Marchionne, anti-operaio e anti-italiano

ROMA – “In Italia ci sono condizioni industriali impossibili”. Lapidario,sbrigativo. Poteva anche dire che per i manager ci sono condizioni<possibili, troppo, per quanto riguarda stipendi e altre prebende. Lui, grazie alla Fiat, alle tute blu e ai colletti bianchi  è  il manager meglio pagato, circa 120 milioni di euro l’anno.

In un giorno mette in saccoccia quanto un operaio metalmeccanico in un anno.  Il problema sta tutto in quella parolina, “ impossibile”. Cosa voglia dire noi lo sappiamo, lo abbiamo scritto tante volte.  La sentenza della Corte Costituzionale che rende giustizia ai lavoratori e alla Fiom Cgil, discriminata, , impedita a non mettere piede in fabbrica, via i delegati del più grande sindacato italiano spiegava già  cosa intende il manager il cui guardaroba è ben fornito di  magliette girocollo. Una nuova sentenza arrivata dalla  Cassazione fornisce ulteriori spiegazioni. Proprio mentre l’ad del Lingotto continuava a  dava fuoco alla miccia con il sostegno di qualche grande giornale la sezione Lavoro della  Corte suprema respingeva il ricorso della Fiat contro la decisione della Corte di Appello di Potenza che  nel 2012 aveva reintegrato tre operai della Sata di Melfi licenziati su due piedi nel 2010 perché avrebbero impedito, con astuti marchingegni, agli operai  che volevano lavorare non aderendo alla sciopero. Malgrado la sentenza  i tre metalmeccanici non era stati riassunti, non erano più tornati al loro<posto.

 L’Ad della Fiat: condizioni industriali impossibili

 La realtà è che sono “ impossibili” le condizioni industriali, come le intende Marchionne. Da quando è partito il piano “ fabbrica Italia”  con i venti miliardi di investimenti promessi cui hanno creduto solo Berlusconi,il suo governo con in testa il ministro Sacconi, la Cisl e la Uil  Confederazioni e sindacati di categoria, oltre ai soliti “ sindacatini gialli”, allevati come i polli nelle gabbie della Fiat,  Marchionne aveva bisogno di sindacati obbedienti, impauriti,  di dividere i lavoratori con la minaccia di licenziamenti di massa, di delocalizzazioni, trasferimenti in altri paesi di importanti lavorazioni, referendum dove o si votava come voleva l’ ad oppure si andava a casa. E giù cassa integrazione a tutto spiano, tanto che in taluni casi sono più i giorni in cui i lavoratori stanno a casa che quelli che entrano n fabbrica.

Fuori dalle fabbriche i delegati della  Fiom

 Per  completare il quadro e dare il senso esatto di questa parola “ impossibile” ci voleva che nessun delegato  della Fiom potesse mettere piede nel<luogo di lavoro. Via i  rossi,quelli di Landini. Si inventava perfino che il segretario generale della Fiom-Cgil lavorasse  per  dar vita ad un nuovo partito.  Landini smentiva, niente da fare. Nel frattempo la resistenza operaia, perché di questo si tratta, si faceva  sentire. Scioperi, manifestazioni, ricorsi ai tribunali hanno segnato questi anni. Una lotta difficile, con le forze politiche, anche quelle più vicine, o che dovrebbero esserlo, non si sono smosse più di tanto.  Bastava, per riportare la situazione alla< normalità, dar vita ad un provvedimento di legge che regolasse la rappresentanza sindacale. Possibile ma con Berlusconi, i suoi ministri erano una delle <fonti della divisione, della discriminazione non c’era niente da fare. E  con Monti idem, due ministri , Fornero e Passera, andarono a rendere omaggio a Marchionne che  avrebbe fatto le  barricate  se,per legge dello Stato, la Fiom potesse rientrare nelle fabbriche Fiat.

Gli anni della divisione sindacale, l’attacco ai diritti

Solo quando le bugie di Marchionne sono emerse, i miliradi erano un bluff, Cisl e Uil hanno avviato con la Cgil un confronto che ha portato all’accordo fra sindacati e Confindustria sulla rappresentanza sindacale. Ma lui, l’ ad , era già uscito da  Confindustria. La realtà è  che per Marchionne  la possibilità di  fare industria è legata alla totale subordinazione dei lavoratori, attaccati e umiliati sul piano dei diritti, della dignità del lavoro.   Già è grave che in tutti questi anni le fabbriche Fiat siano state fuori legge, fuori dalla Costituzione, che i lavoratori abbiano pagato un prezzo altissimo. Non solo: Marchionne , di fatto,ha dato un segnale preciso: ha detto agli imprenditori di tutto il mondo che in Italia non si può  fare industria. Si tengano lontani dal Bel Paese, non investano, seguano il mio esempio, i nuovi modelli dell’Alfa posso farli in altri paesi.  Anti operaio e anti italiano.E, colmo dei colmi, ora,dopo averla respinta, invoca una legge sulla rappresentanza,chiede al governo di stabilire “le regole”. In  bocca a lui questa parola è pericolosa. Venerdì incontrerà  Maurizio Landini. Un evento, tutto da seguire.

Alessandro Cardulli

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