La sostenibile bellezza del Patrimonio

Quanti capolavori, quanti, incontriamo o auspichiamo di incontrare durante il nostro esistere?

Spesso non ci rendiamo nemmeno conto del portato di ingegno e bellezza racchiuso e svelato nella wunderkammer del patrimonio, dove per patrimonio intendiamo l’accezione culturale dell’infinito scrigno di valori materiali e immateriali – che rimandano ad altrettante opere frutto dell’esperienza e dell’operosità dell’uomo – e in cui si impone la dicotomia dei beni tangibili e intangibili. Perciò non solo manufatti in varia guisa e prodotti finiti di diversa natura più o meno nobile, ma anche quell’insieme di visionarietà e di saper fare del singolo individuo o della comunità messi in campo per ottenerli. L’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura) da parte sua nomina questo insieme come Patrimonio Culturale Immateriale, in cui all’interno insistono le tradizioni vive trasmesse di generazione in generazione – al netto delle ovvie innovazioni – tramite ad esempio l’espressione orale, le pratiche sociali e l’artigianato territoriale. Tale declinazione di patrimonio è fondamentale nel garantire il mantenimento della diversità culturale al cospetto di un’imperante e standardizzante globalizzazione, favorendo il dialogo ed il confronto interculturali, e parimenti il passaggio di incalcolabili competenze. 

Ad oggi l’UNESCO ha titolato come Patrimonio Immateriale 549 elementi in 127 paesi del mondo e, tra le innumerevoli ed eterogenee tematiche afferenti a questo folto gruppo, considerate anch’esse in base alla creatività umana e alla sostenibilità ambientale, ritroviamo quelle riconducibili al settore agroalimentare e per estensione enogastronomico. Nel 2010 la Dieta Mediterranea (elemento “transnazionale” che riguarda Cipro, Croazia, Grecia, Italia, Marocco, Portogallo e Spagna) è stata inserita nel novero come dinamico modello del convivio, del mangiare assieme trovando un corretto equilibrio tra gusto e aspetto nutrizionale connotato principalmente da olio extravergine di oliva, vino, frutta, verdura, legumi e pesce, e rispettando usi e costumi di ogni comunità. Nello stesso anno anche il “Pasto Gastronomico dei Francesi” è stato designato Patrimonio Culturale Immateriale, andando a porre l’accento sulla sapienza attraverso la quale i francesi scelgono le materie prime – in special modo locali – per confezionare le loro ricette e per poi combinare alla perfezione i manicaretti alle giuste bevande, vino in primis! 

Più recentemente e sempre in tema agroalimentare sono stati inseriti i patrimoni dedicati all’Arte del “pizzaiuolo” napoletano, l’Arte dei muretti a secco e la Transumanza (questi due ultimi entrambi elementi “transnazionali”) che, a ben vedere, sono legati assieme da un filo rosso secolare… 

Restando in tema di muretti, ci focalizziamo sull’isola di Pantelleria, in cui questo antichissimo mezzo di sostegno e protezione della vigna e altre colture ci introduce ad un patrimonio di cultura immateriale unico nel suo genere: l’Alberello pantesco che, come aveva citato il Professor Luigi Petrillo nella scheda di presentazione all’UNESCO, è pratica “creativa e sostenibile” perché adatta a difendere le viti di zibibbo dal costante vento che soffia sull’isola, evitando così l’erosione della stessa.

Ecco che, in questi pochi e coincisi esempi è racchiuso uno spaccato culturale immateriale che enfatizza il fascino di ognuno e ne sottolinea la bellezza dell’unicità, prerogative che sta a noi proteggere e trasmettere come inno  alla conoscenza delle diverse culture a chi verrà dopo di noi.

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