Spazio: alla ricerca di nuove forme di vita

Un recente studio condotto dal MIT, Massachusetts Institute of Technology, ha rivelato che la presenza di un’atmosfera con elevate quantità di carbonio potrebbe indicare la presenza di acqua e, potenzialmente, di vita su altri pianeti.

Inoltre, gli scienziati hanno suggerito che invece di cercare la presenza di una caratteristica chimica nelle atmosfere dei pianeti in questione, la migliore possibilità di individuare forme di vita extraterrestri sarebbe cercare la sua assenza.

In pratica, un basso livello di anidride carbonica riscontrato in un pianeta terrestre potrebbe rappresentare un promettente segnale di acqua liquida sulla sua superficie e, di conseguenza, di vita. Queste interessanti scoperte offrono preziose indicazioni per la comunità scientifica impegnata nella ricerca di forme di vita al di fuori del nostro pianeta.

Inoltre, il segnale di abitabilità rilevabile ora è nel mirino del James Webb Space Telescope (JWST) della NASA. In passato, gli scienziati avevano proposto altre caratteristiche che potessero essere indicatori di abitabilità, ma erano difficili da misurare con le attuali tecnologie. Il team ha individuato una nuova firma costituita da anidride carbonica relativamente impoverita che sembra essere l’unico segnale di abitabilità rilevabile al momento.

James Webb Space Telescope (JWST) della NASA

“Il nostro obiettivo è sempre stato quello di scoprire mondi abitabili e la presenza di vita, ma finora tutti gli indicatori erano fuori dalla portata degli osservatori più nuovi”, ha affermato Julien de Wit, assistente professore di scienze planetarie al MIT. “Finalmente abbiamo trovato un modo per scoprire se c’è acqua liquida su un altro pianeta e questo potrebbe accadere nei prossimi anni”.

I risultati dello studio, co-condotto da Amaury Triaud dell’Università di Birmingham nel Regno Unito, sono stati pubblicati su Nature Astronomy.

Il team di ricerca è composto anche da Benjamin Rackham, Prajwal Niraula, Ana Glidden Oliver Jagoutz, Matej Peč, Janusz Petkowski e Sara Seager del MIT, Frieder Klein della Woods Hole Oceanographic Institution (WHOI), Martin Turbet dell’Ècole Polytechnique in Francia e Franck Selsis del Laboratoire d’astrofisique de Bordeaux.

Fino ad ora, gli astronomi hanno individuato oltre 5.200 pianeti al di fuori del nostro sistema solare. Con l’ausilio dei telescopi attuali, gli esperti sono capaci di misurare direttamente la distanza tra un pianeta e la propria stella, nonché il tempo necessario per completare un’orbitalizzazione.

Grazie a questi dati, gli scienziati possono inoltre dedurre se un pianeta potrebbe trovarsi in una zona potenzialmente abitabile. Tuttavia, esiste ancora difficoltà nell’affermare con certezza se su questi pianeti esiste acqua liquida, fondamentale per la vita.

Gli oceani liquidi all’interno del nostro sistema solare sono stati individuati attraverso i cosiddetti “luccichii”, ovvero i riflessi di luce solare che si specchiano sulla superficie liquida. In particolare, i luccichii sono stati osservati anche sulla luna di Saturno, Titano, dimostrando la presenza di grandi masse d’acqua.

Tuttavia, individuare simili caratteristiche su pianeti distanti rimane ancora una sfida tecnologica. Gli scienziati de Wit e Triaud hanno però pensato ad un’altra possibile soluzione: analizzare i pianeti terrestri presenti nel nostro sistema. Secondo loro, questi potrebbero presentare una caratteristica fondamentale per l’abitabilità, individuabile anche in altri pianeti lontani: una densa atmosfera composta da elementi chimici specifici. Questa potrebbe rappresentare un importante passo avanti nello studio dell’abitabilità dei pianeti.

Marte

Venere, Terra e Marte condividono diverse similitudini, inclusa la loro composizione rocciosa e la loro ubicazione relativamente vicina al sole. Tuttavia, la Terra è il solo pianeta del trio a ospitare vasti oceani di acqua liquida e il nostro team ha potuto constatare un’altra distinzione evidente: l’atmosfera terrestre presenta significativamente meno anidride carbonica rispetto ai suoi vicini planetari.

Partendo dal presupposto che questi pianeti sono nati attraverso processi simili, la mancanza di anidride carbonica nell’atmosfera terrestre ci suggerisce che il carbonio debba essere stato trasportato altrove. Secondo Triaud, l’unica spiegazione plausibile risiede in un intenso ciclo dell’acqua che coinvolga enormi quantità di acqua liquida.

Effettivamente, gli oceani terrestri hanno giocato un ruolo cruciale e persistente nell’assorbimento dell’anidride carbonica. Nel corso di centinaia di milioni di anni, gli oceani hanno assorbito una quantità enorme di gas, pari quasi a quella presente attualmente nell’atmosfera di Venere. Questo processo su larga scala ha lasciato l’atmosfera terrestre notevolmente povera di anidride carbonica rispetto ai suoi vicini planetari.

“Sulla Terra, nel corso di miliardi di anni, gran parte dell’anidride carbonica atmosferica è stata sequestrata nell’acqua di mare e nella roccia solida, contribuendo alla regolazione del clima e dell’abitabilità del nostro pianeta.” Afferma con precisione e competenza il coautore dello studio Frieder Klein.

Il team di ricerca ha concluso che la rilevazione di un simile impoverimento di anidride carbonica su un pianeta lontano rispetto ai suoi vicini sarebbe un segnale affidabile della presenza di oceani liquidi e vita sulla sua superficie.

“Dopo un’attenta analisi della letteratura di molteplici campi, dalla biologia alla chimica, fino al sequestro del carbonio nel contesto del cambiamento climatico, crediamo fermamente che l’esaurimento del carbonio sia un forte segnale di acqua liquida e/o di vita,” afferma De Wit con professionalità.

Questa importante scoperta rappresenta una tabella di marcia verso la ricerca della vita su altre forme di pianeti.

Nel loro studio, il team ha sviluppato una strategia mirata a individuare pianeti abitabili attraverso la verifica di una traccia di anidride carbonica povera. Questa ricerca risulterebbe maggiormente efficace per i cosiddetti sistemi “piselli in un baccello”, composti da una pluralità di pianeti terrestri della stessa dimensione, orbitanti relativamente vicini tra loro, similmente al nostro sistema solare.

Come primo passo, il team propone di confermare la presenza di atmosfera sui pianeti, attraverso la ricerca di tracce di anidride carbonica, che dovrebbe essere presente nella maggior parte delle atmosfere planetarie.

“La rivelazione di anidride carbonica potrebbe svelare la presenza di atmosfere su esopianeti, in quanto essa assorbe efficacemente nell’infrarosso e può essere facilmente rilevata”, spiega de Wit.

Dopo aver accertato che più pianeti in un sistema hanno un’atmosfera, gli astronomi procederanno a misurare il loro contenuto di anidride carbonica, al fine di valutare eventuali differenze significative tra i vari pianeti.

Qualora uno di essi dovesse presentare una quantità significativamente inferiore di anidride carbonica rispetto agli altri, è probabile che esso sia abitabile, ovvero che contenga considerevoli quantità di acqua liquida sulla sua superficie. In questo modo, la ricerca si propone di individuare pianeti idonei per la vita, contribuendo alla nostra conoscenza del cosmo.

Le condizioni abitative non garantiscono la presenza di vita su un pianeta. Pertanto, il team di ricercatori suggerisce di concentrarsi sull’analisi dell’atmosfera di un pianeta in cerca di un’altra caratteristica: l’ozono.

Sulla Terra, gli esperti hanno notato che le piante e alcuni microbi possono assorbire l’anidride carbonica emettendo ossigeno. Quest’ultimo reagisce con la luce solare, dando vita all’ozono, facilmente rilevabile. Se l’atmosfera di un pianeta mostra segni sia di ozono che di anidride carbonica ridotta, è altamente probabile che sia un ambiente abitabile e soprattutto abitato.

“Il rilevamento dell’ozono è la prova più solida che vi sia attività biologica sulla superficie del pianeta”, spiega Triaud. “La presenza di vita non è dettata solo dalla presenza di batteri, ma da una vasta biomassa capace di elaborare enormi quantità di carbonio e di interagire con esso”.

Il team di esplorazione spaziale stima che il telescopio spaziale James Webb della NASA sia in grado di effettuare la misurazione dell’anidride carbonica e, potenzialmente, dell’ozono, nei sistemi planetari multipli vicini come TRAPPIST-1. Questo sistema, composto da sette pianeti che orbitano intorno a una brillante stella, si trova ad appena 40 anni luce dalla Terra.

Secondo de Wit, “TRAPPIST-1 rappresenta uno dei pochi sistemi in cui possiamo condurre studi atmosferici simili a quelli terrestri attraverso il JWST. Grazie alla nostra tabella di marcia, siamo sulla buona strada per individuare pianeti abitabili. Se lavoriamo in collaborazione, nelle prossime annate potremmo fare scoperte straordinarie”.

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