Profughi in arrivo, sfratti esecutivi in questa Italia alla deriva. L’incapacità delle istituzioni

ROMA – E’ di ieri la notizia che 78 profughi richiedenti asilo saranno ospitati  in due palazzine al civico 55  a Marino, nota località dei Castelli Romani alle porte della capitale.

Così ha deciso il Prefetto Franco Gabrielli che con un ordinanza ha messo a dispozione  due fabbricati di edilizia residenziale popolare, ovvero quelli sorti grazie alla famosa legge 167. Inutile dire che la popolazione locale, specie chi abita nelle zone limitrofe si è opposta a questa scelta calata improvvisamente dall’alto, senza nessun preavviso. Se ne sono dette molte in queste ore tra gli abitanti della zona che hanno deciso di dar vita ad un vero e proprio presidio al oltranza per evitare l’arrivo degli “indesiderati”, dei quali al momnento si sa ancora ben poco.

L’opinione pubblica su questa delicata vicenda è divisa in due. Indicativo il commento del Vice sindaco Fabrizio De Santis  che ha precisato: “L’umanità che non mancherà, come non è mai mancata da Marino e dai marinesi, verso persone sfortunate, in fuga da orribili guerre, non può farci mettere in secondo piano i cittadini residenti a Marino e le problematiche già vive sul territorio, così come chi ha dato la propria disponibilità ad ospitare circa ottanta profughi dovrà chiarire tutti i contorni della vicenda su cui non possiamo e non vogliamo in alcun modo restare fermi ma prendere posizioni chiare nel rispetto di tutti”.  

Al contrario la sinistra locale come il Prc fa fatto leva sul dramma collettivo delle guerre da dove spesso arrivano i migranti.  Mentre i Comunisti Italiani, riferendosi all’amministrazione hanno denunciato “l’inadeguatezza ed un retropensiero degno della peggiore ipocrisia perbenista, non  di un moderato qualsiasi, ma di chi non è un ostacolo a xenofobia e razzismo. Su questi delicatissimi temi, su queste drammatiche vicende, occorre un linguaggio chiaro e da  spartiacque: l’assistenza, l’accoglienza, la dedizione solidale vanno assicurati”.

Insomma il rischio di innescare una guerra tra i poveri è dietro l’angolo grazie alle politiche governative degli ultimi anni fatte di quello sfrenato liberismo che ha di fatto dilaniato economicamente, socialmente e soprattutto culturalemtne intere classi sociali.

L’accoglienza è sempre sacra, ci mancherebbe, specie quando si parla di esseri umani in fuga da fame disperazione e guerra. Ma spesso viene da chiedersi se queste istituzioni tutte italiane non si mostrino appositamente belle davanti l’opinione pubblica internazionale, sottomettendosi al contempo a un’Europa sorda che continua ad ignorare la gravità del problema, per evitare di fare i conti in casa propria con le conseguenze e le forme di protesta di un popolo già esasperato. Insomma,  le politiche sociali, la solidarietà, l’inclusione  continuano spesso a cozzare con la triste realtà che abbiamo già in casa. Due pesi e due misure, pensano in molti. Probabilmente se così non fosse verrebbe meno anche il sentimento di rabbia verso le istituzioni, verso tutte quelle politiche costellate dall’opportunismo, ma prive del buon senso. E forse si potrebbe addirittura evitare quelle brutte manifestazioni di becero razzismo che spesso trova terreno fertile in quei luoghi dove l’intolleranza, in mancanza d’altro, si è sostituita quasi fosse l’unica arma di sopravvivenza.

Ma poi accade che siano le stesse istituzioni a dimostrare quella slealtà proprio nei confronti di quei cittadini, che per carità non scappano dal fischio delle bombe, ma si trovano a dover affrontare vere tragedie. Come quella di Gianfranco Gatta, l’autore e regista televisivo, ora senza lavoro e invalido al 100% che da ieri protesta davanti alla sua abitazione alla Camilluccia, Roma nord, dove vive da cinquant’anni con uno striscione che riassume la sua sfortunata esistenza durante la quale un  tumore al fegato gli ha fatto perdere il lavoro: “Senza casa pensione pignorata”. Oppure la vicenda di quella famiglia italiana a Genova che, causa lo sfratto esecutivo,  è costretta a vivere con il figlioletto di appena 5 mesi  in un magazzino del centro storico del capoluogo ligure, senza finestre, con materassi in terra e servizi igienici in bella vista.

Storie di povertà e disoccupazione che dimostrano un degrado indegno di un Paese che si dichiara emancipato e “solidale”. Come la storia dell’anziana signora invalida al 100% che per evitare lo sfratto da un palazzo popolare dell’Ater dove abiatava da anni nel quartiere popolare  della Garbatella  ha tentato il suicidio. Non vogliamo certo mettere le situazioni drammatiche a confronto tra loro per generare falsi equivoci o innescare reazioni convulse, ma soltanto considerare il fatto che la sofferenza e la parte debole della società, a prescindere dalla propria provenienza,  vive inconsapevolmente sulla stessa barca, gomito a gomito e per di più con lo stesso traghettatore, che guarda caso, spesso e volentieri riesce a farla franca. 

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Alessandro Ambrosin

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