Monti offende la Cgil. La risposta il ‘Piano del Lavoro’

ROMA – “Un sindacato ha fermato le riforme”. Monti non ha neppure il coraggio di pronunciare il nome di questo sindacato che avrebbe boicottato l’azione del governo.

Ma tutti i presenti  a Davos , al World economics Forum, hanno capito che si trattava della Cgil, ormai una vera e propria ossessione  per il professore. Forse ci vorrebbe uno psicologo per riportarlo a tranquillità e serenità, quale si richiede fra l’altro a un senatore a vita. Chi si candida  a  governare il Paese per la seconda volta, dovrebbe avere come primo obiettivo quello della coesione nazionale. Glielo ricorda, pensate un po’ il presidente di Confindustria,  Giorgio Squinzi, il quale nega che la Cgil rappresenti “un ostacolo  alle riforme e agli interventi per la crescita” e ricorda al professore che il sindacato di Corso d’Italia “sta per presentare un suo documento programmatico”. Per completezza d’informazione lo stesso Monti poteva farne cenno a Davos.  Ma se ne è ben guardato, il suo settarismo ormai lo porta su strade che si sa da dove partono ma non dove . E sarà proprio il “ Piano del Lavoro” che la Cgil presenterà e discuterà venerdì e sabato  nel corso della Conferenza di programma, la migliore risposta a chi non ha neppure il coraggio di un minimo ai autocritica. Lo hanno fatto autorevoli esponenti del Fondo monetario internazionale, il direttore economico, della Unione europea, dichiarando che qualche conto era sbagliato. Monti no, dice che l’ostacolo è stata la Cgil.

I calcoli sbagliati del governo dei tecnici

In realtà i “calcoli matematici” sulla base dei quali il professore ha impostato la sua politica risultano errati.  Non solo: mentre il prof vantava i suoi successi di fronte a capi di governo e ministri dalla Commissione europea arrivava una doccia fredda. Per la seconda volta  il nostro Paese veniva posto  in mora perché non applicava la normativa sulla rappresentanza sindacale. Nelle nostra aziende i lavoratori a tempo determinato non vengono conteggiati . Così  non si raggiungere il numero sufficiente per costituire la rappresentanza sindacale. Ma a Monti questo problema non interessa. Tanto che per riportare la democrazia nel luogo di lavoro non ha fatto niente. Leggi esclusione della Fiom  dalle aziende Fiat. Di più, non si è peritato di indicare ad esempio per  l’Italia proprio quel Marchionne che continua a presentare “piani bidone” con il benestare di Cisl e Uil, accompagnati da continue richieste di cassa integrazione.

Il prof ha preso i peggiori vizi della vecchia politica

Monti non ha limiti, ha preso i peggiori vizi della vecchia politica. Attacca, in una sede internazionale, la più grande organizzazione sindacale italiana.  E’ disdicevole non perché, come si dice, i panni sporchi si lavano in famiglia. Ma perché i “panni sporchi” li ha nei cassetti del governo, dei suoi ministri.  Il professore, ormai ovunque si presenti fa comizi, anche se dovrebbe sapere che a Davos. Non si vota. Doveva giustificarsi perché l’Italia, parlano i dati ufficiali, per quanto riguarda i consumi, i redditi, l’occupazione è agli ultimi posti  in Europa. Fa abbassare il Pil dell’Unione. Certo il suo governo partiva da una situazione disastrosa. Ma per uscire dalla crisi bisogna presentare perlomeno  un  dato che si muove in positivo. Niente, il “suo“ rigore, mitigato solo da emendamenti apportati dal  Parlamento, dal Pd in particolare, leggi pensioni e “riforma” del lavoro ha prodotto solo sacrifici per le classi più deboli. La “riforma” Fornero sul mercato del lavoro, nata per creare  lavoro  per i giovani, non ha prodotto un  posto in più. In meno certamente.  Mentre  i “tecnici “ non davano bella prova della loro professionalità la Cgil si impegnava per dar vita ad uno straordinario “Piano del Lavoro”, richiamando, non a caso,  l’esperienza storica del documento presentato tra il 1949 e il 1950 da Giuseppe Di Vittorio, segretario generale della Cgil al congresso di Genova.

La  presenza degli esponenti del centrosinistra

Saranno presenti all’assemblea  e interverranno  esponenti del mondo politico come Bersani,  Vendola, Tabacci,  l’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato. Una presenza che vuol significare il recupero di un rapporto  in primo luogo con la Cgil, ma che riguarda il modo in cui le istituzioni si raccordano con i sindacati. Cosa che Monti non riesce neppure a concepire. Per cui la parola concertazione o, comunque, un rapporto che sia un confronto vero e non una semplice informazione, meglio si via internet, dovrebbe essere cacciata dal vocabolario.  Chissà che non abbia spolverato le sedie sulle quali avevano preso posto i dirigenti dei sindacati nei pochi incontri avuti con lui. Berlusconi docet.
  

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