Un dispositivo innovativo che rilascia farmaco direttamente nella vescica ha ottenuto un tasso di risposta completa dell’82%, aprendo nuove prospettive terapeutiche per i pazienti ad alto rischio.
Un dispositivo sperimentale che cambia la cura del carcinoma uroteliale
Lo studio multicentrico internazionale SunRISe-1, pubblicato sul Journal of Clinical Oncology, segna una svolta nella lotta al tumore della vescica non muscolo invasivo ad alto rischio. Protagonista della ricerca è l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena (IRE) di Roma, primo centro al mondo per numero di pazienti arruolati.
Il dispositivo sperimentale TAR-200, paragonabile a un “cerotto medicato interno”, viene posizionato all’interno della vescica e rilascia in maniera continua e controllata il chemioterapico gemcitabina. A differenza delle terapie tradizionali, in cui il farmaco resta a contatto con la mucosa vescicale solo per breve tempo, TAR-200 garantisce una distribuzione costante, simile a un “innaffiatoio a goccia”.
Risultati clinici: 82% di risposta completa
I dati dello studio parlano chiaro: nei pazienti affetti da carcinoma uroteliale ad alto rischio non più responsivi all’immunoterapia con BCG, il nuovo dispositivo ha ottenuto un tasso di risposta completa dell’82%, mai registrato prima. Le risposte si sono dimostrate rapide, durature e ben tollerate, riducendo la necessità di ricorrere alla cistectomia radicale, l’intervento chirurgico più invasivo che comporta la rimozione della vescica.
Il trial, coordinato dall’University of Southern California, ha coinvolto 142 centri in 14 Paesi. L’IRE di Roma non solo ha arruolato il maggior numero di pazienti, ma ha anche superato con successo l’ispezione della Food and Drug Administration (FDA) statunitense, a conferma della qualità della ricerca.
Epidemiologia del tumore alla vescica
Il tumore della vescica rappresenta la seconda neoplasia urologica più comune dopo il carcinoma prostatico. In Italia si registrano ogni anno circa 29.700 nuovi casi, con una prevalenza nettamente maggiore negli uomini, colpiti quasi quattro volte più delle donne, soprattutto nella fascia tra i 60 e i 70 anni.
Le forme non muscolo invasive ad alto rischio presentano un’elevata probabilità di recidiva, anche dopo resezione e immunoterapia con BCG. In questi casi, la cistectomia radicale è spesso l’unica opzione, pur comportando gravi conseguenze sulla qualità di vita. TAR-200 offre quindi una nuova strategia terapeutica meno invasiva e più mirata.
L’impegno dell’IRE: ricerca, innovazione e reinvestimento
“Questi risultati rappresentano un passo avanti decisivo verso terapie innovative, meno invasive e più tollerabili per i nostri pazienti”, sottolinea Giuseppe Simone, direttore della UOC di Urologia IRE.
Parallelamente allo studio SunRISe-1, l’Istituto ha avviato il nuovo Programma di Uro-Oncologia, sostenuto dai fondi del 5×1000. “La ricerca è la forma più concreta di restituzione alla comunità”, afferma Giovanni Blandino, direttore scientifico ff dell’IRE.
Per Livio De Angelis, direttore generale IFO, l’iniziativa conferma il ruolo dell’Istituto come centro di eccellenza capace di trasformare i risultati della ricerca in nuove opportunità di cura e rafforzare la sanità pubblica.

