Libia. Spari nel bunker di Gheddafi. L’occidente assiste impotente alla carneficina

ROMA – InLibia regna il caos assoluto. Ancora scontri si registrano nella città di al Zawiyah, a circa 50 chilometri a ovest di Tripoli.

Secondo la televisone araba Al Jazeera, 6 carri armati sono stati dati alle fiamme nel centro città. Soldati delle brigate del regime sarebbero stati catturati. Secondo un testimone,  ci sono pesanti bombardamenti sulla città  mentre i ribelli cercano di resistere con mezzi di fortuna all’avanzata dei mercenari.
La situazione non è però del tutto chiara. Da un lato i ribelli annunciano di aver respinto le forze governative e parlano di festeggiamenti in strada, mentre la tivù libica dice esattamente il contrario. Stesso dicasi per gli scontri avvenuti a Ras Lanouf, dove non è  chiaro del tutto chi stia controllando questa città collocata geograficamente in un punto strategico soprattutto per l’approvvigionamento dai terminal petroliferi.

Cosa certa è che Muammar Gheddafi ha rilanciato un’offensiva in piena regola per riconquistare le città dove ha perso il controllo negli ultimi 18 giorni di proteste.
Secondo testimoni oculari le brigate  del rais stanno attaccando indiscriminatamente tutto: “Non hanno pietà per i civili,  bambini e donne compresi”, riportano alcune testimonianze.  Il bilancio delle vittime sta salendo vertiginosamente, tant’è che i rivoltosi hanno invocato l’Onu e la Lega Araba di intervenire per proteggere la popolazione libica. I mercenari si sono addirittura impossessati di alcune ambulanze per rapire i feriti e probabilmente ucciderli. Insomma azioni militari dove non esistono più regole, in cui la vita umana ha perso ogni valore. Ma quanto potranno resistere i rivoltosi anti Gheddafi? Non molto, visto la loro disorganizzazione – per molti si tratta della prima esperienza militare – e il loro esiguo arsenale di armi e mezzi  per contrastare il nemico ben più dotato sotto il profilo bellico e soprattutto pronto a tutto pur di salvare il lauto compenso elargito dal dittatore.

Una situazione davvero drammatica se si pensa  che, nonostante ci sia un impegno comune per far fronte all’ondata di profughi,   i paesi occidentali stanno assistendo passivamente a questa carneficina. Insomma la diplomazia tace, risultano vani i tentativi di aprire un tavolo di confronto con Gheddafi, a parte quello proposto da Chavez, che il rais rispedisce al mittente. Il rais lo aveva annunciato in precedenza: “Io da qui non mi muovo, resto a combattere i rivoltosi”. D’altra parte dopo tutte le minacce lanciate all’occidente da parte del Colonnello, chiuso nel suo delirio di onnipotenza,  è difficile assistere ad una riapertura diplomatica.  

Nel frattempo i beni della Libia sono stati congelati ovunque, ma non in Italia, dove la Libyan Investment Authority e la Banca centrale libica detengono il 7.5% della  Unicredit.  Il governo assicura che non ci sarà nessun congelamento  perché  al momento nella lista dei soggetti sottoposti a misure restrittive in base alle ultime disposizioni dell’Unione Europea non ci sono questi investitori libici. Un fatto alquanto anomalo, nel quale l’Italia dice di volersi muovere nella cornice europea, al contrario della vicina Austria che  su richiesta del governo, ha già bloccato 1,2 miliardi di euro su conti anonimi di clienti libici.

Anche il clima nella capitale è surreale. Dopo le proteste soppresse ieri con la forza  dalle forze militari di Gheddafi a Piazza Verde, è calato il silenzio. Tripoli è una città completamente isolata. Traffico bloccato, comunicazioni interrotte, negozi chiusi e  nessun civile che si aggiri per le strade. Regna il clima di terrore, in cui gli abitanti rimangono asserragliati in casa, spesso senza le provviste necessarie per sopravvivere. Tuttavia si è registrata una violenta sparatoria nei pressi della caserma di Bab al-Aziziya, considerata il quartier generale di Muammar Gheddafi e della sua famiglia. Secondo quanto riportato dal quotidiano arabo Al-Sharq al-Awsat, lo scontro sarebbe durato una ventina di minuti ed è stata molto intensa. Fonti locali sostengono che al conflitto a fuoco hanno preso parte alcuni miliziani africani che hanno ottenuto la cittadinanza libica. Tre ufficiali libici sarebbero morti. Al momento non si conosce l’identità delle vittime della sparatoria, ma da ieri non si hanno più notizie del generale Abdullah al-Senoussi, capo dei servizi segreti militari, che potrebbe essere stato ucciso durante i combattimenti.
Anche a Sirte, città natale di Gheddafi e ora roccaforte dei ribelli,  arrivano notizie a intermittenza. Le milizie di Gheddafi avrebbero bombardato gran parte del territorio con l’obiettivo di riacquistare il controllo. Ma rimane difficile parlare di controllo. In Libia regna il caos di una guerra civile.

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