Gli operai di Genova a difesa dell’articolo 18

Epifani: “Dal governo proposte insostenibili”. Fiom: due ore di sciopero

ROMA – Tutti auspicano un accordo sulla riforma del mercato del lavoro. Il Presidente della Repubblica , a margine della commemorazione di Marco Biagi, il giuslavorista ucciso dalle Br, dieci anni fa, ha rivolto un appello alle parti sociali. Monti continua a dire che fino all’ultimo spera in un accordo. Il ministro Elsa Fornero parla di “ valore aggiunto” se c’è la firma delle parti sociali. Pdl, Pd, Terzo Polo che sostengono in governo auspicano che si raggiunga un accordo. Ma l’accordo non c’è, allo stato le possibilità che l’incontro di domani ,martedì, a Palazzo Chigi  sia risolutivo sono ben lontane.  Nella tarda serata non c’era notizia dell’incontro “ preliminare” al tavolo fra Fornero e i sindacati. “ Siamo belli  lontani”, aveva detto  Susanna  Camusso, qualche giorno fa . Conferma Guglielmo Epifani, già segretario generale della Cgil, oggi presidente della Fondazione Trentin.  Ma Fornero mentre  parla di “ valore aggiunto” ritiene che  le posizioni sostenute dai sindacati in merito all’articolo 18 sono “ attaccamenti simbolici, regole che fanno parte della loro storia, ma il mondo cambia, nessuno le vuole cambiare in modo punitivo “ Ma che si tratta del tentativo di smontare l’articolo 18  sono ben consapevoli i lavoratori appunto, i protagonisti di tante lotte per conquistare diritti, dignità, libertà. Non ci stanno a vedersi scippare parte della loro vita sindacale, politica, sociale. E prima che sia troppo tardi hanno cominciato a mandare chiari segnali al governo.

Primi scioperi e manifestazioni.Cresce la tensione sociale

Dalle fabbriche è partita la difesa dell’articolo 18. Non poteva che essere Genova, con la sua storia, le sue tradizioni, a dar vita alla prima manifestazione con un corteo  cui anno preso parte migliaia di lavoratori. Si parte  dai cancelli dell’Ilva a Cornigliano per raggiungere Sampierdarena. Operai dell’Ansaldo, dell’Ilva, della Fincantieri, dell’Elsag , Navali impianti, Poseico, Selecta e di quasi tutte fabbriche genovesi hanno bloccato il casello di Genova ovest per più di due ore.  A Bolzaneto si è svolto un altro corteo  di operai delle aziende Controlli, Sirti, Ultraflex, Siag, e Moog ,  con ripercussioni sul traffico nella Valpolvecera. Prime forti mobilitazioni anche in aziende della Lombardia, da Milano e Brescia a Monza. Ordini del giorno sono stati approvati dalle Rsu in aziende di tutto il Paese. E da domani, martedì, quando a Palazzo Chigi  si riapre il “tavolo” fra governo e parti sociali prenderanno il via gli scioperi di due ore proclamati dalla Fiom con un voto unanime del Comitato centrale.

Un movimento destinato a durare

Saranno le strutture sindacali territoriali e aziendali a decidere il calendario delle iniziative, un movimento destinato a durare, un obiettivo chiaro: non si modifica l’articolo 18. Nel caso vi fosse un accordo fra governo e parti sociali si dovrebbe sottoporre al referendum di tutti i lavoratori, giovani e precari. La Fiom auspica che si realizzi una intesa che segni una novità cancellando forme odiose di lavoro precario, come il lavoro a chiamata. questi i contratti a chiamata. Proprio dalla mobilitazione dei lavoratori dal clima di tensione che si avverte nel Paese, parte la conversazione con Guglielmo Epifani. “Le notizie che  ci arrivano sulle iniziative che vengono prese nei luoghi di lavoro sono il segno di una tensione che cresce,  il clima sociale- afferma- può diventare molto teso come più volte ha fatto presente Susanna Camusso”. “  Le proposte che l’esecutivo fa circolare  non sono sostenibili, non sono eque. Se il governo vuol fare un confronto vero, se davvero vuole fare l’accordo, il “ valore aggiunto” di cui parla Fornero, ascolti le ragioni dei sindacati, della Cgil”.
. Martedì il tavolo non esaurirà il confronto fra le parti,non solo perché i sindacati hanno convocato  gli organismi dirigenti, mercoledì il Direttivo della Cgil la trattativa, per valutare lo stato del confronto. Il  governo- fa presente Epifani-non ha ancora fatto una scelta chiara sull’atteggiamento da seguire nei confronti del sindacato “ di volta in volta aprendo sia a una compiuta logica negoziale sia al suo opposto: cioè procedere in modo unilaterale.  Ne faccia una, non ne può fare due opposte contemporaneamente. Così si assume la responsabilità dell’eventuale fallimento.

Inaccettabili  le misure per i  licenziamenti per motivi disciplinari

“ In realtà non c’è solo il nodo dell’articolo 18. Non c’è da essere soddisfatti per quanto emerge nelle posizione del governo. Epifani sintetizza così: “C’è troppo poco  se si pensa  all`ambizione del governo di ridisegnare una profonda riforma degli ammortizzatori sociali di tipo europeo, soprattutto per l`assenza di risorse; poco nella riduzione della precarietà rispetto al bisogno di semplificare realmente le oltre 40 tipologie contrattuali esistenti; tanto, tantissimo, nella riduzione delle tutele contro i licenziamenti ingiustificati e nello stravolgimento dell`articolo 18.”

Il punto dolente, lo scoglio, sono le procedure per i “licenziamento per motivi disciplinari”. “ Non ci siamo proprio- afferma Epifani- si tratta di proposte inaccettabili, che respingiamo,sarebbe la morte di questo articolo.”. Allora quale previsione  si può fare riguardo ai tempi in cui il “tavolo” rimarrà imbandito? “Intanto non ha senso legare i tempi del negoziato al viaggio del premier nei Paesi asiatici. Se si dovesse chiudere il tavolo  senza accordo, per responsabilità del governo- sottolinea Epifani-si rischia una rottura sociale “ che non sarà occasionale”. Non solo. Come si presenterà il governo al dibattito parlamentare nel caso non vi sia l’accordo? “Non è giustificabile un decreto legge -fa notare Epifani – visto che gli ammortizzatori sociali andranno a regime nel 2017 ,non si può parlare di urgenza”. Anche una legge delega in mancanza di un accordo non è proprio auspicabile. Quindi un normale iter significa che ancora tanta acqua deve passare sotto i ponti.  Nel Parlamento dovrà esserci un ampio dibattito dove ognuno assume le proprie responsabilità di fronte ai lavoratori, alle imprese, al Paese. Noi non ce ne staremo con la mani in mano “

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