Gli elettori del PD bocciano i sindacati. La tecnica renziana per mettere gli uni contro gli altri

 

ROMA – I sondaggi andrebbero presi sempre con le pinze, ma quello diffuso oggi dal Corriere della Sera, realizzato da Ipsos, apre molteplici riflessioni. Due elettori del PD su 3, infatti, hanno bocciato i sindacati. In sostanza la maggioranza degli intervistati non si sente affatto rappresentato.

La paura è che l’attacco all’articolo 18, lanciato da Matteo Renzi, sia diventata la battaglia simbolica per sconfiggere il male dell’Italia, o meglio, per rilanciare un’economia liberista, dimenticandone gli effetti devastanti. Che i sindacalisti non siano più in grado di rappresentare i lavoratori, viene presentato come un dato di fatto, visto che più dei due terzi degli intervistati lo pensa. E a parlare sono soprattutto i giovani, i precari, i disoccupati e cassaintegrati dei quali, spesso, se ne parla al culmine delle loro individuali vicende, per poi cadere nell’oblio dell’opinione pubblica, del governo e anche dei sindacati. Insomma, la delusione per chi avrebbe dovuto garantire e battersi per l’occupazione, un orario e un salario dignitoso, supera ogni immaginazione, tant’è che gli intervistati parlano addirittura di eccessiva politicizzazione.

Ma è pur vero che questo attacco ai sindacati cela una mossa a sorpresa che potrebbe nuocere ulteriormente alla situazione occupazionale ed economica del Paese. Se da una parte i sindacati non hanno sempre svolto il loro compito, dall’altra, la classe dei lavoratori non può privarsi in questo delicato momento di una rappresentanza capace di contrastare una controparte che li vuole eliminare definitivamente. Tra l’altro in una situazione in cui l’attività sindacale non trova spesso spazi d’incontro, proprio per le condizioni in cui sono precipitati i lavoratori con le loro problematiche quotidiane.

Una mossa, quella fortemente voluta da Renzi, che potrebbe presentarci un conto davvero salato. D’altra parte la tattica renziana è esattamente come quella che usavano nelle fabbriche degli anni ’70, ovvero mettere quel poco di zizzania che basta, facendo leva sulla situazione attuale e sulle false promesse, per dividere ulteriormente i lavoratori, mettendoli di fatto gli uni contro gli altri. Una tecnica ben collaudata che alla fine premia, specie nei tavoli contrattuali, dove, guarda caso, il governo si fa sempre più spesso garante di scelte scellerate, ignorando i reali bisogni dei lavoratori. 

Eppure basterebbe pensare a quante conquiste sono state fatte a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 e quante, grazie alle divisioni venutesi poi a creare, sono andate perdute per sempre. Insomma, alla luce dei fatti, l’attacco all’articolo 18 potrebbe essere interpretato come l’accensione della miccia che sta arrivando al deposito della dinamite. Eliminati i sindacati finalmente Renzi potrà portare avanti la sua politica iper liberista, degna della sua sinistra svuotata letteralmente dei valori che un tempo la identificavano.

 

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