La posta in gioca delle prossime elezioni politiche

Il 4 dicembre 2016 ha rappresentato un punto di rottura

Un Referendum partito come celebrazione del percorso di riforme istituzionali voluto da Renzi, con l’entrare in crisi del suo rapporto con settori sempre più ampi di società italiana è diventato via via invece la sanzione dl una rottura, di una crisi. La sconfitta di un’intera strategia. 

L’elemento più preoccupante è che, fino ai commenti a caldo , la sera stessa del 30 aprile, dei risultati delle Primarie del Pd, e nella Assemblea nazionale del 7 maggio, non è emersa alcuna riconsiderazione strategica di linea o di prospettiva : è emersa  invece una sorta di  ‘riprendiamo da dove eravamo rimasti il 3 dicembre’, con qualche correzione, limatura, in alcuni casi persino pedisseque ripetizioni del pre-4 dicembre.

E’ una scelta legittima. 

Quanto essa però sia in grado di offrire opportunità convincenti per le prossime sfide elettorali è altrettanto legittimo dubitare. 

Tutta la situazione si è rimessa in movimento.

Uno degli esiti del Referendum, e del modo in cui ad esso (non) si è  reagito, è stato il determinarsi di una riarticolazione di tutto il campo alla sinistra del PD :ci sono ora strutture di movimento,   forze organizzate , posizioni che prima del Referendum , almeno per alcune di esse,   non si esprimevano in termini di autonomia di organizzazione e di prospettiva politica. 

Il congresso fondativo di Sinistra Italiana, il delinearsi del movimento di Giuliano Pisapia per un Campo Progressista e l’avvio del Movimento dei –Democratici e dei Progressisti, Art.1, direttamente dalla rottura intervenuta nel PD, con una sua notevole consistenza istituzionale: fatti e realtà che determinano una situazione per tanti versi nuova che potrebbe aprire prospettive difficilmente immaginabili prima. Al tempo stesso, per le contraddizioni e i limiti dai quali tutto questo si è originato, e per il modo in cui, appunto, dal PD, si continua a guardare al dopo 4 dicembre, esso può ben sfociare anche in una deflagrazione ed in una sconfitta dalle proporzioni difficilmente calcolabili per l’intero schieramento democratico e di sinistra.

A che condizioni la situazione può presentare opportunità nuove? 

Il primo dato che occorrerebbe assumere preliminarmente, e che invece si fa difficoltà ad assumere, è che nel combinato disposto di Referendum,Sentenza della Corte Costituzionale,Riorganizzazione del campo alla sinistra del PD, ciò che è risultato colpito nel profondo è stato un nodo centrale in tutta la strategia di Renzi e della stessa cultura materiale concreta che ha presieduto e accompagnato la nascita e lo sviluppo del PD, massimamente nell’impronta veltroniana :  l’idea del partito a vocazione maggioritaria, poi, in ultimo, della Nazione, che può crescere tanto, anche aiutato dagli strumenti elettorali, da fagocitare tutto ciò che gli è intorno e assumere una guida di lungo periodo del paese. 

Se non si parte dalla assunzione di questo dato non si ravviserà l’esigenza di una riorganizzazione strategica : e l’empasse del PD in questo momento è esattamente questo.

Ma prima ancora delle sanzioni istituzionali tra fine 2016 e inizi 2017, ciò che va colto, e al tempo stesso prima ancora   della articolazione della rappresentanza  su tre poli ( fatto già di per se’ sconvolgente lo schema bipolare entro cui era collocata la prospettiva del partito della Nazione : centro-destra, centro-sinistra, 5 stelle ), e che oggi si avvia ad una ulteriore polarizzazione con lo sviluppo di un campo potenzialmente non residuale alla sinistra del PD, è l’origine sociale di tutto ciò.

Quello che voglio dire è che queste dinamiche politico-isituzionali non si possono vedere separate dalla accelerazione della crisi del rapporto tra paese e politica e sue istituzioni democratiche.

L’inquietudine grande verso anche le prossime prove elettorali non nasce solo dall’incertezza naturale sull’esito del voto, ma dal fatto che la sanzione della rottura del rapporto dello schieramento democratico e progressista con larghi settori del paese aprirebbe la strada  ad una evoluzione della risposta alla crisi sociale e democratica del paese verso esiti oscuri e potenzialmente capaci di rappresentare una cesura sostanziale nella storia della Repubblica nata dalla Resistenza. 

Se non si ha consapevolezza di questo ben difficilmente ci si potrà orientare al meglio nel rispondere alla domanda sul  ‘che fare ?’.

Ripartire dalle risposte alla crisi economico sociale lunga un decennio

Cosa altro deve manifestarsi per rendere chiaro che l’evoluzione/involuzione politica è figlia diretta degli effetti di una crisi economica e di un modello di sviluppo che hanno squassato nel profondo le basi della convivenza civile, della sicurezza sociale e che porta settori sempre più larghi di popolazione, sempre più privi di tutela, di diritti, di quote di reddito, a non vedere più nella democrazia e nelle sue articolazioni politiche, lo strumento per rispondere ai problemi ma ad individuarle come invece l’origine di questi problemi ? 

Davvero ciò che sta accedendo negli Stati Uniti, o che si muove nella pancia dell’Europa e che si manifesta in mille modi, o che si è sfiorato in Francia con le elezioni presidenziali, in termini di razzismo, populismo, crescita della società del ‘rancore’ non dice niente ? 

La crisi della democrazia nasce in primo luogo da questo. 

Nasce dalla più gigantesca operazione di redistribuzione della ricchezza alla rovescia che ha segnato gli ultimi venti anni e che ha portato una situazione  probabilmente senza precedenti nella storia dell’umanità : l’1% della popolazione detiene da sola la stessa ricchezza con la quale devono vivere invece 6 miliardi di persone. 

Se è così, allora, o la democrazia e la politica ripartono da qui ed è su questo che scommettono , in una ambizione anch’essa di carattere epocale,   puntando  a costruire le condizioni  nuove affinchè i più possano  essere determinanti sui caratteri e sulle finalità dello sviluppo economico, dimostrando che è solo per questa via che si può immaginare un futuro di prosperità, di libertà, di giustizia sociale e di salvaguardia del pianeta, o una deriva populistico-autoritaria non solo è già aperta ma può essere destinata ad affermarsi come la via per uscire dalla crisi.

Sorprende davvero che si colga così poco la similitudine tra questa situazione e quella di poco meno di un secolo fa che, dalla crisi del  1929 portò a fascismo e nazismo qui, nel cuore dell’Europa, e ad una guerra distruttiva.

Occorre essere avvertiti di tutto ciò. Certo il mondo di oggi non è quello di cento anni fa. Così si dice il giusto e di dice una banalità. Nessuno immagina il replicarsi di forme e strumenti identici. Quasi cento anni dopo lo svuotamento, la inessenzialità democratica possono trovare tante forme per affermarsi.

Senza poi dimenticare i pericoli derivanti da un accumulo drammatico di tensioni e conflitti, spinti da una nuova spirale alla crescita della spesa degli armamenti, nel Sud-Est asiatico come nel Medio Oriente e in Africa.

Tutta la discussione sull’Europa, sul suo ruolo e sulla sua funzione,  è qui che trova la sua verifica prima. Ed è qui che trova la spinta ad un ineludibile e radicale cambio di rotta di politiche e di orientamenti. 

Sarà anche questo il banco di prova e di verifica del nuovo Presidente della Francia, paese che evita la vittoria di un populismo retrivo e pericoloso ma che ora è chiamato ad una sfida non meno difficile.

Per una nuova stagione democratica su scala globale 

Ovviamente, lo scongiurare esiti del genere e l’affermarsi di una nuova stagione democratica su scala globale , sono  legati alla capacità su questo terreno di costruire politiche, contenuti, idee, movimento della società, organizzazione politica che coinvolga settori sempre più estesi di una società spesso disorientata. 

Questo è pane per i denti di una sinistra che voglia tornare a scommettere sulla sua essenzialità sociale, democratica e ideale.

E qui torniamo al punto centrale di questa riflessione : come si vanno allineando le forze politiche e i movimenti che si riferiscono alla sinistra e al campo democratico non rispetto alle coerenze delle loro discussioni interne, o rispetto alle storie delle discussioni dei loro  gruppi dirigenti.

No è esattamente di questa discussione che non vi è alcun bisogno. 

Eppure appare ancora come la prevalente.

La verifica delle cose dipenderà dal come si risponde al tema di fondo che è posto di fronte al paese : una deriva a-democratica o populistica ci consegnerebbe una paese più diviso e più dipendente dalle grandi centrali del potere economico globale. E’ di questo che stiamo parlando. E’ su questo che si misura la funzione di ciascuna forza o movimento politico : se, quanto e come riesce a concorrere ad un nuovo orizzonte democratico e di spostamento di potere verso le masse popolari sottraendolo al capitale finanziario globale. Ed è  qui che torna l’esigenza dell’Europa soggetto politico mondiale, ancor di più di fronte al terrorismo, perché è evidente che  con uno sviluppo globalizzato un paese da solo non può avere la forza per condizionare gli esiti generali.

Ci vuole un tempo per questo cambio compiuto  di strategia 

Proprio perché è stato così profondo lo ‘smarrimento’ della sinistra negli ultimi venti anni, non potrà esserci un tempo breve per una sua riorganizzazione all’altezza delle esigenze di questo tempo presente nel quale sono state travolte speranze e illusioni , così tipiche della temperie culturale dominante a sinistra  a cavallo dei due secoli, di semplici acquietamenti, di morbide progressioni, e di tranquille navigazioni.

Il solo immaginare che sia possibile sul terreno della ‘mossa politica’, della polemica tra gruppi dirigenti interni al ceto politico, del contrasto quotidiano con polemica verbale ridondante e amplificata dal sistema mediatico     cercare di aprire una nuova rotta di navigazione risulta chiaramente illusorio. 

Proprio per la profondità delle cesure intervenute ci sarà bisogno di una gigantesca opera di innovazione nella cultura politica per restituire forza e capacità attrattiva a idealità che appaiono di straordinaria attualità nella deriva di un  mondo guidato dalle grandi concentrazioni  di capitale finanziario e di player globali dell’economia.

E la profondità delle risposte da cercare richiederà a sua volta una non meno radicale innovazione dal punto di vista delle forme e delle caratteristiche della organizzazione dei soggetti politici che vogliano immaginare una ripresa dell’espansione democratica : qui davvero i partiti, per come sono stati conosciuti per il loro essere stati architravi dell’Italia democratica del dopo-guerra, per la loro crisi verticale degli anni ’80, per le derive personalistiche e la loro chiusura nella legittimazione delle istituzioni successiva,  ma anche di fronte all’emergere di mille nuove domande, di nuovi mondi che reclamano protagonismo,  hanno percorsi nuovi da immaginare di fronte alla irriproponibilità delle forme del passato.

C’è un tempo politico lungo per realizzare un compito del genere. 

Ed è il tempo che dovrebbero darsi le esperienze a sinistra del Pd, da SI a Art.1 al Movimento di Giuliano Pisapia : un tempo per radicare il proprio discorso con il paese, per far emergere i tratti di nuove prospettive programmatiche e ideali, per aggregare energie nuove. 

E  questo non lo si accelera stringendo tutto invece nella polemica politicista o nello scontro permanente con il PD. 

La verità semplice che occorrerebbe acquisire è che più lo sforzo di innovazione va in profondità, più si lega al paese, più ne esprime e ne anima le parti migliori, più questo influenza positivamente e spinge a cambiare nella direzione giusta lo stesso PD : è la forza della tua capacità attrattiva e delle tue idee che, alla fine, se le hai, se ci sai lavorare su,  può vincere.

Né lo scenario nuovo si vedrebbe  accelerato  per effetto di un collasso del PD : ben difficilmente sulle macerie si potrebbe costruire qualcosa di buono. Tanto più se si conviene che nel corpo del PD vivono sensibilità e percorsi di militanza che hanno a che vedere con la storia e con la realtà della sinistra ( sempre più in sofferenza, ma un pezzo di quel popolo è lì!).

Ecco perché io penso che sia stato un bene che le Primarie, per quanto in grossa regressione di partecipazione rispetto alle precedenti e difficilmente proponibili esperienze passate, abbiano segnato un punto che non può non essere colto positivamente. E’ un bene che siano state comunque una esperienza di partecipazione larga, di attivazione di energie nei vari territori.

Ed ecco perché, insisto, occorre darsi un tempo da non attraversare in una guerra reciprocamente distruttiva. 

Ma il tempo non c’è. Ecco il paradosso. Recuperare tempo

Se alle porte ci fossero magnifiche e progressive sorti per la sinistra, allora….Ma se si condivide l’abbozzo di analisi sin qui sviluppata e si assume il dato che possiamo essere ad un passo da un processo di accelerazione delle spinte a-democratiche e populistiche, allora questo diventa il prius per definire una gerarchia delle priorità. 

Se è così allora si ha modo di comprendere come il passaggio delle prossime elezioni politiche sarà probabilmente quello più gravido di conseguenze rispetto a quelli degli ultimi anni. 

E non sarà indifferente il modo in cui ci si arriverà. 

Allo stato e senza nuove regole elettorali quali esiti potrà avere quel passaggio diversi da un risultato di ingovernabilità, antesignano di Grandi coalizioni che alcuni già apertamente invocano, o persino da una spallata dei 5 Stelle ? In entrambi i casi uno scenario che consoliderebbe tutte le tendenze negative in atto e segnerebbe una ulteriore verticale crescita della disaffezione verso la politica e la democrazia. 

Ecco perché se si vuole ‘recuperare tempo’ e, soprattutto, se si vuole ‘dare tempo’ al paese, sarà decisivo  affrontare il tema di una nuova legge elettorale e definire i contorni minimi di una alleanza per il governo del paese fondata su di una intesa tra le forze del centro e della sinistra. 

Se volete, un compromesso democratico tra il PD da un lato e il variegato mondo della sinistra dall’altro.

In questa affermazione c’è l’acquisizione di un dato : l’assunzione della realtà del PD come forza politica che certo ingloba anche un pezzo considerevole della militanza che è stata della sinistra, ma che sempre più, e massimamente con Renzi, esprime una vocazione di funzione e ruolo politico di forza di centro del sistema politico: è davvero singolare che Renzi si ‘riscaldi’ quando gli si fa osservare questo, perché è lui ad essersela scelta questa collocazione.

Contestualmente, si va delineando alla sua sinistra un campo di forze, esperienze, strutture organizzate che esplicitamente ritengono di poter lavorare ad un progetto per la Sinistra. Se questo progetto nutre ambizioni grandi, non può aver timore  confrontarsi con alcuno se in gioco è il destino del paese e dei suoi caratteri democratici di fondo. 

Insisto, se nonostante tutto si considera il prossimo come un anno ‘normale’, allora cade il presupposto di fondo di questo ragionamento.

Se non lo si considera tale, non si può non porsi il problema del ‘che fare’ qui ed ora. 

E’ il tema che è venuto ponendo  Giuliano Pisapia con grande forza e chiarezza, del resto.

Poi, può anche darsi che il tuo interlocutore si ritragga, può anche darsi che non accetti il terreno che tu gli proponi, può anche darsi che lui faccia scelte effettivamente in continuità con quanto sin qui fatto. 

Io ho dei dubbi.

Ma se anche così sarà, si sarà reso evidente che c’è una responsabilità precisa per il mancato dialogo e nel frattempo , chi questo dialogo ha promosso, sostenuto e su questo terreno incalzato, ne uscirà comunque più forte e come il vero argine nei confronti delle conseguenze di una sconfitta delle forze democratiche.

Questo discorso, per non essere tacciato giustamente di quel ‘politicismo’ che io stesso ‘contesto’ non può però non fare i conti con la situazione attuale: al momento le ragioni della rottura sono ampiamente prevalenti rispetto a quelle di una intesa. 

Non far trascorrere invano i prossimi mesi

Come costruire le condizioni, le basi di una intesa politica che muova proprio dall’avere acquisito, come detto, che vi sono due progetti strategici diversi e che però possono, io dico devono, trovare un terreno di intesa di salvaguardia democratica?

La prima verifica la si avrà sulla legge elettorale. Se il PD confermerà, come Renzi ha fatto la sera delle Primarie, che l’unica coalizione che vuole è quella con il popolo italiano, allora è evidente che ci sarà poco da discutere. Ma in questo Parlamento e con  i rapporti di forza attuali anche per Renzi è complicato far quello che vuole in solitaria. E nello stesso PD vivono posizioni diverse. Dunque, una legge elettorale di impianto proporzionale , con  premio di maggioranza su base coalizionale. Non vedo altro modo affinchè lo stesso  PD possa ‘vincere’ le prossime elezioni.  

Ma la verifica vera è nelle mani di Gentiloni e dei gruppi parlamentari di MDP e di SI. 

Nessuna intesa elettorale sarebbe credibile agli occhi degli Italiani e del disperso popolo della sinistra, se non fosse basata su alcune scelte che la costruiscano oggi per domani. E qui il tema delle scelte del Governo Gentiloni, di ciò che si farà in questi mesi, di che tipo di ‘Finanziaria’ si presenterà, di che azione a livello europeo e di fronte alla realtà drammatica del Mediterraneo è decisivo. 

A questo tema non possono sottrarsi il Governo e la sua maggioranza, peraltro al Senato molto in bilico…, e gli stessi Gruppi parlamentari di MDP in particolare, per la loro consistenza. 

Sarebbe importante se MDP, e la stessa SI, immaginassero di selezionare 2,3 priorità di contenuto capaci di ‘parlare’ direttamente del tipo di svolta a cui si intende alludere e che al tempo stesso si connettessero alle esigenze del Paese.

Il tempo è strettissimo ma il dovere di provarci c’è tutto. A cominciare dal lavoro, dai livelli insopportabili sul piano civile e democratico, di disoccupazione giovanile. A cominciare dalla più grande risorsa sprecata del Paese, insieme a quella dei giovani : il Mezzogiorno. A cominciare dal grande tema, su cui esperienze della nuova sinistra di Syriza, Podemos e intellettuali di grande respiro della sinistra come Luciano Gallino, hanno avanzato idee e proposte : come ridurre, intanto  a livello europeo , i margini di discrezionalità dei grandi gruppi finanziari ed economici, come avviare un processo di redistribuzione delle grandi ricchezze accumulate su scala globale.

Ci può essere un momento nel quale si chiamano le migliori energie intellettuali, sindacali, associative, protagoniste di esperienze creative, di innovazione e di lavoro sociale, del volontariato a confrontarsi intorno ad una prima essenziale piattaforma intorno a questi temi?

I prossimi passaggi sui Documenti di programmazione economica e finanziaria, possono vedere un confronto con il Governo su questi temi e su quello, strategico, delle risorse per la cultura e per la ricerca?

E lo stesso Gentiloni, non potrebbe trovare in questo, motivo di qualificazione ulteriore della propria azione di Governo e del proprio ruolo politico ? 

Può essere indicato al PD di Renzi un percorso del genere?

E’ lecito dubitare della possibilità di realizzarlo.

E’ indubbio che di esso ci sarebbe bisogno.

E’ altrettanto sicuro che chi vi si impegnerà seriamente e in modo convinto non potrà che trarre grandi giovamenti nel suo rapporto con il paese.

Insieme ad un altro elemento. Dal 1991 la crisi della sinistra ha consegnato la nascita di tante esperienze di aggregazione politica, tendenzialmente sempre più ristrette nella forza e nelle ambizioni. Ho avuto modo di attraversarla tutta quanta questa storia. Ho fatto un po’ di esperienza. Quello che mi sento di dire di fronte a nuove esperienze che nascono è che sarà fondamentale quanto esse saranno capaci di misurarsi con il tema della costruzione di una nuova legittimazione sociale, senza la quale nessuna strategia politica nuova può affermarsi. E quindi quanto sapranno caratterizzarsi come nuovi e originali strumenti di partecipazione democratica e al tempo stesso atti a  concorrere ad un cambiamento del paese che non rimandi solo ad un domani e solo alle pur necessarie svolte istituzionali e programmatiche, ma che, proprio per sostenerle, sappiano sviluppare   la capacità di costruire solidarietà, partecipazione, crescita civile , innovazione culturale giorno dopo giorno nei luoghi dove nella società vi è più bisogno di questo, andandoli a cercare, radicandosi lì. Ma su questo, a questo punto del discorso, converrà tornare. 

 

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