A Pasqua i funerali di Vittorio Arrigoni in un silenzio assordante

ROMA – Domani giorno della Pasqua cristiana, avranno luogo a Bulciago i funerali di Vittorio Arrigoni, l’attivista italiano ucciso una settimana fa nella Striscia di Gaza da un gruppo di estremisti salafiti.

Qui in Italia non ci saranno, come in Palestina,  funerali di stato per dare l’ultimo saluto all’attivista dell’International Solidarity Movement e  alla cerimonia non interverranno neppure noti personaggi dell’Esecutivo per esprimere quel minimo di riconoscimento ad un ragazzo di appena 36 anni che si è battuto fino alla fine per i diritti umani in questo fazzoletto di terra martoriato dalla guerra. D’altra parte le cose non avrebbero potuto andare diversamente, visto che lo stesso Maurizio Belpietro, direttore del giornale della famiglia Berlusconi aveva addirittura lanciato una provocazione proponendo di lasciare  il suo cadavere a Gaza, perchè la famiglia si era rifiutata di riportarlo in patria passando per lo stato di Israele. Comunque la famiglia di Vittorio e soprattutto la madre Egidia Beretta, sindaco di questo paesino che non arriva nemmeno a 3mila anime, avevano chiesto di mantenere una certa discrezione almeno fino al giorno del funerale, per il quale il parroco ha dovuto chiedere una speciale autorizzazione per celebrare le esequie. Così il corpo di Vittorio resterà fino a domani nell’abitazione di famiglia, dove i parenti e gli amici più stretti potranno salutarlo per l’ultima volta. “Niente fiori” ha chiesto la famiglia, piuttosto donazioni per la Palestina, proprio come avrebbe voluto Vittorio.

Non aspettatevi quindi nessun clamore mediatico. Di  Arrigoni tanti se ne vogliono dimenticare in fretta. Perchè Vittorio era un pacifista, per alcuni pure un po’ antipatico per non esprimere altri termini e perchè  i suoi reportage erano scomodi, non erano allineati con i potenti di turno. Eppure vivendo nella Striscia di Gaza, questo ragazzo ha potuto vedere con i suoi occhi una drammatica situazione che proprio per questo motivo è stata spesso trasformata dai media per non mettere in discussione gli equilibri politici di questo paese.

Vittorio aveva dato tanto fastidio quando ogni giorno riempiva le pagine de Il manifesto, al quale ogni giorno inviava una corrispondenza dettagliata rischiando la vita sotto la piogge di bombe israeliane e in assenza di altri cronisti ai quali era stato vietato di raccontare la verità. Era l’epoca dell’operazione “Piombo fuso”, iniziata il 27 dicembre del 2008, durante la quale persero la vita quasi 1.500 palestinesi tra cui 318 bambini e 111 donne. Una carneficina causata anche dall’uso vietatissimo delle bombe al fosforo bianco. Ce ne aveva raccontate di storie Vittorio da quel pezzo di terra insanguinato, alla quale era particolarmente legato. E non solo a quello. “Restiamo umani”, la frase che ricorreva alla fine dei suoi articoli aveva una ragione di essere pronunciata. “La famiglia degli esseri umani – diceva Vittorio – è una sola”. E questo ragazzo di soli 36 anni era pervaso semplicemente da un senso di umanità.  Probabilmente per questo fa paura ricordarlo.

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