Papa Francesco, i poveri non possono aspettare

ROMA – Cerimoniale stravolto ancora. Papa Francesco non cede alle rigide regole che lo vorrebbe “irreggimentare” nei protocolli vaticani. Nella visita di ieri al Bambin Gesù di Roma ad attenderlo, fuori dall’ospedale che venne donato nel 1924 al Papa dalla famiglia Salviati, un gruppo di bimbi provenienti da diversi luoghi nel mondo.

Bimbi etiopi, libici, cinesi. Con il Natale alle porte il pontefice ha voluto fare visita alla struttura che accoglie i piccoli pazienti ma rassicurando fin da subito l’oggetto della sua presenza, i bambini appunto, e non una visita ufficiale ai vertici della struttura sanitaria. Il presidente dell’ospedale, Giuseppe Profiti, ha dovuto “accorciare” il suo discorso introduttivo mentre Francesco continuava a stringere mani e ricevere doni. Il pontefice ha voluto fare visita nelle singole stanze da solo, lasciando fuori dalla porta lo stesso Padre Georg Ganswein e il Segretario di Stato Parolin. Benediva e dava conforto  ai piccoli pazienti e dopo quasi tre ore di cammino nei corridoi è arrivato alla Cappella dove ad attenderlo c’erano bambini del reparto di oncoematologia con le loro famiglie. Momenti toccanti, di grande umanità e semplicità rivelerà più tardi il cappellano dell’ospedale. Un modo di fare, quello del Papa che sorprende ancora, come quando due giorni fa in Piazza San Pietro ha colto l’occasione per leggere una scritta esposta dal movimento dei forconi. 

 

“I poveri non possono aspettare. È vero, e questo mi fa pensare che Gesù è nato in una stalla, non in una casa, oggi penso a tante famiglie senza casa, sia perché non l’hanno mai avuta, sia perché l’hanno persa per tanti motivi”. Un grande successo per lo stesso movimento dei forconi rappresentato in Piazza da Mariano Ferro e Lucio Chiavegato. Il papa non solo ha letto il manifesto ma ha parlato di loro raccomandandosi di proseguire attraverso un “contributo costruttivo respingendo le vie dalla violenza e seguendo la via del dialogo”. Una linea chiara quella di Francesco, di forte attenzione ai problemi sociali più vivi sia all’esterno che all’interno della curia. È sempre di ieri la strigliata arrivata ai vertici vaticani ribadendo che “come sacerdoti non si va mai in pensione ma dall’ufficio si ed è anche giusto, anche per dedicarsi di più alla preghiera”. L’auspicio, la direzione è quella di una maggiore “obiezione di coscienza alle chiacchiere”. Il cambio di rotta rispetto alle gerarchie precedenti è evidente e se i rapporti con il papa emerito Benedetto XVI sono collaborativi, di fiducia e stima, la svolta impartita dal pontefice è sotto gli occhi di tutti. Stravolgimenti di stile, di attenzione alla carne viva della società, le sfide sono ancora numerose e gli indizi per prevedere sorprese non mancano. 

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