La sinistra può rinascere o l’unica soluzione è la crisi?

ROMA –  Matteo Renzi si sposta sempre più a destra e la sinistra sembra non reagire a questo cruciale passaggio.  Dice bene Massimo Cacciari quando parla di un premier che non ha rivali, nè a destra, nè a sinistra, e aggiunge che solo la crisi può batterlo. Nulla di più vero, perchè saranno probabilmente le future condizioni economiche ad abbattere il cosiddetto muro del pensiero unico, quello che Pasolini chiamava la grande omologazione, unica linfa vitale che ossigena il liberismo sfrenato, eludendo le conseguenze sociali ed economiche che ne derivano.

Perfino il centro destra è in sofferenza con spaccature a tutti i livelli e lotte intestine. E in tutto questo Silvio Berlusconi è rimasto senza un erede, escluso Renzi. Anche per questo motivo  la Lega di Matteo Salvini sta acquisendo nuovi simpatizzanti del centro destra, mentre altri iniziano a vedere l’ex sindaco di Firenze come l’unico possibile leader anche del centro destra.

Non è un caso che sul fronte opposto sia  Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, a lanciare l’ennesimo richiamo all’unione delle forze di sinistra. “Riportare il Pd nell’alveo del centrosinistra”, puntualizza Boccia in un’intervista rilasciata all’Huffington Post. Il messaggio è chiaramente indirizzato ai compagni di partito Pippo Civati, Gianni Cuperlo e Stefano Fassina, i quali avrebbero dovuto trovare un accordo nel momento in cui Renzi ha messo piede dentro Palazzo Chigi e non ora che la partita si fa sempre più difficile. Boccia, parla addirittura di pensiero unico, di omologazione. Possibile che solo ora si realizzi la situazione del partito democratico e dello stesso governo? 

Di sicuro, se le intenzioni sono reali, bisognerà rimboccarsi le maniche nel tentativo di unire quello che è stato disgregato in questi terribili anni, evitando di affidarsi a persone impresentabili. Qualcuno auspicava l’entrata in politica di Maurizio Landini. Ma “è arrivato un secco niet da parte del leader della Fiom: “Io non mi chiamo Matteo e non mi candido. Il mio mestiere e’ nel sindacato, un sindacato che il governo vorrebbe sminuire e confinare nelle aziende, ma che invece ha un ruolo politico e deve poter dire la sua, sul lavoro e non solo”.

E poi: “La mia preoccupazione non e’ per cosa faro’ io fra tre anni, ma per cosa il governo sta facendo a questo Paese. Un governo che non e’ stato eletto dal popolo su questo programma, e un partito di maggioranza che non ha ancora capito che chi lo ha votato ora e’ contro di lui”. Andrebbe aggiunto che la convivenza  da separati in casa diventa insostenibile, specie quando gli obiettivi sono così diversi. Specie quando l’identità diventa il nemico da abbattere.

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