Le pensioni nel mirino

Flessibilità e penalizzazioni. Per ora siamo ai titoli. Il no dei sindacati

 

Le pensioni sono di nuovo nel mirino del governo italiano.

 

Il Ministro Giovannini dice ormai da qualche settimana che è allo studio un intervento per modificare alcuni dei punti più controversi contenuti nella riforma Fornero: gli esodati e l’età pensionabile.

 

Sul primo è stato avviato un approfondimento perché ad oggi non è ancora chiaro quanti siano quelli rimasti senza lavoro e senza pensione ma soprattutto come sarà possibile risolvere la questione.

 

In merito all’età pensionabile invece il Ministro per ora si è limitato ai titoli.

 

Nulla di concreto quindi ma si parla di flessibilità per l’entrata in pensione, da realizzarsi attraverso un sistema di penalizzazioni.

 

Chi vorrà andare in pensione prima potrà farlo ma si vedrà decurtare l’importo del proprio assegno previdenziale mensile.

 

Una soluzione che non convince tutti e che andrà approfondita con i sindacati che sono già in allarme.

 

“Non è ancora chiaro che cosa intenda il Ministro Giovannini quando parla di penalizzazioni. Per noi non vanno bene per niente, si parli piuttosto di incentivazioni”, ha detto il Segretario generale dello Spi-Cgil Carla Cantone nei giorni scorsi.

 

“La questione dell’età pensionabile – ha continuato Cantone – non può essere affrontata così perché non si può andare da una persona che ha lavorato una vita, magari svolgendo un’attività pesante e di responsabilità, e dirgli che se vuole andare in pensione sarà penalizzato”.
“Sicuro è – ha concluso il Segretario generale dello Spi-Cgil – che bisognerà fare qualcosa perché altrimenti con la crisi occupazionale che c’è tutti i lavoratori rischiano un giorno di diventare esodati. E francamente lo eviterei”.

 

Il punto sta tutto qui. La riforma Fornero ha portato ulteriormente in avanti l’età pensionabile congestionando il mercato del lavoro e precludendo così la possibilità a tanti giovani di potervi entrare.

 

Non solo. Si lavora più a lungo, senza tenere conto però di una incontrastata crisi  economica e industriale che porta progressivamente i lavoratori più anziani ad essere espulsi dai luoghi di lavoro.

 

E’ davvero impensabile quindi che si possa continuare in questa direzione, anche se l’aspettativa di vita avanza inesorabilmente e anche se dall’Europa è questo quello che ci chiedono. 

 

Questioni di merito e di metodo

 

Da verificare però, oltre al merito delle questioni, ci sarà il metodo con cui si procederà per affrontarle.

 

Il governo Monti come è noto ha fatto a meno dei sindacati, non li ha praticamente mai ricevuti e si è limitato ad ascoltare il loro parere senza tenerne mai conto.

 

I risultati di queste scelte sono sotto gli occhi di tutti tanto che chi è venuto dopo ha come unica preoccupazione quella di riparare agli errori commessi e ai danni provocati.

 

Più “affascinante” invece è l’idea di una staffetta generazionale, da realizzarsi attraverso l’utilizzo del part-time per i lavoratori più anziani in modo da favorire l’assunzione dei giovani. Anche qui però mancano informazioni più complete. Come fare tutto questo? Dove reperire le risorse? Si finirà per penalizzare ulteriormente quelli che vanno in pensione? Sono queste le domande che finora non hanno avuto risposta. L’avranno forse giovedì prossimo quando il governo incontrerà le parti sociali e delineerà un progetto più preciso e circostanziato.

 

Solo allora sarà possibile dare un giudizio articolato. Che si rimetta mano alle pensioni è una cosa positiva, chiesta a gran voce dai sindacati nei mesi del governo Monti e da molte forze politiche durante la campagna elettorale.

 

E’ del tutto evidente però che bisognerà lavorarci di fioretto, scongiurando altri grossolani errori come quello degli esodati ma soprattutto evitando che si torni ancora una volta a compiere scelte ingiuste ed inique ai danni dei soliti noti.

 

 

 

 

 

 

 

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