ROMA – Mancano pochi giorni all’assemblea nazionale ma non si vede luce nel Pd. Ogni giorno perso in discussioni deflagranti e in contrasti personali nuoce alla sopravvivenza del partito.
E’ un fatto doloroso anche per chi non è iscritto ma teme che lo sfaldarsi della principale forza di centro-sinistra possa squassare il quadro politico facendo prevalere la destra o il grillismo. Obiettivamente la situazione è difficile. Un brutto risultato elettorale, un post elezioni schizofrenico, un segretario dimissionario, un governo non amato, una base in ebollizione. Se fosse un corpo malato il medico dell’Emergency dovrebbe in primo luogo stabilizzarlo per poi cercare la terapia per guarirlo. Stabilizzare per il Pd significa mettere date precise per il congresso, scegliere un buon reggente, discutere sulla fisionomia del partito portando finalmente alla luce le contrapposizioni non solo di linea ma sulla natura del partito. Oggi vediamo invece contrapporsi chi vuole il Pd più liberal e chi più socialdemocratico, chi lo vuole liquido, chi lo vuole radicato, chi lo vuole alleato con il centro, chi lo vede in un fronte comune con Vendola e il grillismo. Questa confusione non giova né mette al riparo dalla peggiore delle scissioni, quella silenziosa. In questi mesi Bersani ha fatto molti errori ma soprattutto quello di non rendere esplicita la sua vocazione socialdemocratica. Renzi ha ottenuto una inutile rottamazione e ha proposto idee che oggi, in un sussulto neo-laburista e neo-antiberlusconiano, sta correggendo. E’ la prevalenza della tattica sulla strategia. Un partito che vive sulla tattica muore. Emerge poi una fragilità del gruppo dirigente vecchio e nuovo. I vecchi si sono fatti sopraffare dall’antagonismo generazionale senza combattere per ide che suffragassero la loro voglia di stare in campo. I giovani sono stati così ondivaghi che Occhetto al loro confronto sembra un titano della coerenza. Prevale poi un cupo pessimismo e quella che gli psichiatri chiamano crisi di autostima. Sabato potremo assistere a uno psicodramma oppure a un momento di sussulto di serietà e di dignità. Come potrebbe realizzarsi questa seconda ipotesi? Smettendo di farsi guerre incomprensibili ma fissando un ruolino di marcia di una battaglia vera alla fine della quale si potrà capire che cosa il Pd vorrà essere, lasciando a chi dissente il ruolo di oppositori ovvero quella la strada dell’abbandono se riterranno la convivenza non più accettabile. Ma per far questo occorrono discorsi alti, prove di maturità, segnali di leadership. Vecchie o nuove, purchè leadership vere e non ricavate dalla giostra dei talk show. Forse il Pd dovrebbe far proprio l’impedimento di Grillo a mandare i suoi in tv. E’ ovviamente impossibile farlo, ma ogni trasmissione televisiva mostra un pezzettino di Pd in lotta feroce con un altro. Ma il paese? Gli avversari? Boh.