Paesi dimenticati: San Gregorio da Sassola

ROMA – Spesso scegliamo mete esotiche e lontane per i nostri viaggi, ponendo poca attenzione sul fatto che il viaggio non dovrebbe essere inteso solo come vacanza, semplice divertimento fine a se stesso, ma anche come momento per riscoprire qualcosa di noi stessi, per riflettere sui nostri limiti e sui nostri errori.

Un’occasione unica per ritrovare i propri legami con un passato che, se visto nella giusta prospettiva, può arricchire la nostra anima e contribuire alla maturazione della nostra persona. Per fare questo non occorre andare troppo distanti, basta allontanarsi di pochi chilometri da Roma, percorrendo l’antica via Tiburtina e, superata Tivoli, raggiungere un piccolo paese carico di storia e di fascino: San Gregorio da Sassola. Qui, arroccato tra i monti Tiburtini e Predestini su uno sperone tufaceo, sorge un antico borgo che, fin dagli albori della civiltà, è stato centro nevralgico di primaria importanza per gli assetti viari e per il rifornimento idrico delle zone circostanti. Da qui infatti passavano non solo le merci e i prodotti dell’entroterra, ma anche gli importanti acquedotti romani Anio Novus, Anio Vetus e Aqua Marcia che dissetavano la popolazione di Roma. Sempre qui i nobili patrizi amavano ritrovarsi in villeggiatura, come testimoniano i numerosi resti di ville romane. Il paese deve il suo nome a papa Gregorio Magno (540-604), membro della Gens Anicia, la stessa di San Benedetto da Norcia, la quale possedeva gran parte dei territori circostanti. Le più antiche informazioni scritte si datano al X sec; nei decenni successivi sappiamo che il “Castel San Gregorio” fu di proprierà dell’Abbazia di Subiaco, poi passò alternativamente nelle mani della famiglia dei Colonna e degli Orsini che se lo contesero con la forza nel periodo compreso tra Quattrocento e Cinquecento. Ma sarà solo con il dominio spietato del cardinale Prospero Publicola Santacroce (1567) che San Gregorio ricevette una piena regolamentazione urbanistica e vide la ristrutturazione e l’abbellimento del Castello che assunse la duplice funzione di luogo di rappresentanza e di concreto manifestarsi dell’autorità e del dispotismo cardinalizio. Il Santacroce però non seppe migliorare la vita dei sangregoriani, ma li vessò con tasse inique e li spogliò di ogni diritto e di ogni ricchezza, aggravandone la condizione e rendendo sempre più misera la loro esistenza. Con l’avvento al potere del cardinale Carlo Pio di Savoia le cose cambiarono radicalmente. Dopo la terribile pestilenza del 1655 che decimò la popolazione, San Gregorio conobbe un periodo di intensa fioritura economica e culturale, grazie agli interventi urbanistici e alla politica di rispetto e di autonomia del paese effettuata dal cardinale.

 

Con l’ausilio degli studi e delle  ricerche compiute dal dott. Mario Giagnori, esperto di arte e di storia locale, è stato possibile valutare le migliorie apportate da Carlo Pio al Castello, ampliandolo e facendolo affrescare dal grande pittore contro-riformista Federico Zuccari. Come apprendiamo dalla lettura del libro “San Gregorio da Sassola. Una città ideale del Seicento” di Mario Giagnori, il cardinale volle dare concreta attuazione alla sua visione artistica e geometrica della realtà, iniziando a ristrutturare dapprincipio il Castello e poi tutta la cittadina di San Gregorio, con la costruzione del Borgo Pio. “Il Borgo Pio – ha affermato Mario Giagnori durante un’intervista concessa alla nostra redazione – è l’esempio di un’azione illuminata, dettata da precise convinzioni estetiche. La sua volontà fu quella di costruire un nuovo abitato a misura d’uomo non solo per riqualificare il paese dopo la peste, ma anche il tentativo ambizioso di concretizzare il sogno di una perfetta realizzazione urbanistica, rendendo San Gregorio un paese unico nel suo genere. Un tesoro da preservare e valorizzare in ogni modo”. Percorrendo infatti la via principale del nuovo quartiere con i cinque gruppi di case disposte a scacchiera, tutte ad un piano, con lo sbocco nella piazza ovale (Piazza Padella) attorno alla quale si dispiegano armoniosamente i giardini circostanti, si ha la netta sensazione di una volontà progettuale che permettesse agli abitanti un’esistenza armoniosa e integrata con l’ambiente secondo gli ideali estetici e spiratali del Rinascimento e del Barocco.

 

Ma Carlo Pio non si è limitato solo alla ricostruzione e alla sistemazione di San Gregorio, ma anche alla razionalizzazione e all’ampliamento del Castello che con lui conosce il suo massimo splendore, diventando la cerniera tra la parte vecchia del paese e il nuovo borgo. Il Castello di San Gregorio perde il suo connotato di “castrum” difensivo per divenire simbolo di rinascita e luogo a cui tutti i sangregoriani potevano guardare con fiducia per chiedere aiuto nei momenti di difficoltà o per vedere tutelati i propri diritti. E questo si riflette nelle stradine tortuose, nei vicoli scavati nella roccia di San Gregorio da Sassola, nelle sue chiese cariche di tesori artistici, dove tutto sembra fermo a quel tempo e si percepisce il senso una storia intensa e di valori che trasudano dalla roccia. “Recuperare le tracce indelebili di un passato con cui dobbiamo ancora relazionarci appieno – ha continuato Mario Giagnori – è stato per me un modo per riportare alla luce una ricchezza con la quale poter fissare nel mio cuore il senso di una memoria collettiva. Un lavoro lungo, faticoso, ma carico di soddisfazioni, che mi ha permesso di crescere e di maturare ancora con la speranza che quanto ho compiuto possa essere di stimolo per le future generazioni”. Non possiamo far altro che condividere questo pensiero e suggerire alle amministrazioni locali e a tutti gli appassionati di ritrovare questo sentimento, visitando San Gregorio da Sassola e le sue bellezze architettoniche e paesaggistiche.

Comune di San Gregorio da Sassola 
Mario Giagnori, San Gregorio da Sassola, Una città ideale del Seicento, 2008.

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