Il sogno della medicina moderna è quello di adottare tecniche mini-invasive e mirate per trattare numerose patologie, tra cui disordini neuronali e motori, che ad oggi vedono prevalentemente l’utilizzo di cure farmacologiche.
Grazie allo sviluppo di sofisticati dispositivi neuroelettronici negli ultimi decenni, è stato possibile modulare l’attività nervosa attraverso stimolazioni elettriche tramite l’impiego di elettrodi intracellulari ed extracellulari ultra-sottili, flessibili e altamente performanti.
Tuttavia, nonostante i notevoli progressi tecnologici, rimangono ancora numerose sfide da affrontare per rendere questi dispositivi applicabili in ambito clinico, come l’integrazione perfetta ed efficace dei componenti elettronici nei tessuti neurali, la stabilità a lungo termine e la disponibilità di modelli validi per testare l’efficacia dei dispositivi bioelettronici in vivo.
Oggi, il gruppo di ricerca guidato da Claudia Tortiglione presso l’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti del Consiglio nazionale delle ricerche di Pozzuoli (Cnr-Isasi), è riuscito a fare un passo avanti nello sviluppo di dispositivi neuroelettronici, scoprendo nuove interazioni tra la materia vivente e i composti sintetici, aprendo così prospettive innovative nel campo della neuromodulazione.
Il team di ricerca, che annovera anche le ricercatrici Angela Tino e Silvia Santillo, ha recentemente pubblicato uno studio sulla rivista Science Advances che ha dimostrato l’efficacia di una molecola organica semiconduttore, sintetizzata presso il Laboratory of Organic Electronics dell’Università di Linköping, nella stimolazione di specifiche reti neuronali nel polipo Hydra vulgaris.
In particolare, l’oligomero coniugato ETE-S ha dimostrato di essere in grado di attivare il movimento dei tentacoli e le contrazioni spontanee del corpo dell’animale, inducendo una risposta comportamentale precisa. L’approccio farmacologico ed elettrofisiologico ha permesso di dimostrare che tale effetto è da attribuire alla modulazione dell’attività elettrica dei neuroni localizzati nella testa dell’animale.
Questo studio rappresenta un importante passo verso l’impiego di organismi modello, come i polipi, nella bioelettronica e nelle neuroscienze, essendo questi animali diventati preziosi strumenti di indagine per la predizione e lo studio del meccanismo d’azione di composti neuro-attivi.
La sorprendente funzione neuromodulatoria esercitata da un semiconduttore organico su una semplice rete nervosa pone l’accento sull’importanza di studiare gli effetti dei monomeri nella progettazione di interfacce neurali polimeriche. Ciò consente di ampliare il campo dei fenomeni chimico-fisici operanti all’interfaccia tra strutture bioelettroniche e materia vivente, aprendo la strada a nuove applicazioni biomediche.
Una comprensione accurata di questo processo potrebbe portare a risultati significativi nel trattamento delle patologie neurali. Pertanto, occorre prestare particolare attenzione alla scelta dei materiali utilizzati nelle interfacce mediche in modo da ottimizzare le prestazioni e garantire risultati affidabili e sostenibili a lungo termine.