ROMA – La cooperazione ha risposto alla crisi meglio delle imprese di capitali. Negli ultimi 6 anni il numero delle cooperative sociali attive si è incrementato del 57,7%.Nel 2011 il saldo occupazionale è cresciuto di quasi 3.000 unità (0,75%).
Se nella nostra economia ci fosse stato un tasso più elevato di cooperazione, il Paese oggi, starebbe meglio. con meno disoccupazione, meno imprese chiuse, si sarebbe ridotto il margine di finanziarizzazione, causa prima della crisi. La cooperazione deve essere uno dei pilastri sui quali edificare un nuovo sistema economico del nostro paese. E’ emerso chiaramente nel convegno tenuto a Cinecittà, nella sala Fellini, presenti tanti cooperatori sia nella relazione di Augusto Battaglia che nei numerosi interventi e nelle conclusioni di Stefano Fassina, della segretaria nazionale del Pd , responsabile delle Politiche economiche.
La cooperazione può dare un contributo originale grazie alla capacità di coniugare efficacemente obiettivi economici, sociali ed ecologici che in questa fase spesso configgono tra loro. Nei tempi in cui si riducono i margini di profitto,infatti, si aprono spazi per organizzazioni che non hanno nella massimizzazione del profitto il loro principale scopo.
Non funziona il fondamentalismo di mercato
Ma questa è la cura una volta esplosa la malattia. Una grande forza di sinistra credo abbia il dovere di progettare un sistema che prevenga, i disastri odierni e realizzi uno sviluppo equo e sostenibile rompendo con il conformismo nell’interpretare il funzionamento dell’economia che si fonda su una sorta di “fondamentalismo di mercato”. secondo cui il progresso umano passa esclusivamente attraverso l’allocazione di risorse su mercati che si autoregolamentano e misura l’efficienza esclusivamente attraverso la capacità delle imprese di creare valore per i loro azionisti, cioè massimizzando i profitti. Bisogna squarciare questo pensiero unico e far fare breccia ad un altro punto di vista, quello cooperativo. Che guarda al soddisfacimento dei bisogni della comunità, orientato a risolvere problemi collettivi, fondato sul principio della mutualità.
Una grande stagione di legislazione cooperativa
La riforma del sistema economico è un obiettivo concreto .Per questo occorre una nuova grande stagione di legislazione cooperativa.,partendo dal riconoscimento forte del ruolo svolto nel campo dei servizi sociali.
Va sottratto il welfare alle logiche di mercato, avviando un percorso che realizzi una sussidiarietà matura. costruendo servizi da sottrarre alla logica del codice degli appalti per assegnare a percorsi maturi di co-progettazione e co-gestione nei quali la cooperazione sociale deve essere protagonista.
La legislazione mercato centrica
L’attuale legislazione mercatocentrica non da questa possibilità. E’ determinante dare stabilità al settore, legarlo a logiche di accreditamento che garantiscano continuità ai servizi e agli utenti.
Sia in sanità che nel sociale i servizi non possono essere rimessi a bando di anno in anno, ma vanno stabilizzati.Con quale logica un bimbo che va all’asilo, o un anziano che è assistito nel suo domicilio, o un paziente di un centro di salute mentale o di una RSA devono veder cambiare la cooperativa e di conseguenza gli operatori che hanno preso in carica il loro percorso educativo o di cura? Credo che la legislazione debba rendere possibile questo percorso.
Un altro riconoscimento forte deve avvenire nel campo dell’inserimento lavorativo. Le cooperative risolvono un problema enorme alla collettività: quello di sottrarre migliaia di persone con disabilità dal capitolo dell’assistenza e renderle protagoniste di un percorso inclusivo e produttivo. La collettività deve “restituire qualcosa”. L’esperienza fatta da alcuni comuni di riservare il 5% del bilancio a bandi riservati alle cooperative sociali può diventare un esperimento da riproporre con le forme dovute, su scala nazionale.,tenendo conto che la cooperazione di inserimento lavorativo ha allargato le sue attività in molti settori in larga parte innovativi, dal Recup, alla raccolta e trasformazione degli abiti usati, alle energie rinnovabili, alla raccolta differenziata dei rifiuti, all’agricoltura sociale. E’ in questo quadro che si può affrontare il problema drammatico della disoccupazione giovanile.
La cooperativa è un’impresa democratica dove ogni testa è portatrice di un voto, dove il capitale non è costituito solo dal valore economico, ma dalle risorse umane, dall’idea progettuale, dove tutto ciò che si costruisce lo si conserva per le generazioni successive. Va rilanciata tra i giovani l’idea forte di un imprenditore collettivo, dove si condivide il rischio, si concertano le scelte che crea lavoro per i propri soci e risponde ai bisogni del territorio e della collettività.
Quelle stesse spinte oggi possono far nascere vere e proprie cooperative di comunità, legate alla gestione dei beni comuni, al soddisfacimento di quei bisogni che il mercato non prende in considerazione, al riutilizzo dei parchi, di interi spazi urbani, del tempo libero in funzione della costruzione di coesione sociale.
Una riforma dell’economia deve saper pensare a come enormi patrimoni pubblici (terreni, immobili) che sono inutilizzati, possono essere consegnate in mani non di un privato qualsiasi ma di un privato sociale che li faccia rivivere e consegnarli intatti e migliorati alle future generazioni. Lo Stato deve favorire iniziative che migliorano l’ambiente e danno lavoro ai giovani.
Il 2012 è stato l’anno mondiale della cooperazione.
Non c’è stata molta attenzione. L’Onu aveva scelto lo slogan: “Le cooperative costruiscono un mondo migliore.” Quell’opera di costruzione le cooperative vogliono continuare a svolgerla,in linea con gli obiettivi europei di un continente più inclusivo, sostenibile e prospero.
Con l’Europa abbiamo un conto aperto che riguarda l’IVA. Ci aspettiamo che il governo che verrà ci sostenga . Così non è stato. Fino ad ora.
Di fronte alla posizione dell’Europa che non ha avviato una procedura di infrazione comunitaria, ma una semplice richiesta di chiarimenti in merito al regime IVA delle cooperative sociali, il governo Monti ha di fatto abdicato a qualsiasi forma di difesa delle nostre imprese, ma ha innescato una bomba ad orologeria che farà scattare, nel 2014, l’IVA al 10%, con gravissime conseguenze. Una posizione che va rimossa perché nessuna commissione europea ci ascolterà se non siamo credibili neanche nel nostro Paese.