Lo spettacolo “Dr. Jekyll”, per la regia di Sergio Rubini, è tratto dal romanzo breve “Lo strano caso del Dr. Jekyll e di Mr. Hyde” di Robert Louis Stevenson. Lo scrittore scozzese, noto anche per essere l’autore de “L’isola del tesoro”, pubblicò nel 1886 il libro, che trattava il peculiare caso di un dottore che, rimasto vittima di un suo stesso esperimento, si scindeva in due personalità – una buona e una cattiva. Dr Jekyll e Mr. Hyde, per l’appunto. L’adattamento di Rubini, però, si discosta parecchio dal racconto originale.
La messa in scena
Il fondale cangiante, alcuni oggetti di scena e una porta che appare e scompare. Sono pochi gli elementi che compongono la scenografia, realizzata da Lucia Imperato. Un lampione per gli esterni, un letto e una scrivania per gli interni. Si nota uno specchio, appeso al soffitto. Gli effetti sonori di Alessio Foglia e i costumi di Chiara Aversano riescono a rendere l’atmosfera di una Londra Vittoriana tramite i dettagli. La gran parte della messa in scena però si tiene sull’eccelso disegno delle luci di Salvatore Palladino.
In apertura, un cono di luce fredda illumina un leggio e Sergio Rubini, che recita il prologo. Il regista sarà presente sul palco sia in qualità di narratore, sia come personaggio – nei panni del dottor Hastie Lanyon, amico e maestro di Jekyll. Le scene, curate da Gregorio Botta, si susseguono con un buon ritmo, almeno per la prima parte dello spettacolo.
A impersonare Utterson troviamo Geno Diana, mentre a interpretare Jekyll e la sua oscura metà c’è Angelo Zampieri, che riesce a portare in scena le sfaccettature del personaggio, anche se forse talvolta forza un po’ la mano.
Il cast è ottimo, e la regia di Rubini è riuscita. Lo spettacolo ha un’unica pecca: dura troppo. Più di due ore sono troppe per portare in scena il capolavoro di Stevenson, un romanzo breve – o racconto lungo, che dir si voglia – per il quale un’ora e mezza sarebbe stata sufficiente. L’andamento della seconda metà dello spettacolo procede a rilento.
L’adattamento in chiave psicanalitica e il tema del doppio secondo Sergio Rubino
Nelle note di Regia, Rubini parte dalla considerazione che il romanzo di Stevenson “Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde” sia un’apologia sulla condizione umana che, come tematica centrale, ha quella del doppio che alberga in ogni essere umano. Rubini ha inteso proporre una chiave drammaturgica psicanalitica, ispirata alle teorie freudiane e junghiane, di parecchio successive alla pubblicazione del racconto di Stevenson.
Il testo è stato ripulito del carattere soprannaturale che Stevenson aveva conferito alla storia del Dr. Jekyll e della sua metamorfosi in Mr. Hyde. Va precisato che, in questo caso, non sempre la scelta della regia ha portato un vantaggio all’adattamento teatrale. L’intento di Rubini era quello di rendere contemporaneo lo spettacolo, sottraendo l’elemento fantastico dall’opera. Anziché essere causata da un esperimento chimico riuscito male, la metamorfosi di Henry Jekyll in Edward Hyde non è reale. Jekyll e Hyde sono un unico personaggio, e il contesto è spogliato della caratteristica allegorica presente nell’opera. Stando alle parole del regista, Jekyll “tira fuori dalla caverna del conscio ciò che è a lui stesso nascosto, la sua ombra, il suo Hyde”.
Per tutto il tempo lo specchio resta lì, sospeso, costringendo ogni spettatore a confrontarsi con sé stesso – con la metà di sé meno gradevole, se non mostruosa. Quella che ognuno di noi nasconde.
21 gennaio. 2 febbraio
Fondazione Teatro Di Napoli – Teatro Bellini
Marche Teatro
Teatro Stabile di Bolzano
SERGIO RUBINI
DANIELE RUSSO
IL CASO JEKYLL
tratto da Robert Louis Stevenson
adattamento Carla Cavalluzzi e Sergio Rubini
e con
Geno Diana
Roberto Salemi
Angelo Zampieri
Alessia Santalucia
scene Gregorio Botta
scenografa Lucia Imperato
costumi Chiara Aversano
disegno luci Salvatore Palladino
progetto sonoro Alessio Foglia
foto di scena Flavia Tartaglia
regia SERGIO RUBINI