Richard Gere: “L’immigrazione si risolve disimpegnandosi dalle guerre”

TAORMINA  (nostro inviato) – Un Richard Gere in forma smagliante ha deliziato a Taormina 2015 uno stuolo di ragazze di tutte le età e di ammiratori delle sue capacità recitative. Sfoggiando la sua folta, fluente chioma bianca, l’attore americano ha padroneggiato la scena mostrando al pubblico italiano il suo talento  nel ruolo del barbone di TIME OUT OF MIND del 2014, che lo ha visto protagonista nella proiezione e premiazione del Teatro Antico.

“L’American Gigolò” era sicuramente tra le personalità più desiderate del festival ed ha ammaliato l’auditorio salutando la Tao Class con un grande sorriso, dicendo in italiano «Grazie mille a tutti».  Ha ricordato di essere stato in Sicilia con il Dalai Lama ma, da attore, ieri era la sua prima volta sul suolo di Trinacria, la cui bellezza lo emozionava.

Come forti sentimenti  ha suscitato in lui l’interpretazione del senza tetto nel  film sopra citato, durante la quale ha girato per le strade di New York da invisibile, senza mai essere riconosciuto, al fine di sottolineare  una problematica profonda e da sanare. Gere  – ultimamente interprete di quattro film consecutivi, dei quali in Italia abbiamo visto solo Ritorno al Marigold Hotel e  con all’attivo ben cinquanta film –  ha sempre mostrato estrema sensibilità per le  cause umanitarie.  Nel corso della Tao Class,  quando gli è stata posta una domanda relativa al problema dell’ immigrazione in Europa,  di cui la Sicilia è noto crocevia,  Gere ha detto che la ricerca della sicurezza e della dignità della vita di ogni persona sono naturali aspirazioni e dovrebbero essere soddisfatte con un processo di disimpegno dalle guerre a livello globale ( on in prima linea in questo Europa e Usa). Ma anche col lavoro quotidiano del singolo verso chi gli è vicino e soffre. L’aiuto genera aiuto e felicità per chi lo da e lo coglie. Questo è anche il senso del film TIME OUT OF MIND. 

“L’ufficiale e Gentiluomo” si è buttato nel cinema indipendente perché : “Ora ci sono nuovi confini e se vuoi raccontare storie originali devi accontentarti di low budget”. Come in Franny, nell’ultimissimo Oppenheimer Strategies. 

Il tempo che passa non è una preoccupazione dell’attore statunitense che ha candidamente confessato di sentirsi un 26enne. Con la sua identità anagrafica ha piuttosto un rapporto di avvicinamento alla profondità di se stesso, alimentata da un’empatia che valica i confini dei giudizi della gente; che si fonda su valori e convinzioni che lo hanno reso, oltreché una star del cinema, un personaggio dal successo umano, in quanto paladino dei diritti. 

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