Esausti, alle due del mattino, abbiamo abbandonato il piccolo schermo. Davvero non ne potevamo più di vedere facce tristi di giornalisti, quasi in lutto per l’esito del ballottaggio fra Bersani e Renzi. Poche per la verità sul Tg 3 che non ha ritento, come hanno fatto altre reti, di dirottare i programmi previsti sulle elezioni. Verso le 23,30,quando tutto era già noto ed avevano parlato sia Bersani che Renzi. è arrivato il primo collegamento. Il Tg 1 non si è degnato, il tg2 ha fatto capolino. Insomma il servizio pubblico, la rai, non ne esce bene. Unico fatto positivo: chi perlomeno non ha partecipato ad una vera e propria orgia della disinformazione, di commenti privi di senso, di stupidità a buon mercato. Giornalisti che vanno per la maggiore anche nello schieramento dei “democratici” che si trasformano in maghi, decidono loro quale sarà il futuro, che farà Renzi, che farà Bersani. Alle due del mattino siamo andati a letto con una domande che ci turbinava nella testa: ma ha vinto davvero Bersani? Dopo tutto quello che avevamo sentito francamente eravamo frastornati. Al mattino abbiamo acceso di nuovo il piccolo schermo e la domanda era tale e quale quella della notte.
Dagli schermi tv gli elogi sono tutti per Renzi
In primo piano ancora Matteo Renzi, opinionisti a sbracciarsi per elogiarlo, dire quanto è stato bravo, che ha cambiato il Pd, ”vincitore morale“ lo definisce Feltri, lasciando intendere che Bersani sarebbe un perdente immorale. Chi ha vinto la gara del ridicolo che a piene mani è stato diffuso dalla reti televisiva, ridicolo sì perché non c’è altro modo di definire le performance dei giornalisti che dicevano la loro a prescindere dall’esito del ballottaggio. Difficile dirlo, una classifica incerta dove il capofila cambiava ad ogni intervento. Il tg di La 7, certamente, ha raggiunto vette di ridicolo di fronte alle quali, come si dice in Toscana, un omaggio che anche noi rendiamo a Renzi, il monte Everest è una giacchettata. Malgrado gli sforzi di Mentana per un dibattito decente i suoi ospiti non hanno resistito, facevano a gara a chi era più renziano. Aveva cominciato il conduttore del telegiornale quando aveva letto i risultati del voto degli italiani che risiedono a Mosca, quasi tutti per Bersani. Il suo commento: “un voto di apparato”: Ma quale apparato? Quello di Putin, il più caro amico di Putin? L’ignoranza ve bene ma fino a un certo punto. Quando è arrivata la dichiarazione di Renzi che ammetteva di aver perso non ci voleva credere. Ha avuto un attimo di incertezza e poi ha affermato che era un po’ azzardato prenderla per buona.
Gocce di stupidità in un mare di ignoranza
Ma si tratta solo di gocce di stupidità in un vero e proprio mare che ha esondati dai piccolo schermi, un mare di cazzate, ci scusi Cazzullo Aldo, editorialista del Corriere della sera, giornalista e scrittore viene definito che non si è fatto mancare niente. Affascinato dall’orazione di Renzi sulla sconfitta, le sue parole lo hanno fatto andare in brodo di giuggiole, il punto G, direbbe Beppe Grillo. E giù tutti gli ospiti di Mentana, a cantar le lodi del sindaco di Firenze. Annunziata, Manfellotto, direttore dell’Espresso, Ferrara, affascinati dall’eloquio renziano. Non si sono accorti che la scena era preparata, che la dichiarazione era stata attentamente predisposta, che Renzi aveva fra le mani un foglio di appunti,che non sgorgava dal cuore, Sapeva da diversi giorni che avrebbe perso. Aveva cercato di limitare il danno con la pubblicazione di quelle pagine pubblicitarie in cui si invitava ad andare al seggio bastava registrasi sul suo sito. Non era andata bene. Non restava che ricorrere a frasi fatte, certo ad effetto perché lui è uno che sa tenere il palcoscenico. E ora, con serenità, diceva andiamo a rimboccare le coperte ai nostri figli. Sembrava di leggere le strappalacrime dei fratelli Grimm.-Ma come ha fatto Bersani a superare il 60% dei consensi? Gli italiani sono conservatori – ha detto l’ex direttore dell’Unità, Concita de Gregorio, non poteva che vincere un conservatore Lucia Annunziata addirittura rabbrividisce al solo pensare che la politica di un partito, il suo gruppo dirigente, lo decida un congresso, cose di altri tempi.
Quando D’Alema si dimise da presidente del Consiglio
Tutti concordi sul fatto che il segretario del Pd sia stato supportato dal vecchio apparato del Pci. Ci fosse davvero, verrebbe da dire. E tutti concordi su quanto sia stato bravo Renzi, unico in Italia ad aver avuto il coraggio di dire che era stato sconfitto. L’ignoranza non ha limiti, ma in un giornalista non ha scusanti. Perlomeno è arrivato secondo. Il primo è Massimo D’Alema, guarda caso, il quale nell’anno duemila, da presidente del Consiglio, aveva sostenuto che il centrosinistra, l’Unione e l’Ulivo, come si chiamava avrebbe vinto le elezioni regionali. Le elezioni vennero perse e lui si dimise.