Un biosensore innovativo per riconoscere l’Alzheimer

La ricerca dell’università canadese “Simon Fraser University” è stata pubblicato sulla rivista Nature Communications

Stando ai dati dell’OMS, oltre 55 milioni di persone nel mondo convivono con le malattie neurodegenerative. Tuttavia individuare l’Alzheimer nella fase iniziale può offrire ai pazienti una migliore possibilità di risposta ai trattamenti e creare opportunità per nuovi studi in grado di far progredire la ricerca.

I ricercatori canadesi della Simon Fraser University (SFU) hanno sviluppato un nuovo bio-sensore innovativo per lo screening e la diagnosi precoce dell’Alzheimer e di altre malattie.

Il team che fa parte del Nanodevice Fabrication Group della SFU fa sapere che il loro biosensore è in grado di rilevare una particolare citochina, (tipo specifico di proteina ndr) comunemente noto come Tumor Necrosis Factor alfa (TNF alfa).

L’aumento dei livelli di citochine nel corpo può essere un indicatore di salute, per cui identificare efficacemente il TNF alfa potrebbe rivelarsi un utile strumento di misurazione per valutare la salute di un individuo. Inoltre, gli studi hanno dimostrato che le “tempeste di citochine”, che sono una reazione infiammatoria al COVID-19, possono essere efficacemente trattate con inibitori delle citochine e quindi migliorare le possibilità di sopravvivenza.

Gli attuali metodi di test, come la spettrometria di massa e l’immunoassorbimento enzimatico (ELISA) per rilevare determinati biomarcatori, come le citochine, richiedono tecniche invasive per prelevare campioni. Questi campioni devono quindi spesso essere inviati a un laboratorio per i test, aumentando notevolmente il tempo necessario per ottenere dei risultati. Il biosensore progettato potrebbe offrire risultati rapidi senza la necessità di procedure invasive e costose.

“Il nostro obiettivo – preciso il team – è quello di sviluppare un sensore che sia meno invasivo, meno costoso e più semplice da usare rispetto ai metodi esistenti. Questi sensori sono anche piccoli e quindi potrebbero essere collocati negli studi medici per aiutare a diagnosticare diverse malattie, incluso il morbo di Alzheimer”.

Tecnologia di biorilevamento

I biosensori sono classificati come dispositivi analitici costruiti posizionando un recettore noto come elemento di bioriconoscimento su un trasduttore, che è quindi in grado di trasformare le interazioni tra l’elemento di bioriconoscimento e il target specificato in un segnale che può essere misurato. In altre parole, è un dispositivo utilizzato per il rilevamento di una sostanza biochimica combinando un rilevatore fisico-chimico con un componente biologico.

Il biosensore SFU è descritto come estremamente sensibile in quanto ha la capacità di rilevare il TNF alfa in concentrazioni nel sangue fino a 10 fM, che è molto inferiore ai livelli trovati in campioni di sangue sano, che è di circa 200-300 fM.

Il biosensore ha già dimostrato la prova del concetto rilevando efficacemente diversi livelli di TNF alfa fino a 10 fM nelle preparazioni di campioni sintetizzati. Il prossimo passo è spostare i test verso la rilevazione delle proteine ​​nel sangue e forse in altri fluidi corporei.

L’altro obiettivo è utilizzare lo stesso dispositivo ma con un recettore diverso per rilevare proteine ​​più specifiche per il morbo di Alzheimer.

Insomma il team spera di migliorare le capacità della tecnologia e renderla più efficace per l’uso pratico al di fuori dell’ambiente di laboratorio. Il biosensore ha comunque dimostrato risultati promettenti per il rilevamento rapido del TNF alfa con un semplice design a due elettrodi, aprendo potenzialmente la porta a test point-of-care di facile utilizzo nel prossimo futuro.

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