Uruguay. La legge sull’aborto passa alla Camera

…ma non accontenta tutte le donne        

 

Nel 2008 l’allora presidente Tabarè Vasquez, primo presidente socialista del paese sudamericano, si era rifiutato di firmare, e quindi ratificare, la legge che regolamentava l’interruzione volontaria di gravidanza vanificando tutti gli sforzi del Parlamento e delle organizzazioni femminili e sociali che l’avevano sostenuta.

Questa volta non sarà così e la legge di depenalizzazione dell’aborto, che ieri ha ricevuto il via libera dalla Camera dei deputati con 50 voti a favore e 49 contrari, dovrebbe avere, da ora in poi, vita più facile. Al Senato, dove è stata inviata, ci dovrebbero essere i voti e l’attuale presidente José Pepe Mujica ha già detto che non farà come il suo predecessore e la firmerà. Il testo si basa sulla proposta del deputato del Partito Indipendente Iván Posada e dice che non si applicano le sanzioni previste dalla legge del 1938 per il reato di aborto (reclusione dai 3 ai 9 mesi per la donna che ricorre all’aborto, dai 6 ai 24 mesi per chi pratica l’aborto e dai 2 agli 8 anni per chi lo esegue senza il consenso della donna) se la donna che chiede l’interruzione soddisfa determinati requisiti e si fa seguire da un istituto di cura affiliato al Sistema Sanitario Nazionale Integrato. I requisiti previsti sono che la donna con una gravidanza indesiderata si rechi, entro le 12 settimane, presso il suo servizio di salute e racconti, durante una visita medica, i motivi che hanno portato alla gravidanza e spieghi il perché della sua volontà di abortire. Il medico la invierà quindi ad un team multidisciplinare composto da un ginecologo, un professionista della salute mentale e un assistente sociale che dovrebbero informarla circa i sostegni alla maternità, la possibilità di dare in adozione il bambino e il rischio relativo alla pratica dell’aborto. La donna ha poi un periodo di 5 giorni per “riflettere” sulla sua decisione e, se persiste con l’intenzione di interrompere la gravidanza, l’istituzione sanitaria coordinerà l’interruzione immediata. La legge prevede anche l’obiezione di coscienza per i medici e il personale sanitario. Non si applicherà il termine delle 12 settimane nel caso in cui la gravidanza sia il frutto di uno stupro, se ci sono rischi per la salute o la vita della donna o se sussistono “malformazioni fetali gravi, incompatibili con la vita extrauterina”.

La legge che ieri ha compiuto il suo primo passo nel Parlamento è il frutto di un compromesso e di negoziazioni, portate avanti da Posada del Partito Indipendente con il gruppo del Frente Amplio che rappresenta la maggioranza. Infatti il Senato uruguaiano aveva approvato lo scorso dicembre un altro progetto di legge sulla stessa materia che da allora si è arenato alla Camera dei Deputati perché il suo motore principale, cioè lo stesso Frente Amplio, non è riuscito a raccogliere il consenso necessario a causa di due dei suoi deputati che hanno rifiutato di votarlo. Si trattava di un progetto di legalizzazione e non depenalizzazione dell’IVG. Proprio per questo motivo qualche giorno fa la Coordinadora por el Aborto Legal in Uruguay, nella sede del sindacato (PIT-CNT) ha fortemente contestato il testo poi approvato ieri. “E’ una presa in giro – ha detto Lilian Abracinskas, membro della Coordinación Nacional de Organizaciones por la Defensa de la Salud Reproductiva – il testo violenta i diritti delle donne e rende inaccessibile l’aborto”. Le organizzazioni della società civile e dei sindacati che hanno convocato una conferenza stampa hanno poi denunciato che il disegno di legge rende più difficile per le donne l’accesso all’aborto, che nel testo della legge viene criminalizzata ogni procedura medica o farmacologica che non sia espressamente citata e hanno sottolineato l’umiliazione a cui vengono sottoposte le donne a dover incontrare un “tribunale” al quale devono spiegare perché vogliono abortire. “Nessuna delle proposte formulate dalla Coordinación Nacional de Organizaciones por la Defensa de la Salud Reproductiva è stata presa in considerazione nel progetto, il Parlamento ha voltato le spalle alle donne e alle organizzazioni della società civile” ha detto Abracinskas.

In Uruguay si verificano, secondo i dati ufficiali, circa 30.000 aborti illegali l’anno ma secondo le stime delle organizzazioni di difesa delle donne questo numero è fortemente sottostimato e dovrebbe essere raddoppiato.

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