ROMA – Berlusconi sente il terreno franargli sotto i piedi. Le ha tentate di tutte pur di rimanere in sella. E’ in piena crisi di nervi. Attacca duramente anche Napolitano, minaccia di far saltare il tavolo degli “esperti”, annuncia manifestazioni a ripetizione. Ma non, come dice, perché ci sono milioni di voti da rappresentare e tanto meno perché lui ha a cuore gli interessi del Paese.
Ciò che lo rende sempre più nervoso è che una dopo l’altra le carta che ha giocato, dal “governassimo” allo scambio indecente proposto a Bersani: ti do i voti per fare il presidente del Consiglio, magari in accoppiata con Alfano vice, qualche ministro del Pdl e magari, già che ci siamo anche della Lega che mi porto dietro a guinzaglio, tu, Bersani, mi garantisci un Presidente della Repubblica che sia un “moderato”. Poi ha affinato la proposta rendendola ancor più indecente: ancor meglio voglio un Presidente che sia di centrodestra. Poi ci ha ripensato ancora ed ha precisato: Gianni Letta o me medesimo. La decisione di Napolitano di congelare la situazione, nei fatti significa che la formazione del nuovo governo avverrà dopo l’elezione del Capo dello Stato. Il giochino di Berlusconi, viene così naturalmente smontato, come vogliono le regole democariche. E nell’orizzonte del cavaliere tornano i processi in corso contro di lui, le possibili sentenze. Altro che salvacondotti, l’uomo di Arcore tentava il colpo grosso. Meglio se con lui presidente, sette anni al riparo dai tribunali, ma andava bene anche uno del centrodestra visto che fra i vari compiti della prima carica dello Stato c’è anche quello di presiedere il Consiglio superiore della Magistratura. Altro che interessi del Paese.
Nelle normali democrazie ci sono maggioranze e opposizioni
Nelle democrazie normali ci sono maggioranze e opposizioni. I voti che gli elettori ti hanno dato si rappresentano sia stando al governo o restandone fuori. Chi vince governa, chi perde fa opposizione, nell’interesse della società. Il Pci, tanto per fare un esempio, metteva la sua grande forza a disposizione dell’Italia, nel Parlamento e nel Paese. E’ vero che le recenti elezioni hanno suddiviso i voti in modo tale che vi sono tre forti raggruppamenti, quello rappresentato dal Pd e dalla coalizione del centrosinistra, quello di Berlusconi insieme alla Lega, il Movimento5 Stelle. Il primo partito, il Pd, anche per numero di voti ha la maggioranza assoluta alla Camera e quella relativa al Senato. Riassumiamo perché in molti sembrano dimenticare lo stato dell’arte e fanno di ogni erba un fascio. Nelle società democratiche la responsabilità di formare un governo spetta a chi ha più voti. Lo può fare con le proprie forze ma se non è possibile dovrà cercare alleanze compatibili. Se non ci fosse stata la legge elettorale denominata “porcellum”, la coalizione di centrosinistra avrebbe avuto la maggioranza anche al Senato. Ma tant’è, meglio non piangere sul latte versato perché se lo stesso Pd, se si fosse battuto con più convinzione e fermezza, forse avrebbe portato a casa una nuova legge elettorale, questo sì nell’interesse del Paese. Ma qui stiamo. Proseguiamo nel riassunto: per dare un governo al Paese occorre una alleanza con il secondo o il terzo raggruppamento. I voti del quarto concorrente, Lista civica, che fa capo al premier uscente, dimissionario, non sarebbero sufficienti. Comunque si tratta di un raggruppamento di poca sostanza numerica ma di molta prosopopea con Monti che avendo scoperto la politica ci si è immerso fino al collo, rischiando di annegare e ce l’ha quasi fatta. Il secondo possibile interlocutore malgrado la buona volontà di Bersani, del Pd, della coalizione di centrosinistra, agli ordini duo Grillo-Casaleggio, rifiuta qualsiasi alleanza con le forze politiche attuali, mette in frigoriferi i voti acquisiti.
La “Grillo company” favorisce il gioco sporco dell’uomo di Arcore
In realtà la Grillo company, così operando, favorisce, collabora al gioco sporco dello stesso Berlusconi, Grillo odia il Pd, i sindacati, tanto da non dare a Bersani neppure la fiducia per far partire il governo. Con il terzo ,il cavaliere e la sua armata sgangherata, malgrado che anche all’interno dei Democratici, qualcuno si mostri disponibile a farsi accalappiare dal cavaliere, l’intera direzione del Pd, come ha sottolineato il segretario nella conferenza stampa tenuta martedì, ha detto che non sono possibili governissimi, larghe intese. Il Pd ha già dato partecipando al governo Monti, dei “tecnici” dal quale proprio il cavaliere si è sfilato. Di più, ha fatto finta di non esserci mai stato. Allora come se ne esce. Gli esperti, come bene ha precisato Napolitano, non hanno il compito di dettare il programma per il nuovo governo. Daranno solo indicazioni sui problemi da affrontare, in particolare quelli relativi alle riforme costituzionali e partire dalla legge elettorale. Poi eletto il nuovo Capo dello Stato, con la maggioranza più ampia possibile, che rappresenti le esigenze di cambiamento che vengono dal Paese, chiuso così il semestre bianco, si riapre la partita per costituire il nuovo governo. Bersani ha detto chiaro e tondo che lui resta in campo, “io ci sono, non sono al mare, ma se sono di ostacolo mi faccio da parte”. Ma il primo partito, la coalizione di centro sinistra hanno pieno diritto di presentarsi, con gli otto punti, affinati se si vuole, al dibattito alle Camere, chiedendo la fiducia. Al tempo stesso indicando la strada per le riforme costituzionali da percorrere con il più ampio schieramento di forze possibile. Fino ad ora ciò non è avvenuto. Solo così la crisi ritorna nella sua sede naturale, il Parlamento, dove ognuno deve assumersi le proprie responsabilità, di fronte e nell’interesse del Paese.