India, stupro “autorizzato”. Un orrore

ROMA – Non ha fatto notizia. Non ha trovato posto nelle prime pagine di quei giornali che , con qualche giorno di ritardo, hanno raccontato una storia tragica che viene dall’India. Non ci sono stati lanci di agenzia, nessun commento. Non un moto di sdegno,corale,pubblico. Un segnale che il mondo, il nostro paese, i media italiani, si stanno imbarbarendo. Pagine e pagine di retroscena, di cronache politiche insulse, chiacchiericci oppure filippiche, talk show segnati da grida, strilli.

Un “tribunale” di villaggio : “Ragazzi violentatela”

Non abbiamo ancora visto un servizio, degno di questo nome che racconti lo stupro collettivo subito da una ragazza indiana, in un villaggio del Bengala. Si potrà dire che in India, un grande paese, dove Ghandi insegnava la non violenza,lo stupro era un fatto che veniva considerato “ normale”, condannato solo a parole“normale, che è stata approvata una legge  anti stupro, che forse per la prima volta sono stati condannati gli autori dell’infame violenza. Insomma giustizia ha prevalso e ciò basta e  avanza. No. La legge conquistata dalle donne indiane, con una vera e propria rivolta popolare dopo la stupro ela morte di una studentessa a bordo di un autobus, a Delhi e non in uno perduto villaggio, non basta. Tanto che nuovi stupri,nuove aggressioni , si sono avute anche in questo anno post legem. La battaglia dei tanti comitati che sono sorti in tutta l’India,per vincere, ha bisogno di grandi campagne, in ogni parte del mondo. I media indiani stanno dando spazio,raccontano,.

Una battaglia culturale per rompere vecchi tabù

Afferma una sociologa indiana che lavora negli Stati Uniti: “Finalmente  si dice, si vede, si sa qualche succede”. Occorre una cassa di risonanza,dando voce ad una battaglia culturale in primo luogo, che rompa vecchi tabù, sopravvivenze di riti crudeli, l’odio fra persone che appartengono a etnei diverse. Quello avvenuto nel villaggio di Labhpur, nel distretto Birbhum, Bengala, è uno stupro “autorizzato” da un tribunale tribale.  Ci sono una ragazza e un giovane che si frequentano.. Lei  fa parte di una famiglia di etnia Santhal, sei milioni di persone, definiti di tradizione tollerante. Però è in corso una loro campagna  contro i matrimoni misti che sarebbero praticati dagli islamici locali per acquisire le terre delle ragazze. Le notizie qui si fanno poco chiare, ci sono diverse versioni.La cosa certa è che  il giovane è un islamico, abita nel villaggio di Chowatta.Pare che sia stato il padre della ragazza a denunciare il fatto al  consiglio locale, una sorta di tribunale  il  cui capo emette  sentenza:i due giovani venivano condannati a pagare ciascuno 50 mila rupie, circa 700 euro per la violazione delle “regole “ della comunità.  

Arrestati dodici aggressori e il capo del “tribunale”

La famiglia della ragazza non era in grado di pagare allora il capo tribù ha deciso che tutti i giovani del villaggio potevano “divertirsi “ con la ragazza che è stata violentata  per tutta una notte chiusa in un hangar. Tornata a casa, insanguinata,in stato di choc, solo il giorno dopo la madre , visto l’aggravarsi delle condizioni della figlia ,l’ha portata in un ambulatorio locale, senza però fare  i nomi degli aggressori per paura di ritorsioni. Dall’ambulatorio c’è stato il trasferimento in un ospedale,poi in un altro nosocomio, a Suri, specializzato per interventi di emergenza. La vittima,malgrado le condizioni gravissime che fanno temere per la sua vita, ha fatto i nomi dei dodici aggressori più il capo del villaggio. Tutti arrestati. Hanno detto i medici dell’ospedale: “ E’viva solo perché  è una forte ragazza tribale”.

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