Disoccupazione. Giovane e precario, un destino annunciato

ROMA – Pochi giorni fa si è svolta alla Camera dei Deputati l’XIª Commissione Lavoro, l’Audizione del Censis aveva come tema l’“Indagine conoscitiva sul mercato del lavoro tra dinamiche di accesso e fattori di sviluppo”.
Il quadro delineato dal direttore generale del Censis, Giuseppe Roma, non è stato dei più rosei, secondo i dati i giovani in Italia (e non solo) sono in continua diminuzione.

“Nei primi anni del 2000 è scritto che i giovani rappresentavano in Italia il 28% della popolazione totale, al 2010 la loro quota è scesa al 23%, nel 2030 si pensa possano calare fino al 21%.
I giovani (dai 15 ai 34 anni) pesano in Italia e Germania meno che in altri grandi Paesi europei come Francia e Regno Unito e rispetto alla media Ue”.
La popolazione giovanile, secondo l’indagine, negli ultimi dieci anni è diminuita di oltre 2 milioni di unità, contro un incremento della popolazione con oltre 65 anni, la cui incidenza passa dal 18% di dieci anni fa, al 20% attuale, fino al 26% del 2030.
I giovani, spiega il direttore, “sono diventati una merce rara”, l’elemento più sconfortante è che i dati italiani sono i peggiori insieme a quelli tedeschi.
Altro numero inquietante emerso nella relazione è che i giovani italiani risultano essere scarsamente istruiti. Tra i middle young, ovvero i ragazzi compresi fra i 25 e i 34 anni d’età, quando normalmente il ciclo educativo dovrebbe essere compiuto, risulta che il 29% ha solo concluso la scuola secondaria inferiore, contro il 16% di Francia e Regno Unito, e il 14 della Germania, per questa ragione i laureati italiani registrano i valori più bassi rispetto agli altri grandi Paesi europei: il 20,7% a fronte di una media europea del 33%, del 40,7 del Regno Unito e del 42,9 della Francia.
Dati i tempi prolungati dei diversi cicli formativi, l’ingresso nella vita lavorativa per i giovani italiani è ritardato rispetto agli altri Paesi europei. Tra i più giovani (15-24 anni) il 60,4% risulta ancora in formazione, rispetto al 53,5 della media Ue, il 45,1 della Germania e il 39,1 del Regno Unito.
Gli occupati sono il 20,5% rispetto al 34,1% della media europea, il 46,2% della Germania e il 47,6% del Regno Unito.
Ma “la vera anomalia italiana – secondo quanto riportato dalle statistiche – è rappresentata dai giovani che non mostrano interesse nè nello studio, nè nel lavoro: in Italia sono l’11,2% rispetto al 3,4% della media europea”.

Non rassicurano i dati dell’Istat in merito alla questione “occupazione”: tra dicembre 2010 e gennaio 2011 sono oltre 80 mila in meno le persone che hanno un lavoro. L’Istat evidenzia come continui a crescere in maniera sempre più preoccupante la disoccupazione giovanile, che raggiunge il 29,4% il livello più alto registrato negli ultimi sette anni.
Inoltre una nota del Censis ammonisce che i giovani occupati a tempo determinato in Italia sono il 40,1% nella classe di età 15-24 anni e l’11,5% tra i 25-39enni, meno che negli altri grandi Paesi europei. In Germania le percentuali salgono rispettivamente al 56% e 13,5, al 54,3 e 25,6 in Spagna, al 53,9 e 13,2 in Francia”.
Se i giovani nullafacenti sono una realtà in diversi paesi, il dato italiano è più di tre volte superiore alla media europea (3,4%) e a quello di Paesi come la Germania (3,6%), la Francia (3,5%) o l’Inghilterra (1,7%).
La crisi sicuramente ha contribuito, e contribuisce, a diffondere un senso di sfiducia nel futuro per cui «molti giovani guardano all’inattività come a un’alternativa possibile di vita», scrive il Censis, ma non basta a spiegare la rinuncia alla ricerca di un lavoro.

In Spagna, con un tasso di disoccupazione giovanile arrivato a quota 41,6% nel 2010, i giovani che hanno smesso di cercare un impiego sono appena lo 0,5%.
In Italia la disoccupazione è del 27,8%, ma i Neet (acronimo inglese per Not in education, employment or training) toccano punte del 17,7% al Sud.
Non li aiuta a vincere l’apatia «la funzione di ammortizzatore sociale che le famiglie si sono ormai abituate a svolgere», come spiega il direttore generale Giuseppe Roma, e nemmeno le scarse possibilità di successo professionale legate all’istruzione superiore. Anzi, secondo il direttore scarso o poco decisivo risulta essere l’impatto della laurea nella vita dei giovani. Da noi la laurea “non paga” e “i nostri laureati lavorano meno di chi ha un diploma, meno dei laureati degli altri paesi europei, e con il passare del tempo questa situazione è pure peggiorata”, ammette uno sconsolato direttore generale.
E i numeri parlano ancora chiaro: per i laureati, l’accesso al mercato del lavoro è più difficile che per i diplomati, solo il 67% trova un impiego a tre anni dal completamento degli studi, contro il 70% di chi ha un diploma e l’84% dei laureati degli altri paesi dell’Unione Europea. Inoltre, secondo una ricerca dell’Eurispes, la laurea è inutile per il 20% dei lavoratori, che sono impiegati in lavori sottoqualificati.
Questo fenomeno «è in continua crescita e provoca mobilità sociale discendente e immobilità sociale», secondo il presidente del centro di ricerca, Gian Maria Fara, ma è ancora più diffuso quello dei lavoratori con titoli di studio «incoerenti» con l’attività svolta, che caratterizza addirittura metà della popolazione.

Con queste prospettive di carriera, non stupisce che il numero di laureati in Italia sia molto inferiore a quello dei vicini europei.
L’analisi è da ultima spiaggia, le riflessioni si consumano nelle poltrone dei palazzi di vetro, nelle piazze cresce il disagio, un fermento che diventa idea, movimento, rivolta e rivoluzione, ovvero come Italia, Spagna, Maghreb e Medioriente tutelano la questione giovanile.
“No somos mercancia de banqueros y politicos” (Non siamo mercanzia per banchieri e politici), lo assumiamo come vessillo della dignità di una generazione che non chiede aitui, né compatimenti vari, bensì la sola possibilità di riconoscersi nel poter essere per poter fare, o se si vuole nella possibilità di poter fare nella facoltà di poter essere.
Forse la dignità è la vera merce rara di chi sta seduto nelle poltrone dei palazzi e non nelle piazze gremite dai giovani.

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