Governissimo? Governo tecnico? No, il Pd ha già dato

ROMA – La direzione del Pd, la scorsa settimana, ha indicato una chiara via da seguire. Ha conferito un mandato forte a Bersani per cercare di formare un governo di cambiamento sulla base di un programma articolato in otto punti. Sarà un’impresa non facile.

La mancanza di una chiara maggioranza al Senato, i veti incrociati e i ripetuti no del Movimento 5 Stelle a qualsiasi ipotesi di convergenza, rendono la strada particolarmente stretta. Il tentativo va però sostenuto fino in fondo, con determinazione e con lealtà, dando sin da subito un contributo per meglio precisare ed affinare i punti programmatici indicati.
Questa non sembra però essere la scelta di tutta la direzione del Pd, che pure ha approvato la proposta del segretario con un solo voto di astensione. Infatti, subito dopo la fine dei lavori, già alcuni esponenti del partito si cimentavano nella elaborazione di scenari alternativi indicando una possibile “soluzione B”. Segno di una non ferrea volontà di percorrere con determinazione la strada indicata.
Tra questi esponenti si è distinto Paolo Gentiloni, che ha sostenuto non esserci alcun automatismo verso il voto nel caso di un fallimento del tentativo di Bersani. Già indicare una soluzione alternativa, credo sia in profonda contraddizione con quanto si è fin qui discusso e deciso.

Per quanto mi riguarda, ritengo che il Partito Democratico debba dire un no fermo a qualunque ipotesi di “governissimo” Pd – Pdl, tecnico o politico che sia. Su questo terreno abbiamo già dato. Berlusconi e Bossi, nel corso del loro ventennio, hanno la responsabilità principale della situazione di degrado economico, sociale e morale in cui versa oggi il paese e, con la loro azione, hanno oggettivamente favorito l’affermarsi dell’antipolitica. Con loro non è più possibile collaborare. L’ultimo episodio relativo alla compravendita di parlamentari per far cadere il governo Prodi è illuminante. Adesso si tratta di voltare pagina e di puntare davvero al cambiamento. Il Partito Democratico ha il diritto – dovere di provarci.

Nell’ipotesi in cui il tentativo di Bersani dovesse invece fallire dovremmo comunque evitare di farci chiudere nella tenaglia costituita dall’alternativa tra il ritorno immediato al voto (senza neanche cambiare la legge elettorale) e il “governissimo”. Se il Presidente della Repubblica vorrà esperire un tentativo di dare vita ad un governo istituzionale a termine per cercare di dare risposta ai problemi più urgenti del paese, ha le prerogative per farlo. In questo caso il Pd, per le ragioni che ho qui espresso, non dovrebbe far parte organica di una maggioranza di governo: un conto è dare una fiducia “tecnica” e sostenere di volta in volta proposte di legge condivise, un altro far parte di una maggioranza politica a sostegno di un governo tecnico. Una simile situazione sarebbe comunque destinata ad avere un respiro corto: dopo la riforma della legge elettorale che abbia l’obiettivo di consentire la governabilità del paese e alcuni provvedimenti di emergenza economica, si dovrebbe tornare alle urne.   

Adesso però in campo c’è la proposta Bersani. E’positivo che i primi due punti della sua agenda riguardino il superamento dell’austerità e il sostegno all’impresa e all’occupazione. E’ l’unica strada possibile per uscire dalla recessione e dalla crescita, drammatica e ormai fuori controllo, della disoccupazione.
La riduzione del cuneo fiscale a vantaggio del lavoro a tempo indeterminato può aiutare le imprese e l’occupazione e sarebbe una scelta funzionale al varo di un piano straordinario di assunzioni per i giovani, gli over 45 senza occupazione e per il reimpiego agevolato dei lavoratori in mobilità. Un altro punto dirimente è il sostegno alle persone rimaste senza reddito. Si tratta dei lavoratori ingiustamente e pesantemente colpiti dalla riforma delle pensioni Monti – Fornero, dei lavoratori che hanno esaurito o esauriranno nei prossimi mesi le tutele sociali (entro l’estate saranno migliaia le imprese che non disporranno più di cassa integrazione ordinaria, straordinaria, in deroga e di mobilità), delle cooperative, dei commercianti, degli artigiani, dei piccoli imprenditori, dei giovani professionisti senza tutele costretti a chiudere le attività per mancanza di liquidità: le banche non concedono crediti, lo stato non paga e i fornitori battono cassa. E in molti casi si tratta di imprese che hanno un ricco portafoglio ordini. E’ un circuito perverso che va spezzato.
A sostegno di queste persone è necessario prevedere ammortizzatori sociali di carattere universale definiti su misura per l’attuale periodo di crisi prolungata. Sui temi dell’economia e dell’emergenza sociale dobbiamo sfidare tutti, a partire dal Movimento 5 Stelle.
La situazione del paese sta precipitando. E’ indispensabile intervenire subito, come abbiamo detto, con alcune leggi mirate. L’obiettivo deve essere quello di consentire a chi vincerà le prossime elezioni di poter governare il paese in condizioni di maggiore stabilità.

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