Renzi, il delirio di onnipotenza

ROMA – “Il fatto che tutti  gli organismi siano contro lo considero  un elemento  particolarmente  incoraggiante: noi non facciamo favoritismi”.  Incauta dichiarazione di Matteo Renzi in una intervista al Corriere della Sera.

Prima di lui, nel lontano 1926,  o giù di li, un tale che si chiamava Benito Mussolini, inventore di slogan che fecero epoca, gridava  “molti nemici, molto onore”. E il Corriere titola l’intervista  al premier: “I sindacati non mi fermano” in risposta alle critiche di Cgil, Cisl, Ugl alla nuova formulazione del  decreto Poletti messa a punto dal governo. “Noi tireremo dritto” gridò Mussolini l’8 settembre del 1935 dal tristemente famoso balcone di Palazzo Venezia. Ci guardiamo bene dal dire che Renzi è come Mussolini. Diciamo solo che quando ci si crede onnipotenti si commettono gaffe di questo tipo.  

Per  il premier i sindacati sono i veri nemici

Ancora più grave che ormai da ogni atto, in ogni presa di posizione il premier  e i ministri a lui più vicini, si evince che il nemico del governo è il sindacato. La Cgil in particolare cui ancora non si è trovato il modo di dare una risposta ufficiale all’invito di partecipare al Congresso che si apre a Rimini  martedì. Non ha ritenuto di dover dare una risposta  ha  preferito annunciare pubblicamente che non parteciperà così’ come non sarà presente alla assemblea di Confindustria. Forse qualche differenza c’è fra un Congresso di una organizzazione che conta circa sei milioni di iscritti e una assemblea  di una pur importante organizzazione di imprenditori. Non solo. Non è irrilevante ricordare che Renzi  è anche segretario del Pd, partito aderente al Pse, quindi si immagina orientato a sinistra.

Il rifiuto a partecipare al Congresso della Cgil

Che consideri la Cgil il nemico numero uno, che rifiuti l’invito al congresso, ogni giorno attacchi i sindacati, che li accusi di essere conservatori. A noi pare una anomalia. Il programma del candidato alle europee del Pse, Martin Schulz, candidato anche del Pd, non ci stancheremo di scriverlo, dice cose diverse, molto diverse, parla di partecipazione delle forze sociali alla formazione delle scelte politiche, dei programmi dei governi. Prendiamo ad esempio la annunciata riforma della pubblica amministrazione.  Ci pensa la ministra Madia a “sistemare” i sindacati. Niente consultazioni, niente “tavoli” di confronto. Renzi si rivolge direttamente ai dipendenti e la ministra mette in rete 44 domande. Democrazia diretta, la parola al popolo, i sindacati, se vogliono, possono far conoscere via mail loro proposte. Dà la benedizione anche Scalfari nell’editoriale domenicale di Repubblica. Questo Renzi, dice, è diventato più prudente, prende i tempi necessari, si consulta. 

Gaffe di Scalfari sulla riforma della pubblica amministrazione

Prende ad esempio proprio la riforma della pubblica  amministrazione e scrive che è stata “annunciata con concrete statuizioni e sottoposta al confronto con le parti sociali ed interessati per un periodo di 40 giorni, trascorsi i quali il governo deciderà”.  Sarebbe utile conoscere le “concrete statuizioni”, ma lasciamo perdere. Scalfari è male informato perché non ci sarà confronto con le parti sociali.  Dal ministero della Madia fanno sapere che  la “trovata” della consultazione via mail ha già avuto un grande successo. Hanno risposto in cinquemila, non si tratta solo di dipendenti pubblici perché la lettera non è ancora arrivata, ma di cittadini che hanno voluto dire la loro per esempio sul “ruolo unico”, magari non si sapendo neppure di cosa si tratta.

Una bufala la consultazione dei dipendenti pubblici 

Quando la consultazione si chiuderà Madia annuncia trionfante che  si conteranno circa trenta mila risposte che saranno prese in considerazione. Con buona pace di Scalfari ricordiamo che i dipendenti pubblici sono circa due milioni e duecentomila. Un po’ poche trentamila risposte. Forse conveniva una vera consultazione con i sindacati che, contando solo quelli aderenti a Cgil, Cisl, Uil. Sono più della metà. A dar man forte al premier arrivano la ministra Boschi, sempre in prima fila, Del Rio, Poletti, interviste a raffica. L’accordo sul decreto del lavoro raggiunto con il nuovo centrodestra in discussione al Senato? Ora sì che il decreto non ha più intralci. La sinistra Pd si metta il cuore in pace, al Senato la maggioranza ora è sicura. Alfano e Sacconi esultano, finalmente sono passate le nostre proposte. Non ce l’avevamo fatta quando eravamo al governo prima con Craxi e dopo con Berlusconi. Ce la facciamo ora che premier e maggioranza sono del Pd.

Sul decreto Poletti il valzer della fiducia. Una farsa 

Averlo saputo prima. Senza entrare le merito  ricordiamo che alla Camera sul decreto con le modifiche apportate dalla Commissione, volute dal Pd, è stata chiesta dal governo e votata la fiducia.  Fiducia che ora non vale più e si pensa ad una nuova fiducia del Senato su un decreto diverso da quello che ha avuto  La fiducia della Camera. Camera cui il decreto dovrà tornare e sfiducerà se stessa. Sembra uno scioglilingua.  Invece è una realtà della politica ai tempi di Renzi.

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