Torna Massimo D’Alema. Obiettivo Commisario Ue. Gli equilibri nel Pd

ROMA – Le risposte di  Massimo D’Alema  a Daria Bignardi  nell’ultima puntata delle Invasioni Barbariche sono un  libro aperto sia sul suo futuro prossimo venturo che sugli equilibri interni al Pd così come si stanno delineando. Sembra passo un secolo da quando Renzi  dichiarava che voleva rottamare uno dei leader più prestigiosi  di un partito in cui il grigiore burocratico la fa da padrone, è utile, osiamo dire, al premier e segretario del partito che vuole campo libero, utilizza staff da sono altra cosa da un reale gruppo dirigente .

D’Alema usa tutti i toni, come sa fare da gran maestro. Ironico, beffardo, grandi pause come se cercasse la parola giusta, quella che tu aspetti.  Distaccato anche, quasi si parlasse non di lui ma di altri. Gli chiede la Bignardi che sta al giuoco: “ Ma Renzi e la Serracchiani non volevano rottamarla?”. D’Alema quasi cade dalle nuvole. “ No, non era un rottamazione alla lettera”.Insomma una cosa così cosi di cui tener poco conto. Come dire, non ti curar di lor ma guarda e passa, E già che c’è annuncia che si sente adatto a un ruolo europeo. Non c’è da andar lontano per decifrare il ruolo. Lo sanno anche i sassi: commissario per la politica estera, che gli sfuggi nella precedente tornata. Se lo aggiudicò una signora inglese se ben ricordiamo che non ha quasi lasciato traccia del suo operato.

Il posto di Commissario Ue, gli spetta di diritto. “Presiedo un pensatoio sulla sinistra”

Chi meglio di lui che, dice: “Io presiedo un pensatoio sulla sinistra europea” che, per chi lo ignorasse, si chiama Fondazione italiani europei. Un ruolo importante lo svolge anche nel Pse. Lui è stato l’artefice di una  operazione lunga e complessa che ha portato alla adesione del Pd al Partito dei socialisti europei con l’aggiunta della parole e democratici. Ma siccome è un generoso quando  si è svolto a Roma il Congresso del Pse ha lasciato la gloria a Matteo  Renzi, quasi fosse stato lui l’autore della operazione. Già che c’è fa  presente alla Bignardi di “essere grato a Renzi perché lui ha voluto presentare il mio libro alla vigilia del suo primo Consiglio Ue ed è stato un messaggio molto forte, e anche un messaggio amichevole.

Con Renzi siamo uniti sulla necessità di cambiar verso all’Europa

Ha voluto dire che, per quante polemiche ci possano essere state, noi sulla necessità di cambiar verso all’Europa, siamo uniti.” Ma sulla politica italiana? Lapidario. Quando c’era da dare battaglia l’ho data “ora – dice ho deciso di non entrare nella polemica della vita politica io non mi occupo dei nomi, delle liste, mi occupo dell’Europa”. Poi una specie di amarcord.  A D’Alema brucia ancora l il patto della famosa “ torta della  crostata che l’ex cavaliere fece saltare.  Renzi, dice, ha una gran fortuna, potrà fare alcune riforme perché Berlusconi ha un peso sempre più ridotto nella vita politica italiana.” Fortuna ma non solo perché- sottolinea l’ex premier – Renzi è in grado di sconfiggerlo sul suo terreno, quello della comunicazione sul quale ci batteva. Infine il suo imprimatur. “Renzi si è imposto come cambiamento. Noi siamo un partito e quando uno vince e ha la responsabilità di guidare il paese, nostro dovere è aiutarlo, non quello di fargli le scarpe. Poi un buffetto, ci mancava, con annesso elogio. “La legge elettorale? E’ migliorabile – afferma – del resto aveva un difetto d’origine perché era concordata con Verdini, ma Renzi non se ne deve avere a male perché nessuno potrà negargli il merito di aver riaperto il processo delle riforme”. Poi torna sul terreno che sta coltivando, ”le elezioni europee sono importanti per l’Europa”.

I possibili riflessi sul confronto interno al Pd

D’Alema non è il primo arrivato. Se si espone così tanto ha qualche certezza, qualche affidamento sul ruolo che potrà svolgere e che dipende dal governo italiano. Domanda: quale riflesso può avere la composizione dello scenario europeo sul rapporto fra la maggioranza renziana e le minoranze sparse, bersaniani, cuperliani, giovani turchi, civatiani? Siamo nel pieno di un confronto serrato sulle riforme istituzionali, legge elettorale, nuovo senato, decreto Poletti, Def sul quale Stefano Fassina ha avanzato critiche durissime. C’è un disegno di legge  di riforma del  Senato presentato da 22 senatori Pd, primo firmatario Vannino Chiti, molto diverso da quello del governo. Proseguirà il confronto o verrà annacquato? Le minoranze troveranno punti di incontro che riguardano la gestione del Partito, la sua identità, la sua vocazione di sinistra che si è quasi completamente annebbiata. O  procederanno in ordine sparso. O ancor peggio prevarrà quella frase di D’Alema  che richiama la responsabilità  di Renzi e dice  “nostro dovere è aiutarlo, non quello di fargli le scarpe”. Conclusione. Anche noi siamo dell’avviso che il premieri va aiutato. Ma il miglior aiuto sono le buone leggi, non quelle che  ha presentato il governo. Per di più blindandole.

 

 

 

 

 

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