A colloquio con Riccardo A. Mangiacapra, autore di “La linea gialla”: tra romanzo e story telling

Riccardo Alberto Mangiacapra, è un poeta ma anche uno scrittore, che ama raccontare storie “verosimili” che sono ambientate in un contesto sociale contemporaneo, che il lettore può facilmente accumunare al proprio e sentire “familiare”, così come nel caso de “La linea gialla”.

Questo è il titolo del suo primo romanzo, che racconta, la storia di Enrico, un imprenditore di mezza età, divorziato e disincantato alle prese con il post-pandemia e tutte le complicazioni che ciò ha comportato: crisi economica e un maggiore isolamento interpersonale. Apprezzato dal web e dalla critica, reduce da una presentazione romana gremita, incontriamo l’autore per saperne di più.

Cosa ti ha ispirato a scrivere “La linea gialla”?

Io nasco come poeta e le mie poesie sono sempre legate al tema dei sentimenti e ed è proprio questo a darmi l’ispirazione per scrivere romanzi. In questo caso, la scintilla è nata da un aneddoto molto tenero: sono nonno e una volta ho sentito mia figlia chiedere a mia nipote, di appena un anno – “Che cosa fosse l’amore per lei” – e lei rispose: “l’amore di nonno”. Questo proprio perché ero solito chiamarla così. E proprio per questo, ho voluto rappresentare, al contrario, la sofferenza di un uomo senza amore, disilluso, che, subito dopo la pandemia si trova ad affrontare un periodo difficile, tra problemi economici e sentimentali. Un uomo, che, in fondo, pensa ancora di tornare ad amare e di potersi rimettere in gioco, grazie al ritorno di Simona: una sua storica amica.

A quale personaggio sei maggiormente legato?

In ciascuno di loro, ho messo un po’ della mia storia e della mia esperienza di vita e trattandosi del mio primo romanzo, tutti i personaggi mi rappresentano, almeno in parte, sia direttamente che indirettamente. Però, se devo indicarne uno in particolare, penso a Regina: lei rappresenta l’amore incondizionato, quello che significa, anche, saper rinunciare a vivere appieno i propri sentimenti, se questi non sono, completamente, corrisposti.

Come ti descriveresti, in una parola?

Sono un poeta e un narra-storie: mi piace raccontare delle storie che avvengono all’interno di una cornice realistica, così come avviene nello story-telling. C’è, comunque, sempre una realtà di partenza, all’interno della quale si sviluppano delle storie da raccontare: sono una specie di cantastorie medievale in forma moderna.

E come, invece, definiresti “La linea gialla”?

Con due parole: amore e disagio ossia disagio d’amore. Disagio che si può attribuire anche alla situazione post- pandemia, che ha sconvolto le vite di ciascuno tutti per anni.

Hai in cantiere un altro romanzo?

Sto già lavorando a un altro libro che è ambientato nell’arco di 40 anni: dagli anni ‘70 sino ai primi anni Duemila. Racconto la storia di un personaggio che vive un disagio, anche, sociale: questa volta però la narrazione è incentrata sul punto di vista femminile, malgrado  sia più arduo immedesimarsi nella mente di una donna, per un autore di sesso maschile: sarà una nuova avvincente sfida.

Qual è il tuo maggiore sogno?

Continuare a scrivere, ma allo stesso tempo, non mi dispiacerebbe vedere il mio libro trasposto in un film o in una serie tv. Il mio romanzo è un insieme di scene che si adatterebbero bene a un linguaggio cinematografico e che sicuramente porterebbero lo spettatore a innamorarsi dei personaggi descritti nel libro.

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