Taccuino elettorale. Parte il voto per le europee

ROMA – Breve riepilogo. Quali sono le poste in gioco nell’election day di domenica 25 maggio? L’elezione di 73 deputati europei, con l’indicazione del futuro Presidente della Commissione europea, di due Consigli regionali, Piemonte e Abruzzo, e dei sindaci di circa 4400 comuni.

Tra questi ultimi, vi sono alcuni capoluoghi di Regione (Firenze, Bari, Potenza, Campobasso), molti capoluoghi di provincia e tanti comuni al di sopra dei 15000 abitanti. Il test ha un indubbio significato politico, dunque, ed è ovvio che finirà per incidere sulle sorti del quadro politico nazionale e del governo Renzi. A partire dal dato sulla partecipazione al voto, si capirà immediatamente come gli italiani avranno reagito a questa nuova sfida elettorale, unica nel suo genere in Europa. Molte cancellerie europee e non solo, probabilmente, guarderanno con molto interesse prima i dati che perverranno dall’Italia, nella notte tra domenica e lunedi. Perchè? Perchè nelle elezioni italiane vi sono tutti gli ingredienti politici per prevedere quale sarà il destino dell’Europa intera. Stando ai primi dati sulla partecipazione alle elezioni provenienti dai Paesi in cui già si è votato, infatti, si conferma la distanza tra istituzioni europee e cittadini. L’Europa soffre di poca empatia nei confronti dei suoi residenti. In Repubblica Ceca, ad esempio, solo un cittadino su cinque ha votato. E uno su tre ha votato nel Regno Unito e in Olanda. Poco meno della metà, sono stati gli irlandesi al voto. Insomma, un disastro quasi epocale per l’Unione Europea.

Consapevoli dell’elevato valore politico attribuito a questo appuntamento del 25 maggio, i leader sono diventati i veri protagonisti della sfida elettorale. Perdendo, in sostanza, per strada alcuni dei temi rilevanti per il destino dell’Europa. È stata una campagna elettorale che, soprattutto nelle ultime settimane, si è praticamente ristretta in un imbuto di contenuti e soprattutto per effetto della concentrazione mediatica sui leader ha visto alzarsi inutilmente i toni fino ad asprezze e insulti che di europeo non hanno nulla. Davvero. Da questo punto di vista, è stata una pessima campagna elettorale, almeno sul piano dell’illuminazione mediatica dei leader che c’hanno “messo la faccia”. In realtà, tuttavia, è stata una campagna elettorale bicefala, perchè se da un lato i media nazionali hanno sfruttato e a volte alimentato i toni aspri dei leader nazionali, dall’altro, laddove si vota anche per il governatore o per il sindaco, è stata tutta un’altra storia. I media nazionali, i tg, i talk show hanno puntato praticamente tutti i riflettori dell’informazione su Matteo Renzi, Beppe Grillo e Silvio Berlusconi, considerando gli altri alla stregua di comparse da intervistare solo per rispetto della regola aurea della par condicio. Ne è risultato un minestrone di insulti, asprezze, accuse reciproche, e pochissima politica. Tutto ciò ha danneggiato invece la grandissima partita che si gioca nelle due regioni, nelle tante città e nei tanti comuni al voto, cioè sul territorio. E ha messo nel dimenticatoio una riflessione finalmente pubblica e aperta sul ruolo nefasto della tecnoburocrazia europea, sulla crisi delle grandi famiglie politiche europee, sul pericoloso avanzare delle forze antieuropeiste, sul senso della indicazione popolare del presidente della Commissione europea. I nostri media, e perfino i conduttori televisivi più accorti, hanno grandi responsabilità per questa torsione patologica del dibattito pubblico italiano. Una straordinaria occasione perduta.

Nelle città e nei territori al voto, invece, si è giocata un’altra partita. Intanto, la penuria di risorse ha davvero ridotto al lumicino le forme consuete di propaganda elettorale: pochi manifesti in giro, poche apparizioni televisive, pochi “santini” e scarse occasioni conviviali. Ovunque ha prevalso il contatto diretto con i cittadini, da parte dei candidati governatori, sindaci e consiglieri comunali. Per quanto ho potuto verificare, si è trattato di una bella, e necessitata, prova di sobrietà, che ad esempio la stampa locale ha colto con molta correttezza. E ovunque i temi prevalenti sono stati finalmente altri: progetti per il governo del territorio. Tutto ciò farebbe pensare perfino all’attesa di un doppio risultato elettorale, una sorta di doppia scelta da parte di molti italiani: da una parte la scelta per un partito alle Europee, e dall’altra la scelta per un altro partito alle amministrative. Anche di questo si dovrà parlare per valutare con pienezza il valore politico delle elezioni del 25 maggio.

Nel minestrone di insulti è finito anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Lo segnalo perchè è davvero indegno quanto è accaduto a piazza San Giovanni durante la chiusura di campagna elettorale del Movimento 5 Stelle. Un rapper, noto solo per aver vinto il Festival di Sanremo sezione giovani nel 2007, ha voluto strafare solleticando l’ombelico della folla e ha lanciato questa rima davvero frutto dell’idiozia: “Ti schifo presidente Napolitano, ma non come politico, come essere umano”. Ovviamente, l’applauso della folla era prevedibile e garantito. Ora, questo non è un insulto su cui soprassedere. È sbagliato anche pedagogicamente verso quei tanti ragazzi e giovani del M5S, ai quali si trasmette una sorta di delirio di onnipotenza, nel quale tutto è concesso. No, questo genere d’insulto non ha nulla di politico, e nulla di comico. È il tragico effetto di una linea ormai superata dal capo,  per cui è tutto concesso proprio perchè astutamente si è fatta confusione tra posizione politica ed espressione del guitto. Il M5S può adoperare le armi istituzionali previste dalla Costituzione per criticare politicamente Napolitano. Ma adoperare quell’insulto, per il quale “si schifa un essere umano” dinanzi a centinaia di migliaia di persone è davvero troppo. Quando le Istituzioni si calpestano il rischio che si diffonda il “menefrego” come comportamento pubblico è altissimo e pericoloso. Possiamo farci travolgere da quest’ondata di “menefrego”? No, non possiamo. È nostro dovere batterci contro. E fa un certo effetto deprimente constatare che nessun leader “democratico” abbia voluto inviare a Napolitano solidarietà e “calore umano”.  

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