Libia. Dov’è finito Gheddafi? A Bengasi sventola la bandiera francese

ROMA – Altro che rispetto del promesso cessate al fuoco. Muammar Gheddafi non demorde, ignora la risoluzione dell’Onu e ancora una volta passa all’offensiva per imporre la sua autorità nel paese facendo credere all’occidente che le sue forze militari colpiscono ancora, sono ancora forti e incisive.

Oggi si è registrata una pioggia di bombardamenti dell’esercito governativo su alcune città del paese,  in particolare a Misurata e Ajdabija, rispettivamente a 200 e 160 chilometri da Tripoli. Anche Zintan è stata presa d’assalto dal fuocodell’artiglieria dei mercenari. Nel frattempo “Odissea All’alba”,  l’operazione congiunta  della coalizione internazionale, giunta la quarto giorno, continua ad attaccare le postazioni militari del rais, nonostante le tensioni sull’eventuale ruolo della Nato abbia lacerato i rapporti tra gli stati occidentali  dividendo  Usa e Regno Unito da una parte e Francia dall’altra, che con le sue iniziative  del tutto arbitrarie ha di fatto spaccato la visione unanime della comunità internazionale.  

Così gli scontri si consumano su più fronti, non solo sul  terreno di battaglia dove si continua a morire, ma anche sul piano diplomatico e soprattutto su quello dell’opinione pubblica sempre più divisa tra interventisti speranzosi che sia sferrato il colpo finale a Gheddafi e pacifisti che invocano la via per una trattativa pacifica.
Intanto, secondo quanto si apprende sarebbero state colpite installazioni radar e alcune basi della contraerea, ma anche alcune zone sensibili della capitale, come il porto. I missili avrebbero raggiunto anche  uno dei bunker residenza di Gheddafi, anche se non si conoscono esattamente gli esiti di tale operazione. La tivù libica parla di raid internazionali, i cui missili non avrebbero risparmiato la popolazione civile. Ma anche questo drammatico particolare non è al momento confermato.  A Bengasi, invece,   nella roccaforte dei ribelli antigovernativi sventola la bandiera francese, segno che la città ha resistito agli attacchi dei mercenari agli ordini di Gheddafi. L’episodio fa capire perfettamente quanto la Francia stia impegnando i suoi mezzi per sostenere i cosiddetti rivoltosi.

Ma c’è una questione avvolta nel mistero, ovvero dove si nasconda il Colonnello, che non rientra negli obiettivi militari – almeno così dicono gli esponenti della coalizione -, ma sembra che gli inglesi siano interessati alla sua cattura. Oggi il Daily Mirror, stando alle informazioni raccolte, ipotizza che il rais sia fuggito nel deserto del Sahara protetto dai suoi amici beduini e dai mercenari. Altri lo credono sotto uno dei suoi bunker  nella cittadina di Sabha in compagnia delle sue 40 guardie amazzoni, tutte addestrate alle arti del combattimento corpo-a-corpo, e protetto da un contingente di spietati mercenari provenienti dal Ciad, dal Niger e dall’est Europa.
Tuttvai, ovunque si nasconda Gheddafi, una volta catturato sarà difficile per lui evitare il processo internazionale sui crimini contro l’umanità a cui dovrà rispondere personalmente. Sul caso si sta occupando il procuratore della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno Ocampo, il quale sta raccogliendo le prove relative ai presunti crimini del rais che verranno successivamente trasmessi al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite,  prima di investire del caso i giudici del tribunale internazionale.

E’ giallo anche sul caccia statunitense precipitato in Libia. Episodio sul quale le forze statunitensi hanno aperto un’inchiesta. L’ammiraglio Samuel Locklear, che guida l’U.S. Joint Force Command che ha il suo quartier generale a Napoli parla di un avaria, ma non è da escludere che possa essere stato colpito dalla contraerea del governo libico. Entrambi i due piloti incolumi sarebbero riusciti  a paracadutarsi dal velivolo per poi essere tratti  in salvo dagli oppositori.

Diversa la sorte, invece,  per alcuni reporter arrestati dalle forze armate libiche dei quali non si hanno più notizie. Si tratta di due giornalisti della France Press e di due fotografi, uno dell’agenzia Getty Images e l’altro della Polaris Images. Più fortunati altri reporters salvati in extremis  grazie all’intervento delle Sas, le forze speciali britanniche che hanno fermato in tempo  i piloti della Raf che stavano per sganciare il loro carico di distruzione sul compound di Muammar Gheddafi, dove erano presenti dei giornalisti stranieri usati da Gheddafi come scudi umani. Questo significa che le forze speciali sono riuscite a penetrare all’interno del territorio libico.  
E proprio sul rischio che corrono i giornalisti stranieri in Libia, giunge oggi la testimonianza di Lynsey Addario del New York Times, rimasta ostaggio delle forze  fedeli a Muammar Gheddafi  ed oggi finalmente libera. La reporter vincitrice del premio Pulitzer nel 2009 per il suo lavoro in Afghanistan, ha raccontato di aver subito molestie sessuali continuate durante la sua prigionia assieme a tre colleghi del quotidiano americano. L’incubo è durato per  48 ore. Al terzo giorno, infatti, i quattro sono stati bendati e caricati su un aereo per Tripoli  grazie all’intermediazione della Turchia.

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