo andare al lavoro. Mi domando: perché non internet, perché non le piazze? E’ lì che c’è ancora margine per parlare con la gente. Forse è faticoso. Forse si teme il confronto. Perché – come dice il vecchio – ci si dovrebbe mette la faccia. Bersani lo fece tardi e lo fece sbagliando i modi. Proprio con lo streaming, ma non sapeva che in rete è pericoloso mettere il proprio volto in pubblico senza prima acchittarsi un fotoritocco. Fu la rottura con i grillini, il ritorno al silenzio. E anche oggi si ignora il nostro punto debole. La comunicazione. Si pensa che è più comodo elemosinare qualche ospitata in tv. Fargli montare i servizi su misura -larga per B, stretta per il PD-. Mettere il giornale di Partito in mano alle fameliche bocche di correnti e correntine. Tornare in streaming alla Letta, per piacere, più del suo predecessore, meno delle aspettative. Ci sentiamo intellettuali, neanche fossimo Nichi Vendola, ci sentiamo facce da X Factor. Risultiamo invece simili a supposte di tachipirina jr per malati molto gravi e con le emorroidi. Si pensa che è meglio questo a cambiare rotta, a tornare a fare campagna attiva (iniziando magari dal confronto nei circoli) e online, con un progetto condiviso e socialmente utile (“social”). Il nostro dannato dilemma: Essere giovani e belli, come un tronista dalla De Filippi, o zozzi e stanchi, come i politici di paese di una volta, quelli che salivano su una cassetta della frutta ed iniziavano a discutere con i passanti?

Condividi sui social

Articoli correlati