Renzi, il liberista divide et impera. La sinistra batta un colpo

ROMA – Davvero stucchevoli le risposte che Matteo Renzi ha rilasciato durante l’intervista a Bruno Vespa, per pubblicizzare il suo ultimo lavoro letterario: “Italia Voltagabbana”. A dire il vero già il titolo è tutto un programma, se pensiamo alla provenienza del Partito Democratico e quello a cui si ispira oggi. Renzi, nelle sue risposte ha detto che la sinistra che non cambia è la destra.

Strano a dirsi, visto che l’ex sindaco di Firenze è riuscito a far breccia trasversalmente ai partiti, tanto da piacere spesso più alla destra liberista e ai poteri forti, che alla sinistra e al cosiddetto mondo degli ultimi, quello a cui stanno cancellando l’articolo 18 e vengono pure picchiati quando scendono in piazza a protestare, ma anche coloro che rinnegano il liberismo sfrenato e le drammatiche conseguenze che provoca: lo sradicamento dello stato sociale. E questo è ormai un dato di fatto. Inutile, tuttavia, tornare sulle questioni della piazza e dei dissidi interni, perché è probabile che Renzi tenterà il colpo maestro, cercando di determinare il suo dominio assoluto. In un certo senso ha già dato modo di capire le sue mire, anche attraverso i dissidi interni, specie con una minoranza che lui rottamerebbe in un istante, senza pensarci troppo. 

Filippo il Macedone, strategicamente coniò per primo il detto “divide et impera”, ovvero dividi e frammenta il potere dell’opposizione, con l’obiettivo di dar vita a un solo ed unico centro del potere. Insomma l’idea di regnare incontrastato stuzzica Renzi. Una tattica che in questo caso potrebbe addirittura pagare, ma non è detto che duri. Renzi è un abile comunicatore e questo si era capito benissimo. Si vende bene, molto meglio dentro lo schermo televisivo, pronuncia parole come innovazione e progresso, l’esempio dell’Iphone e del gettone alla Leopolda tanto per capirci, parla di nuovismo, ma le sue politiche ci stanno facendo ripiombare in pieno ‘800, con il rischio che gli italiani non vedano più la luce. Che Renzi, infatti,  con il suo thacheriano jobs act e con il decreto sblocca Italia dei padroni del cemento, si dica ancora di sinistra è davvero una contraddizione a cui non crederebbe neppure un bambino.  E in questo marasma in cui il nulla ha preso una certa consistenza, Renzi ha trovato l’andatura giusta per rimanere sotto i riflettori, nel vuoto più profondo delle idee e delle delusioni. Delusioni, che va detto, appartengono anche a un pezzetto di quel popolo della sinistra tradito prima, beffato poi, che non riesce più a trovare la giusta modulazione di frequenza con i suoi simili e finisce per vedere in Renzi l’unica alternativa. L’altro pezzo di sinistra, invece, è ancora giustamente ancorato ai principi di un marxismo che non dovrebbe mai morire. Ma allo stesso tempo è rimasto inchiodato alle accese lotte intestine che hanno portato divisioni su divisioni, ancorato nei rancori perversi contro chi prima avrebbe dovuto fare e non ha fatto. Insomma sembra una candela che si è lentamente consumata lasciando una poltiglia di cera non bene identificabile. Bisognerebbe tornare a quell’ottobre del 2007, quando in una tiepida giornata romana una parte di una sinistra, ora scomparsa, scese in piazza. L’anno, guarda caso, è lo stesso della nascita del partito democratico e della messa al bando della parola “compagni”. Pochi mesi prima c’era stata la vittoria alle elezioni politiche del governo Romano Prodi, con le cosiddette sinistre antagoniste le cui differenze erano visibili fin dall’inizio. Quel 20 ottobre il popolo della sinistra scese in piazza, manifestando il dissenso contro il governo Prodi e le sue politiche sul lavoro. Per dare come diceva qualcuno “una sgrumata a questa sinistra”, che stava virando verso il centro.

A distanza di pochissimi anni  la mancanza di quell’onda fatta di donne uomini che occupava uno spazio politico importantissimo è palpabile. Una parte che si è sempre dimostrata capace di tutelare il mondo del lavoro, l’ambiente, contrastare lo smantellamento dello stato sociale evitando quella deriva ultra liberista. Inutile dire che la mancanza di quel bisogno di aggregazione del popolo della sinistra si fa sentire inesorabilmente. E’ come vivere in un Paese senza una vera opposizione. E’ deludente perfino la stessa minoranza democratica che si dice contraria a tutto, ma alla fine un voto favorevole non lo nega a nessuno. Insomma, la sinistra batta un colpo.

 

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