Visco (Bankitalia) a testa bassa contro sindacati ed imprese

Camusso (Cgil): “Vecchie ricette che hanno già fallito”

ROMA – E’ stato durissimo l’attacco del Governatore della Banca d’Italia, Visco alle parti sociali. Nel mirino del numero uno della Banca d’Italia sono finiti Sindacati ed imprenditori, colpevoli, secondo l’analisi dell’alto tecnocrate di tenere ingessate le sorti dell’economia nazionale: “Rigidità legislative burocratiche, corporative, imprenditoriali, sindacali, sono sempre la remora principale allo sviluppo del nostro paese” dice alla Luiss, in occasione dell’evento commemorativo “Il contributo di Guido Carli alla modernizzazione dell’Italia.

Oggi non manca, come non è mancata in passato, la consapevolezza delle cose da fare. Ma i movimenti della politica, del corpo sociale sono apparsi impediti e l’azione è risultata largamente insufficiente rispetto al bisogno. Certo, rispetto agli anni ’70 le conseguenze dell’immobilismo sono diverse e mentre allora era l’inflazione, oggi è il ristagno. Tuttavia le parole di Guido Carli, ai vertici della Banca d’Italia dal ’60 al ‘75, “sono una analisi efficace – analizza Visco – anche per leggere la situazione odierna. La nostra economia ha subìto una ferita: né l’impulso della spesa pubblica, pur se orientata nelle direzioni più congrue, né l’espansione creditizia, pur se attuata con coraggio, varranno, da soli, a restituirle vigore”. Ma quello che per sindacati ed imprenditori può essere giudicato come un vero e proprio atto d’accusa, potrebbe essere invece essere considerato, per il Governo, e per parte della maggioranza che lo sostiene, una sorta di ‘autorizzazione’ sulla strada di riforme più incisive e deregolarizzate, ed è proprio sul punto che immediata si è fatta sentire la voce dei sindacati.

Secondo il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni “ci sono alte autorità che spesso parlano a vanvera. Non si può fare di ogni erba un fascio” ha aggiunto. “Ci sono sindacati e sindacati – ha detto ancora Bonanni  -, imprese e imprese e associazioni imprenditoriali e associazioni imprenditoriali, vero è che le massime autorità debbono stare molto attente a come parlano perché stanno diventando loro un problema, stanno gridando allo sfascio e stanno diventando loro gli untori del populismo italiano. Se Visco, con tutto il rispetto vuole davvero rendere un servizio al paese dovrebbe parlare con coraggio e trasparenza della responsabilità delle banche nella crisi economica che ha investito in questi anni il nostro paese. Guardassero ogni tanto al loro interno e riflettessero sulle loro responsabilità invece di scaricarle in questa sorta di modismo, su imprese e sindacati”. Secca e stringata, la replica del Segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, che sull’argomento da l’impressione di non voler perder tempo:

“Mi sembra un riproporre ricette che hanno già mostrato il loro fallimento”.

Ma il fronte è più che mai incandescente, visto che in queste ore decolla la discussione sul cosiddetto ‘Job act’ che ha tenuto banco anche nell’incontro tra Renzi ed Obama, almeno come battute. Mentre il Presidente della Commissione Lavoro, Damiano puntualizza sulla questione e chiede i giusti tempi di discussione, l’area della sinistra Pd avverte e lo fa con la sua punta di diamante, Stefano Fassina: “Così’ il Jobs act non passerà”.  L’ex viceministro dell’Economia del governo Letta e attualmente membro della minoranza del Pd non le manda a dire al premier: “Così com’è il decreto lavoro non può passare perché spalanca le porte ad una maggiore precarietà”, la sua posizione, che è condivisa in una gran parte del suo partito è stata rilanciata in una intervista a Repubblica. “Ne parleremo col ministro Poletti cercando di gestire insieme le modifiche, ma se il sistema non dovesse funzionare la decisione passerà al Parlamento” avverte Fassina. Come dire: questo non passa, il premier rischia la testa. D’altronde era stato lo stesso capogruppo alla Camera del Pd a spiegarlo a chiare lettere al ministro del Lavoro: “I numeri non ci sono”.

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