La corsa di Monti. Passa la fiducia. L’Italia è diventato Il Parco della Vittoria di Monopoli

Fiducia a Monti al Senato. Il nuovo esecutivo ottiene la fiducia  con 281 sì, 25 no e nessun astenuto. Domani si vota alla Camera

 

ROMA –  Mario Monti ha presentato le  linee programmatiche del suo governo.  Il nuovo presidente del Consiglio stamattina ha chiesto e ottenuto la fiducia al Senato e alla Camera, Lega esclusa. E poi di corsa  a Palazzo Madama per il voto di fiducia. Una vera e propria corsa contro il tempo per l’esecutivo tecnico che ha come finalità ultima la crescita economica, almeno questo ci ha fatto intendere l’economista bocconiano. Domani mattina, intanto,  seguirà il dibattito a Montecitorio. Il professore Mario Monti ha parlato di riforme necessarie per il paese e poi ha parlato di distribuzione di sacrifici, i quali saranno equi, con la giusta attenzione per   per giovani, donne e famiglie.  E poi: “Le scelte degli investitori” sono legate “alle aspettative su come sarà l’Italia”. Monti avverte che sarà un fallimento se non si troverà l’unità d’intenti. “L’Europa sta vivendo un momento difficilissimo, – precisa – la fine dell’euro disgregherebbe il mercato unico . Faremo le riforme che chiede la Ue”.
E c’è poco da scherzare, perchè in questo governo non solo compaiono i nomi di coloro che hanno fatto e continuano ad essere parte integrante dell’entourage finanziario, ma sono stati investiti di un ruolo così importante solo ed esclusivamente  per adottare le linee guida imposte dalla Unione Europea.

Anche il leader di Sel, Nichi Vendola, si è detto deluso dal  discorso pronunciato da Monti: “Avevamo aperto credito nei confronti del governo Monti apprezzandone il livello e la scelta di alcuni ministri. Le sue dichiarazioni programmatiche ci hanno invece delusi”.  “E’ stato più un discorso conservatore che tecnico”, ha detto il governatore della Puglia. “Dice anche però che è finito  quello stile commercial-pornografico che ha segnato la stagione berlusconiana”. Vendola assicura comunque che Sel resta vincolata al patto siglato con Pd e IdV a Vasto e che di volta in volta valuterà le scelte del governo Monti.
Il leader della Federazione della Sinistra Paolo Ferrero parla di lobby affaristiche. Stessa posizione quella della Lega: “nessun politico, ma solo grandi lobby economiche e tutti i partiti sono rappresentati: si chiamano uomini di area, amici degli amici. Ma faranno gli interessi delle loro banche o dei cittadini?” si chiede il Carroccio.

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è di tutt’altro parere. I commenti positivi alla nascita del governo Monti li ha accolti con un senso di “gratificazione”, ha fatto sapere, addirittura “fin troppo generosi”.

Uniti, invece, sul voto di fiducia sono Pd e Pdl.  “Per il governo – dice Anna Finocchiaro annunciando la fiducia del Pd all’esecutivo Monti –  serve  una comune responsabilità nell’interesse dell’Italia .  “C’è la necessità di superare le difficoltà di votare sì al governo tecnico assieme al PdL.  Finora i protagonisti sono stati il presidente della Repubblica e il presidente Monti. Ora rientra in campo il Parlamento”, sostiene la capogruppo del Pd al Senato. Monti consideri il Parlamento “il suo primo,potente, alleato” restaurandone “l’autorevolezza”.

Tuttavia viene da domandarsi se Monti sia la scelta giusta. Certo non è da considerarlo come  l’uomo della provvidenza, perchè dietro alla sua candidatura ci potrebbe essere stata una scelta pianificata a tavolino, perchè in gioco orbitano enormi interessi, scambi commerciali, equilibri squisitamente finanziari, accordi economici di ogni tipo.
E l’Italia è un paese che fa gola; e molti hanno voglia di fare man bassa. In questo momento il Paese è diventato Il Parco della Vittoria o Largo Giardini del gioco Monopoli, dove il dazio da pagare per il solo passaggio sarà salatissimo. Forse il più salato.  Pensate un luogo così piccolo che con il suo 62% delle risorse storiche-architettoniche detiene un record planetario impareggiabile. E nonostante questa fortuna così invidiata non solo dai nostri vicini, ci siamo ridotti ad essere complici e nello stesso tempo vittime di un mercato virtuale dove l’economia reale conta il due di picche. Altro che posizione geografica del paese che si affaccia  nel bel mezzo dell’Europa, definito il ponte tra oriente e occidente, la culla del mediterraneo, la portaerei naturale diventata un asso nella manica per gli strateghi militari.

Vogliamo essere un po’ scettici di questo neo governo. Se i nostri politici si fossero discostati a suo tempo rigettando le imposizioni dei parametri di Maastrich,  che mediante i bracci operativi della Commissione Europea, del Fmi e della Bce hanno consolidato il potere delle banche, hanno portato vantaggi all’ economia espansionistica, praticando la delocalizzazione,  impoverendo gli stati  d’origine, aumentando il divario tra ricchi e poveri, forse staremmo a parlare d’altro.
Nemmeno James Tobin, l’allora nobel per l’economia riuscì a far emergere ai grandi della terra il buon senso, introducendo una tassa che forse avrebbe potuto cambiare il corso della storia, richiamando quell’allarme allora poco credibile che, a causa dell’economia speculativa e consumistica, avrebbe inesorabilmente  creato più sfruttati nelle mani del solito pugno di uomini potenti.

Ora siamo a un punto di non ritorno anche e soprattutto per questo motivo. La forza del capitale sta implodendo su se stesso. La crisi è mondiale, inarrestabile e si porta dietro un carico sociale esplosivo. Inutile cambiare gli orchestrali se la musica rimane sempre la stessa. Il vero cambiamento è dentro ognuno di noi e ognuno di noi nel suo piccolo può fare qualcosa per rompere questa catena. O almeno provarci. Altrimenti le cose difficilmente cambieranno.

Condividi sui social

Articoli correlati

Università

Poesia

Note fuori le righe