Vita Dulcis. Paura e desiderio nell’Impero romano

Tra bellezza e provocazione: alla scoperta del moderno attraverso l’antico

Forte l’impatto, controverse e combattute le sensazioni che, a giorni di distanza, ancora si associano all’esperienza della mostra Vita Dulcis. Se l’obiettivo era colpire e suggestionare l’immaginario del visitatore è stato raggiunto egregiamente.

La mostra, ideata da Francesco Vezzoli, uno degli artisti italiani maggiormente affermati e apprezzati a livello internazionale, insime a Stéphane Verger, Direttore del Museo Nazionale Romano, vuole indagare, rileggere, in un certo senso anche riscrivere il legame tra arte contemporanea e arte antica, utilizzando come filo conduttore l’antica Roma, con i suoi ideali, i suoi vizi, le sue contraddizioni.

Visitando le sette sale della mostra, in un immaginario percorso attraverso i sette colli di Roma, si esplora un dialogo inaspettato, a volte naturale altre provocatorio e dissacrante, tra il moderno e l’antico, capace di proiettare nel presente, nella sensibilità attuale, opere in alcuni casi mai mostrate al pubblico.

Le sculture del Museo Nazionale Romano che trovano spazio lungo l’esposizione, infatti, non sono tutte note: alcune sono state scovate nei depositi del museo e riscoperte per confrontarsi in un contesto nuovo e rivivere grazie alla ricerca di attualizzazione dei Vezzoli. 

Dal busto di un generale romano pronto and andare in guerra con un modernissimo casco da ciclista ad Antinoo, rappresentato in chiave rock, quasi in procinto di salire su un palco truccato come David Bowie sulla copertina di Alladin Sane; o ancora alla musa della satira, che assume sembianze di ispirazione metafisica richiamanti le figure di De Chirico con una testa di bronzo tra l’alieno e il manichino, che troneggia su una figura ornata da un ricco drappeggio marmoreo. 

Sul fondo, ma sempre in primo piano, le grandiose scene di colossal cinematografici che traggono ispirazione dalla storia dell’antica Roma, che accompagnano l’intero spazio espositivo in maniera tutt’altro che dimessa o marginale. Ricercati frammenti di film anch’essi provocatori, forti, emblematici (il Gladiatore di Ridley Scott, Spartacus di Kubrick, Satyricon di Fellini solo per citarne alcuni).

Inquietanti e solenni le scene di Cabiria troneggiano in fondo alla sala dedicata alla morte e all’ultraterreno, al termine di un lungo corridoio fatto di lapidi e affollato da chiassose irscizioni funerarie che conducono a un altare, forse più simile a un ponte o una passerella: qui giace la testa di una fanciulla dormiente di età neroniana, splendida e rilassata immagine della pace.

Un allestimento scenografico di qalità caratterizza l’intera esposizione, che da questo aspetto trae forza e significato, permettendo al visitatore un’immersione completa nel percorso espositivo.

Dalla guerra alla morte, dalle donne all’amore, dalla follia al potere: le sale affrontano i grandi temi dell’umanità, ponendo spunti di riflessione e proponendo contrasti tra il pop e il satirico. Una continua tensione tra la riflessione e la provocazione, capace di portare la cultura romana molto più vicina al nostro sentire… o piuttosto il contrario.

Nel progetto di Palaexpo si intende, con questza mostra, aprire un percorso di rilancio del Palazzo delle Esposizioni come punto di riferimento per la creazione e realizzazione di spazi espositivi inediti. Vita Dulcis rappresenta senz’altro un apripista importante in questa direzione, che crea grandi aspettative per il futuro di quello che si proietta, sullo scenario romano, come spazio di respiro internazionale, in cui l’arte contemporanea vive una nuova rilevanza ed esce dai consueti canali espositivi in cui è spesso relegata.

Consigliata: a chi vuole sollecitare e stuzzicare i propri sensi. A chi è pronto a capire, stupirsi, meravigliarsi, contrariarsi.

Assolutamente sconsigliata: a chi cerca la pacifica distensione dei sensi tra le armoniose forme dell’arte classica.

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