Arte. A Udine “Gli ultimi trent’anni di Joan Mirò” in mostra a Villa Manin

 

Continua a incantare “Joan Mirò a Villa Manin. Soli di notte”, appassionante retrospettiva dedicata al periodo più fecondo dell’artista catalano, quello maiorchino 

PASSARIANO DI CODROIPO (UDINE) – Oltre 250 opere fra dipinti, schizzi, bozzetti preparatori e sculture bronzee, una miriade d’oggetti personali e altrettanti documenti originali accompagnano il visitatore fra le stanze diversamente variopinte di Villa Manin, spazio espositivo sempre più all’avanguardia sia per l’interessante offerta artistica proposta sia per le prestigiose collaborazioni intermuseali che da anni vi vedono la luce. Su tutte spicca, in particolare, il preziosissimo sostegno dato dalla Fundaciò Pilar i Joan Mirò di Palma di Maiorca che, di fatto, molto ha contribuito affinché “Soli di notte” – nuovo banco di prova per l’Azienda Speciale Villa Manin – potesse prendere forma.

E sostanza. Tanta plastica sostanza. Perché la mostra non è un semplice percorso a tappe che ricostruisce il periodo (forse) più prolifico di Joan Mirò (1893-1983). Né tantomeno un omaggio spersonalizzato all’estroso maestro di Barcellona che, seppur nato nella città di Gaudì, fu invero a Palma di Maiorca che visse visceralmente la propria arte, elevandola a impareggiabile ragione esistenziale.

Pittore, scultore, ceramista, litografista e incisore, il tutto in radicale salsa surrealista. Ma anche poeta del pennello, filosofo della tela, accumulatore seriale di piccoli manufatti, ninnoli spesso senza storia eppure sempre con un perché.

In quanto “riciclatore” d’oggetti ante litteram, rigattiere di quotidianità dall’oscuro valore, tutto – ciascun dettaglio – era per lui motivo d’ispirazione. “Anche un filo d’erba, perfino un sassolino”, qualsiasi cosa fosse d’innocua e incontaminata concezione, conteneva in nuce una forza magnetica tale da sedurlo. Inevitabilmente.

Ed è qui che s’inserisce la natura, specialmente quella bellamente selvaggia della sua Maiorca, che ebbe il merito di suggerirgli temi e soggetti da ritrarre: donne, uccelli, enormi occhi e indefiniti personnages si muovono fra terra, cielo e mare, motivi ricorrenti in questa stagione incredibilmente longeva. 

Conquistato dai toni sgargianti di Matisse, spalleggiato dal compagno d’elezione Breton, affascinato dalla lezione cubista di Picasso anche se maggiormente interessato all’astrattismo del russo Kandinskij e allo stravolgimento dadaista di Picabia, in gioventù Mirò rielaborò attivamente le influenze avanguardistiche del clima culturale dell’epoca, assimilandone l’irriverenza che vi era fra le righe.

Tuttavia, fu soltanto fra gli anni Sessanta e Settanta che approdò a una poetica artistica più compiuta, i cui frutti parlano da sé e di sé. Di forza, di sconfinata immaginazione, d’inesauribile vigore e di smisurata vitalità, in barba al tempo che passa e alle dicerie sull’età.

La grande scommessa di “Soli di notte” è proprio quella di mostrare il lato meno inflazionato dell’artista spagnolo, quello corrispondente all’ultima fase del suo eccezionale estro creativo, in bilico fra continuo rinnovamento espressivo e incessante ricerca sperimentale: il periodo maiorchino (1956-1983).

Sull’isola di Palma, complice una solitudine faticosamente riguadagnata, Mirò si riscoprì critico crudele, lo stroncatore più intransigente verso la sua opera precedente. Un revisionista, quasi negazionista.

Isolatosi nei suoi “recinti sacri” – lo studio Sert e lo studio Son Boter – il suo stile cambiò radicalmente, si spogliò e si trasformò, facendosi più sfuggente, violento e fulmineo, quasi aggressivo, tanto da realizzare dipinti ridotti a scarne linee e qualche traccia di colore, bizzarre silhouettes stilizzate su sfondi sempre più monocromi.

Rosso, giallo, verde e blu – prima tanto abusati – ora lasciano ampio spazio al bianco e soprattutto al nero, che pare avere la meglio su tutti i fronti quanto a capacità rappresentativa: scarnifica e semplifica, riducendo l’oggetto alla sua quintessenzialità, a un segno. Come un ideogramma giapponese, tanto apparentemente immediato quanto lungamente meditato. “Il massimo d’intensità col minimo di mezzi.”

La causa di una simile rivoluzione? La maturazione di una poetica più completa, l’esplorazione del silenzio e del vuoto, un rapporto più intenso con un’isola d’incorrotta natura, in cui ritrovarsi e riconsiderarsi nella propria intima essenza, “come un bambino nella sua culla”.

Il risultato? Un’arte priva d’inganni o artifici, che va dritta allo scopo; un’arte anonima e universale, che si rivolge al mondo facendo leva sul principio di sintesi.

Un linguaggio che fluttua fra figurazione e astrazione, su molteplici supporti, con tecniche diverse e altrettanti materiali da disegno. Olio, acrilico, guazzo, gesso, vernice, matita, penna a sfera, pastello a cera, acquatinta allo zucchero e inchiostro su tela, carta di riso, ritagli di giornale, masonite, cartoncino, compensato e cartone ondulato: combinazioni che certo non esauriscono la spinta artisticamente sovversiva di Mirò, che durante la sua produzione più tarda dismise il cavalletto per entrare direttamente all’azione. Con collage e assemblaggi, ma anche calpestando la tela, camminandoci sopra, scuotendola, dissacrandola. Pittura gestuale e fremente, action painting alla Pollock e alla Kline: l’esemplificazione della vertigine all’apice della creazione.

  

Un’esperienza multisensoriale, quella ricreata a Villa Manin, che per l’occasione si è avvalsa delle musiche appositamente realizzate da Teho Teardo e delle competenze audiovisive di Michele Baggio.

Luci e suoni che si propagano per tutte le diciotto sale e che, per ciascuna di esse, rievocano i luoghi e le ambientazioni dell’ultimo trentennio di vita di Mirò. Che scatenano – oggi più che mai – quella componente emotiva e istintuale, quasi primitiva, che lega in un connubio perfetto l’Uomo alla Natura.

Un’atmosfera d’altri tempi, una suggestione che scivola via come il tempo fra le mura della Villa, con le sue installazioni temporanee, i contrasti di colore e la tipica ariosità dei Mirò alle pareti. Perché “è solo questo, una magica scintilla, che nell’arte conta”. Anche se nata dalle piccole cose di ogni giorno.

SCHEDA TECNICA EVENTO

Joan Mirò a Villa Manin. Soli di notte

A CURA DI: Elvira Càmara Lòpez e Marco Minuz

PROMOSSA DA: Azienda Speciale Villa Manin, Regione Friuli Venezia Giulia e Fundaciò Pilar i Joan Mirò di Palma di Maiorca

PERIODO: 17 ottobre 2015 – 03 aprile 2016 

LUOGO: Villa Manin di Passariano di Codroipo (UD) 

ORARIO: da martedì a domenica (10:00-19:00)

  Aperture straordinarie: 07/12/2015, 04/01/2016, 28/03/2016.

  Chiuso il 25/12/2015.

  31/12/2015: chiusura ore 17:00.

  01/01/2016: apertura ore 11:00. 

INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI: 0432 821211  

E-MAIL:  [email protected] 

SITO WEB: http://www.villamanin.it

Veronica Fabbro

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