Ocse. I governi devono affrontare divario registrato tra i ricchi e i poveri

ROMA – Nel rapporto “Divided We Stand”, dell’Ocse, è stato messo in evidenza l’impatto degli andamenti mondiali sulla crescente dispersione dei salari e sulle tendenze dell’occupazione nel quarto di secolo antecedente la crisi finanziaria.

Per l’insieme dell’area dell’OCSE, in rilievo sono i risultati principali indicati di seguito:
– La rapida integrazione degli scambi e degli investimenti diretti esteri che si è verificata in tutti i paesi dell’OCSE negli ultimi venticinque anni non ha  – di per sé, svolto un ruolo determinante nella  crescente dispersione dei salari. La pressione della globalizzazione  ha influenzato però la politica interna e le riforme istituzionali.
– Il progresso tecnologico ha ampliato i differenziali retributivi; i lavoratori più qualificati hanno beneficiato in misura maggiore rispetto agli altri dei passi avanti compiuti nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione .
– Le riforme normative e le modifiche nelle istituzioni del mercato del lavoro hanno accresciuto le opportunità di occupazione, ma hanno anche contribuito ad aumentare le disparità salariali. È salito il numero degli occupati, e in particolare di quelli con livelli retributivi ridotti. Tuttavia, la maggiore presenza di lavoratori a basso reddito si è tradotta fra l’altro in un ampliamento della distribuzione dei salari.
– L’offerta più abbondante di lavoratori qualificati ha contribuito in misura consistente a controbilanciare l’aumento delle disparità salariali risultante dal progresso tecnologico, dalle riforme normative e dalle modifiche istituzionali. Anche la riqualificazione della forza lavoro ha esercitato un significativo impatto favorevole sulla crescita dell’occupazione.

Nello specifico, in Italia la disuguaglianza dei redditi tra le persone in età lavorativa è aumentata nei primi anni Novanta rimanendo ad un livello elevato,  con dei lievi cali alla fine  del primo decennio del 2000. Inoltre,  la disuguaglianza dei redditi in Italia è superiore alla media dei Paesi OCSE, più elevata che in Spagna ma inferiore  che in  Portogallo e  nel Regno Unito. Nel 2008, il reddito medio del 10% più ricco degli italiani era di 49.300 euro, dieci volte superiore al reddito medio del 10% più povero (4.877 euro) indicando un aumento della disuguaglianza rispetto al rapporto di 8 a 1 di metà degli anni Novanta.

Le  imposte sui redditi e  i sussidi sociali  hanno un ruolo importante nella redistribuzione del reddito in Italia, riducendo la disuguaglianza di circa il 30% – la media OCSE è un quarto.
Secondo la ricerca: la proporzione dei redditi più elevati è aumentata di più di un terzo. L’1% più ricco degli italiani ha visto la proporzione del proprio reddito aumentare  del 7%  del reddito totale nel 1980 fino a quasi dell’10% nel 2008.
La proporzione di reddito detenuta dallo 0.1% della popolazione è aumentata da 1.8% a 2.6% nel 2004. Allo stesso tempo, le aliquote marginali d’imposta sui redditi più alti si sono quasi dimezzate passandodal 72% nel 1981 al 43% nel 2010. Un ruolo maggiore del reddito da lavoro autonomo. L’aumento dei redditi da lavoro autonomo ha contribuito in maniera importante all’aumento della disuguaglianza dei redditi da lavoro: la loro quota sul totale dei redditi è aumentata del 10% dalla metà degli anni Ottanta e i redditi da lavoro autonomo sembrano ancora predominare tra le persone con i redditi più alti, al contrario di molti altri Paesi OCSE.

I lavoratori ben retribuiti lavorano più ore. In Italia la differenza tra le ore di lavoro dei lavoratori migliori e peggio retribuiti è aumentata, confermando l’andamento visto nella maggior parte dei Paesi OCSE.
Dalla metà degli anni Ottanta, il numero annuale di ore di lavoro dei lavoratori dipendenti meno pagati è diminuito, passando da 1580 a 1440 ore; anche quello dei lavoratori meglio pagati è diminuito, ma in minor misura, passando da 2170 a 2080 ore. Sempre più persone si sposano con persone con redditi da lavoro simili ai loro.  Questo cambiamento sociale ha contribuito ad  un terzo dell’aumento della disuguaglianza di reddito da lavoro tra le famiglie. L’aumento della disuguaglianza dei redditi da lavoro maschile rimane, tuttavia, la prima causa dell’aumento della disuguaglianza totale spiegandone la metà. La redistribuzione attraverso i servizi pubblici  è diminuita. Come in molti paesi OCSE, in Italia sanità, istruzione e servizi  pubblici destinati alla salute contribuiscono a ridurre di circa un quinto la disuguaglianza di reddito. Gli stessi contribuivano a una riduzione della disuguaglianza  pari a circa un quarto nel 2000. La spesa sociale in Italia è basata prevalentemente su trasferimenti pubblici, come per esempio i sussidi di disoccupazione, piuttosto che da servizi. Ma la capacità di stabilizzare la diseguaglianza del sistema  impositivo e dei sussidi è  aumentato. Imposte e sussidi compensavano metà dell’aumento della disuguaglianza del reddito da lavoro e da capitale (che include gli stipendi lordi, i risparmi e il reddito da capitale) prima della metà degli anni Novanta. Da allora hanno compensato quasi interamente l’aumento della disuguaglianza del reddito da lavoro e da capitale.

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