Il Manchester segna otto gol, il City cinque. È la Premier League, bellezza!

LONDRA – Rooney va a segno tre volte, due con la medesima punizione imprendibile. Dzeko fa quattro gol con il City in trasferta a Londra (Tottenham-Manchester City1-5). Il Chelsea si limita a segnarne tre in casa. Un calcio spettacolare, potremmo definirlo vettoriale, geometricamente perforante. Ma gli aggettivi si sprecano per quello che è sicuramente il campionato di calcio più bello del mondo.

In Italia, per gustarsi dieci gol (Manchester Utd-Arsenal è infatti finita 8-2) bisogna vedere almeno quattro match e il risultato non è nemmeno garantito. Ciò che stupisce di più lo spettatore italiano è la filosofia di gioco. Sul 3-0 per il Manchester, qualsiasi squadra italiana avrebbe cominciato a balbettare, con i famosi passaggi all’indietro che hanno reso famose formazioni come l’Inter. Niente di tutto questo. Rooney e compagni hanno tranquillamente continuato ad attaccare in massa, come se stessero perdendo e producendo una media di una rete ogni dodici minuti. Lo schema di gioco predisposto dal grande Sir Alex Fergusson (oramai un’autorità planetaria) non prevede pause. In tre-quattro passaggi, almeno tre giocatori devono essere nell’area avversaria. La precisione nella realizzazione è chirurgica, gli errori sono accidenti dovuti al mero caso. La velocità con cui gli inglesi giocano il pallone è sconosciuta in Italia, soprattutto nella sua intensità media. Se in una partita del nostro campionato si perfezionano schemi volanti, ciò avviene generalmente per non più di un quarto d’ora, poi i giocatori iniziano la loro asfissiante melina dei passaggi all’indietro e del possesso palla. In Inghilterra non c’è player che non si spinga in avanti, il retropassaggio è considerato un non gioco, quindi non è praticato. I centrocampisti non sono dediti quasi esclusivamente all’opera di filtraggio ma devono costruire la realizzazione e, soprattutto, devono correre fino all’ultimo minuto, senza pause. Giocatori come Pirlo, Cambiasso, De Rossi, Aquilani (che infatti il Liverpool ha finito per cedere) frequenterebbero più la panchina che il campo di gioco.

Il modello opposto a quello inglese, quello del Barcellona è altrettanto fulgido. Molto possesso palla, a differenza degli inglesi, ma repentine partenze verso il centro dell’area avversaria, con incursioni perforanti di Messi, Villa, Pedro o Iniesta. Il valore aggiunto in questo caso, rispetto agli inglesi, è dato da una tecnica di palla straordinaria.

Il non-modello di calcio italiano, insomma, segna il passo; i coach nostrani dovrebbero prendere lezioni dal vigore atletico e dalla tattica di gioco di Fergusson e di Pep Guardiola. Forse un paio di anni sabbatici potrebbero essere utili.

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