Con “Primavera”, Damiano Michieletto firma un esordio cinematografico che traduce la sua lunga esperienza teatrale in un linguaggio filmico misurato, attento ai dettagli e profondamente musicale.
Liberamente ispirato al romanzo “Stabat Mater” di Tiziano Scarpa, il film mette al centro la figura di Cecilia, giovane violinista dell’Ospedale della Pietà di Venezia, interpretata da una Tecla Insoliasorprendentemente precisa nel restituire il conflitto tra disciplina e desiderio di emancipazione.
L’arrivo di Antonio Vivaldi, cuiMichele Riondino dà una presenza scenica magnetica e inquieta, introduce nel racconto una tensione creativa che va oltre il semplice rapporto maestro-allieva, senza banalizzarlo. Michieletto sceglie di raccontare questo legame come un continuo dialogo fatto di intuizioni, silenzi, piccoli gesti che rivelano la nascita di una consapevolezza artistica.
La fotografia di Daria D’Antoniocostruisce un ambiente sensoriale che alterna l’oscurità dei corridoi dell’istituto alla luminosità delle sale di prova, quasi a marcare il contrasto tra costrizione e libertà interiore. I costumi e le scenografie restituiscono un Settecento essenziale, lontano dall’estetizzazione museale: un luogo vivo, attraversato da regole ferree ma anche da slanci nascosti. Il montaggio di Walter Fasano segue una logica organica, più musicale che narrativa, permettendo al film di respirare con tempi propri. La musica, più che accompagnare il film, diventa la struttura stessa della narrazione.
In generale i suoni – anche i passi della priora delle orfane della Pietà, il miagolio di un gatto, il pianto di un neonato – sono un elemento centrale nella pellicola. Suoni diegetici ed extradiegetici si intrecciano continuamente. Le musiche originali di Fabio Massimo Capogrosso scavano nelle profondità psicologiche dei personaggi e, mischiate alle pagine vivaldiane, costituiscono uno dei punti più alti dell’opera: evocano la fragilità e la forza dei personaggi.
Accanto ai due protagonisti, un cast eccellente – Andrea Pennacchi, Fabrizia Sacchi, ValentinaBellé, StefanoAccorsi– contribuisce a delineare un microcosmo in prevalenza femminile in cui disciplina, devozione e ambizione convivono in equilibrio precario.
«Questo progetto nasce dal desiderio di raccontare una storia» ha detto il regista durante la conferenza stampa che si è tenuta giovedì 11 dicembre, dopo la proiezione al cinema Barberini. «Uscire dalla mia comfort zone, ovvero quella del teatro, è stata la sfida maggiore». Il libro di Tiziano Scarpa, come ha ricordato la sceneggiatrice Ludovica Rampoldi, è «un romanzo epistolare costituito dalle lettere che Cecilia invia alla madre che l’ha abbandonata». Rampoldi, nel trasporre il romanzo in una sceneggiatura, ha cercato, tramite lo sguardo di Cecilia, di «rappresentare sullo schermo la musica che la risveglia dalla vita ritirata che conduce».
Sa leggere, scrivere, suonare. Sono tutte abilità inutili, poiché Cecilia – come le altre – è destinata a sposare un uomo che non ha scelto. «Lei è un’orfana, ha una libertà limitata» dice ancora Michieletto. «Nel corso del film fa scelte ingenue, che anziché renderla libera la danneggiano, proprio perché per chi la circonda la sua vita conta poco». L’attore Michele Riondino, ottimo interprete di un Vivaldi dalla personalità sfuggente, ha detto: «L’aspetto che abbiamo voluto valorizzare è quello di due solitudini che si incontrano e si intersecano, ma restano tali». Antonio e Cecilia sono – e restano – soli.
“Primavera” è un film che non cerca il clamore, ma la risonanza interiore. Michieletto non firma un biopic né un melodramma in costume: costruisce una meditazione sulla nascita dell’identità artistica e sulla possibilità di trovare una voce propria. Un esordio elegante e rigoroso, che arricchisce il panorama del cinema italiano contemporaneo.
PRIMAVERA
un film di
DAMIANO MICHIELETTO
con TECLA INSOLIA e MICHELE RIONDINO
NELLE SALE DAL 25 DICEMBRE



