L’intelligenza artificiale: velocità decuplicata per produrre nuovi farmaci per il Parkinson

L’intelligenza artificiale (IA) sta rivoluzionando la ricerca sui trattamenti per il morbo di Parkinson, velocizzando significativamente l’identificazione dei farmaci più promettenti. I risultati sono stati pubblicati su Nature Chemical Biology

I ricercatori dell’Università di Cambridge hanno messo a punto una tecnologia basata sull’apprendimento automatico che analizza milioni di sostanze chimiche per scoprire inibitori efficaci dell’aggregazione dell’alfa-sinucleina, una proteina chiave nella patologia del Parkinson.

Il team di ricerca ha sfruttato l’apprendimento automatico per esaminare rapidamente vasti archivi di composti chimici, individuando cinque sostanze particolarmente promettenti per ulteriori test. Questa malattia neurodegenerativa affligge oltre sei milioni di persone globalmente, una cifra destinata a triplicarsi entro il 2040. Attualmente, mancano terapie che modifichino l’evoluzione della malattia, rendendo il processo di screening un impegno costoso e spesso infruttuoso.

Il Parkinson è la condizione neurologica a più rapido incremento nel mondo.
Più di sei milioni di persone in tutto il mondo sono affette dal morbo di Parkinson. Questo numero è previsto triplicarsi entro il 2040

Grazie all’IA, i ricercatori hanno potuto così ridurre i tempi di screening iniziali di dieci volte e i costi di mille volte, facilitando un più rapido avanzamento dei trattamenti potenziali verso le fasi di sperimentazione clinica.

La malattia non solo influisce sulla motilità ma anche su altri aspetti come il sistema gastrointestinale, nervoso, il sonno, l’umore e le funzioni cognitive, contribuendo a ridurre significativamente la qualità della vita.

Le proteine, al centro di processi cellulari cruciali, possono alterarsi nel Parkinson formando aggregati anormali noti come corpi di Lewy, che compromettono le funzioni cerebrali. Identificare molecole che impediscono questa aggregazione è fondamentale, ma tradizionalmente dispendioso in termini di tempo.

Il Prof. Michele Vendruscolo del Dipartimento di Chimica Yusuf Hamied ha guidato il team che ha sviluppato un modello di apprendimento automatico iterativo per identificare e perfezionare i composti in grado di legarsi agli aggregati amiloidi e bloccarne la diffusione.

Prof. Michele Vendruscolo

Questa strategia computazionale ha permesso di identificare inibitori fino a centinaia di volte più potenti e più economici rispetto a quelli conosciuti precedentemente.

“L’apprendimento automatico sta accelerando l’intero processo di identificazione dei candidati più promettenti”, ha detto Vendruscolo, aggiungendo che la riduzione dei costi e dei tempi permette di espandere i programmi di ricerca. “È un momento entusiasmante”, ha concluso, evidenziando l’impatto di questa tecnologia sulla scoperta di farmaci.

La ricerca è stata effettuata grazie al sostegno del Fondo di investimento per la partnership di ricerca del Regno Unito (UKRPIF), volto a trasferire i risultati della ricerca accademica in trattamenti clinici.

Condividi sui social

Articoli correlati