Pensioni in Italia. Il sottile confine tra menzogna e cherry picking

 

ROMA – Nessuno mette più in dubbio che sia necessario alzare l’età pensionabile nel nostro Paese, ogni resistenza a questo trend è stata abbattuta a suon di dati. Primo tra tutti il dato sull’aspettativa o speranza di vita dei cittadini del Belpaese che continua a crescere a passo di carica.

Ogni volta però che vengono citati dei dati l’ascoltatore dovrebbe porsi delle domande, anche fidandosi della fondatezza dei numeri riportati va infatti accesa una lampadina e ci si deve interrogare.

Il dato sull’aspettativa di vita può essere manovrato?

Il dato più citato per giustificare trattamenti pensionistici sempre più miseri da percepire ad una età sempre più elevata è il dato relativo all’aspettativa di vita dei cittadini. Ma quando si cita questo numero si incorre spesso nel fenomeno del cosiddetto cherry picking, ovvero nella scelta, in molti casi inconsapevole, dei soli dati che confermano la propria idea. Il commentatore ovvero seleziona, come ciliegie da un cestino, solo i dati di suo gradimento, i dati che confermano la sua teoria o che giustificano la sua proposta.

Potrà sembrare strano ma anche i dati relativi alla aspettativa di vita possono cadere vittima di cherry picking.

Quale dato sull’aspettativa di vita scegliere?

Quando dobbiamo comprendere la sostenibilità di un sistema pensionistico nel lungo periodo dobbiamo valutare, oltre ad una lunga serie di fattori, anche l’impatto sui conti della durata media delle pensioni. Il pensionato cioè per quanto tempo godrà dell’assegno di pensione? Per quanti anni l’ente erogatore verserà la pensione all’avente diritto prima del suo decesso?

E’ in questa fase che si manifesta il cherry picking, contro ogni logica il dato che viene citato è infatti la speranza di vita alla nascita mentre il dato che rispecchierebbe in misura nettamente migliore la realtà sarebbe la speranza di vita dei pensionati, ovvero la speranza di vita residua delle persone che hanno raggiunto l’età di pensionamento, a titolo esemplificativo effettueremo un confronto con l’aspettativa di vita dei 65enni.

E la differenza tra i due andamenti è molto più considerevole di quanto si possa immaginare.

Aspettativa di vita alla nascita e all’età di 65 anni. Grosse differenze

L’aspettativa di vita al momento della nascita in Italia è, oggi, intorno agli 82 anni, dato che colloca il nostro Paese al quarto posto in questa speciale classifica dietro Giappone, Macao ed Andorra.

In particolare, per il 2012, l’aspettativa di vita alla nascita è di 84,4 anni per le donne e di 79,6 per gli uomini. Rispetto al 1974 l’aspettativa di vita alla nascita è cresciuta di circa dieci anni, per gli uomini il dato era infatti 69,6 e per le donne 75,9. Molto meno accentuata la crescita dell’aspettativa di vita per i 65enni nello stesso periodo. L’aspettativa di vita a 65 anni, ovvero gli anni che rimangono da vivere mediamente a chi compie 65 anni, è infatti passata, per gli uomini, da 13,5 a 18,3 anni e per le donne da 16,6 a 21,8.

Un incremento pari ad ‘appena’ 5 anni. Il paradosso delle donne. Più lavoro che vita. Gli effetti del cherry picking, già evidenti, diventato perversi quanto si isola il caso delle lavoratrici nell’ambito delle pensioni di vecchiaia. Nel giro di pochi anni le donne sono passate dal diritto di accedere a pensione all’età di 60 anni alla previsione, entro il 2018, della pensione all’età di 66 anni e 3 mesi. Previsione soggetta al possibile rialzo in quanto, come giustamente specifica l’Inps, questo è un “Requisito da adeguare alla speranza di vita”.

Le nostre connazionali hanno cioè la previsione di un allungamento dell’età lavorativa di 6 anni e 3 mesi a fronte dell’allungamento dell’aspettativa di vita di soli 5. In soldoni camperanno 5 anni in più ma ne passeranno oltre 6 in più sul lavoro. In conclusione. La domanda che non dovrebbe mancare mai. C’è quindi una domanda che andrebbe sempre posta ogni volta che discute del nostro futuro come lavoratori, contribuenti o pensionati.

Perché? Perché ha scelto questo dato, perché non ha diffuso un altro dato, perché, perché, perché

 

 

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