Erano arrivate in tante le donne alla scuola d’arte Bauhaus fondata dall’architetto tedesco Walter Gropius dopo la Prima guerra mondiale, perché la scuola aveva annunciato una nuova era: quella di una società diversa, basata sulla parità di genere.
Aveva come obiettivo principale quello di conciliare creazione artistica e metodo artigianale con la produzione industriale, unendo cioè il valore estetico di un oggetto, la sua bellezza, con la componente tecnica e funzionale.
Ebbe sede dal 1919 al 1925 a Dessau, dal 1925 al 1933 a Berlino. Operò durante la Repubblica di Weimar e fu chiusa dall’avvento del nazionalsocialismo, che dell’arte e della cultura è sempre stato nemico.
La rivoluzione incoraggiata dalla scuola fondata da Walter Gropius inizialmente aveva attirato quasi cinquecento allieve, speranzose di un’esperienza diversa dalle polverose accademie d’arte.
Ma, come accaduto anche ad alcune note scrittrici del tempo, molte di loro lavorarono per il marito ed era lui a raccogliere gli onori; altre, una volta sposatesi, dovettero abbandonare l’impegno alla Bauhaus ed occuparsi solo della famiglia; altre ancora faticarono per ottenere lo stesso stipendio dell’uomo che, a parte qualche aumento, non fu mai pari.
La Bauhaus rese famosi i nomi di Paul Klee, Walter Gropius, Oskar Schlemmer, Johannes Itten, ma trascurò le talentuose artiste femmine, che vi presero parte anche in numero maggiore, delle quali oggi sono stati tramandati lavori di estremo valore.
Susanne Radelhof autrice del documentario Bauhausfrauen, le donne della Bauhaus, guidata dalle interviste ad Elisabeth Otto – autrice del saggio “Haunted Bauhaus. Occult spirituality, gender fluidity, queer identities and radical politics” – con le testimonianze di parenti, studiosi e immagini di repertorio, racconta le vicende delle protagoniste della Bauhaus e l’importanza della loro arte sino ai giorni nostri.
Tra le donne che vi presero parte vanno rivalutate le dimenticate Alma Busher, creatrice di prototipi all’avanguardia; Marianne Brandt, visionaria disegnatrice industriale; Gunta Stölzl, maestra del design tessile moderno; la poliedrica Friedl Dicker e la fotografa Lucia Moholy, i cui scatti definiscono tuttora l’immagine che abbiamo della Bauhaus.
Le loro vite sono quelle di cinque pioniere dell’emancipazione femminile.
Il fatto che tali artiste siano state relegate all’oblio e oggi quasi nessuno ne parli, non implica che la loro presenza sia stata di minore rilievo: basti dire che attualmente l’azienda tedesca Tecta produce riproduzioni di arredamento (progettato spesso da donne) della Bauhaus con l’aiuto di documenti ufficiali.
Le centinaia di talentuose ragazze formatesi alla Staatliches Bauhaus della Repubblica hanno avuto un influsso diretto sull’attuale nostra visione del design e hanno contribuito alla fama e all’autorevolezza di questo movimento in ogni parte del mondo.
The women of the Bauhaus, le donne della Bauhaus, di Susanne Radelhof ì visibile su Mymovies One, nella sezione del festival Lo schermo dell’arte.
The women of the Bauhaus
Regia di Susann Radelhof
Genere Documentario
Germania, 2019.
Visibile su Mymovies One
Sezione “Lo schermo dell’arte”