Calcio, partite truccate. Un’unica soluzione: abolire le scommesse

ROMA – Secondo i dati elaborati in una ricerca dell’Early Warning System, organismo fondato dalla Fifa per salvaguardare l’integrità dei match calcistici in Europa, si stima che, su un fatturato annuo complessivo vicino ai 300 miliardi di euro in scommesse, circa 150 miliardi sono attribuibili a gioco irregolare o illegale. Siamo al 50%. Indagini delle forze di polizia indicano proprio nelle scommesse calcistiche in Italia una fonte privilegiata di guadagni per la criminalità organizzata, che utilizza le puntate anche per riciclare il denaro sporco proveniente dagli enormi affari della cocaina.

Dall’inchiesta della magistratura di Cremona non sta spuntando nulla di nuovo rispetto a quanto, in Italia, è successo trent’anni fa: un fenomeno di manipolazione di partite e campionati che, in realtà, non è mai terminato. Le organizzazioni criminali, tramite mediatori ed ex calciatori, creano un giro di amicizie e di investitori che, grazie alla compiacenza ben retribuita di difensori e soprattutto di portieri, riesce ad incidere sui risultati di determinate partite, incassando dividendi milionari. Se si considera che gli investimenti sono settimanali e che il giro di liquidità in nero è enorme, si può comprendere la portata dell’affare.

Da un’informativa dello Sco, il servizio centrale operativo della polizia, risulta che soltanto su una partita, giudicata “anomala” dagli investigatori, Padova-Atalanta, furono giocati, eslcusivamente sui siti asiatici, 23 milioni di euro. Risulta dalle carte dell’inchiesta che su un’altra partita, Benevento-Cosenza, gli scommettitori del giro, su 35 mila euro investiti, ne incassarono 85 mila.

UN GIRO MONDIALE. Non si deve credere che il calcio scommesse esista solamente in Italia. La Fifa sa bene che si tratta di un fenomeno oramai di portata internazionale e che è impossibile fermare. Agli inizi di maggio, Fifa e Interpol hanno scoperto un giro internazionale di scommesse, che oramai coinvolgeva perfino i campionati minori in Canada, con un giro di affari di centinaia di milioni di dollari e la partecipazione di sei federazioni internazionali. Secondo un’inchiesta avviata dalla magistratura di Bochum, in Germania, una potentissima organizzazione con a capo un croato, Ante Sapina, era riuscita a coinvolgere nei suoi affari circa 300 partite internazionali, comprese alcune di Champions League e perfino una delle qualificazioni ai Mondiali del 2010. Il croato, attualmente detenuto in Germania e uscito su cauzione, collabora con la polizia ed ha spiegato l’enorme ramificazione della sua organizzazione criminale. Insieme al connazionale Marijo Cvrtak, Sapina avrebbe truccato partite in Ungheria, Turchia, Slovenia, Belgio. Il direttore di gara bosniaco, Novo Panic, con 40 mila euro di compenso, avrebbe manipolato il risultato della partita di qualificazione ai Mondiali fra Liechtenstein e Finlandia, assicurando i due gol nel secondo tempo necessari per vincere le scommesse. Sapina emetteva un suo schema di partite con l’attribuzione delle stellette: quelle classificato con il massimo (cinque stellette) erano date per sicure, in quanto era riuscito a comprare l’arbitro. Dell’inchiesta della magistratura tedesca colpisce un altro particolare: le organizzazioni criminali tendono a concentrare i propri interessi sulle partite meno in vista, quelle nelle quali almeno una squadra non ha nulla da perdere. Puntando su un risultato secco, si possono incassare migliaia di euro, senza che media e ispettori della Fifa abbiano nulla da dire.

BLATTER CORRE AI RIPARI. Joseph Blatter è consapevole che il calcio scommesse è in grado di vulnerare definitivamente la credibilità di quel gioiello che produce profitti altissimi che è lo sport più popolare del mondo. Per questo, in un accordo siglato con i vertici dell’Interpol, ha deciso di finanziare con 20 milioni di euro la lotta alla corruzione. Ma è vano ritenere che soltanto l’azione di polizia e magistrati possa debellare il fenomeno. Una soluzione potrebbe essere l’abolizione delle scommesse, che però creerebbe un mercato illegale forse altrettanto pericoloso, come succedeva in Italia prima che le scommesse fossero legalizzate. Ma il divieto almeno imporrebbe un rigore etico maggiore soprattutto allo Stato, che ricava ingenti entrate dal gioco. Per farsene un’idea basterà considerare che, nel 2010, il giro di affari delle scommesse calcistiche in Italia è ammontato a 2 miliardi 390 milioni di euro, con un aumento del 12% rispetto all’anno precedente. E che lo Stato incassa il 2% per le scommesse composte fino a sette eventi e il 5% per quelle con più di sette eventi. Insomma, piatto ricco mi ci ficco.

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