Una ferita non ancora chiusa dopo 40 anni. È l’attesa per la resa dei conti ad animare Henrik, generale in pensione protagonista insieme a Konrad, il suo migliore amico e avversario di “Le braci”, l’opera più acclamata del romanziere Sandor Marai, al Teatro Eliseo di Roma fino al 9 febbraio.
Un testo carico di pathos che mette in scena una rivalità di antica data, che ha consumato la vita di due uomini: l’uno analitico e pragmatico, l’altro sognatore e creativo, uniti dall’amore per la stessa donna Krisztina; e anche per la stessa patria, l’Ungheria, ormai smembrata alla fine della Prima Guerra Mondiale, lasciandosi alle spalle molti apolidi. Come lo stesso Konrad, ormai anziano quando decide di rientrare a casa dopo un esilio volontario ai tropici lamentando di “non aver più alcuna patria”, essendo nato in una parte di Paese ormai annessa alla Slovacchia. Ed è “un senza radici” anche lo stesso autore Sandor Marai, che in questo romanzo del 1942 esprime le sue ansie e il suo disagio per un momento storico che vede il crollo degli antichi valori tardo ottocenteschi e lo spettro di un nuovo conflitto – La Seconda Guerra Mondiale – che nuovamente si stava abbattendo sull’Europa portandosi via la speranza di una stabilità politica, sociale e psicologica.
Un romanzo che viaggia su questo doppio binario: politico e sentimentale; con dialoghi sferzanti e commuoventi che mettono a nudo l’animo e le intenzioni di questi uomini, prima amici poi rivali ed ora soltanto “anziani”, portatori di un’etica tardo ottocentesca che non esiste più, le cui “braci” sono state spazzate via dalle guerre e dall’avvento delle nuove ideologie.
Azzeccata la scelta degli attori che con gravità e partecipazione danno corpo a questi due uomini al tramonto, con tante domande, ma nessuna risposta risolutiva. E conclude lo stesso autore: «Due persone non possono incontrarsi neanche un giorno prima di quando saranno mature per il loro incontro».
Al Piccolo Eliseo sino al 9 febbraio
Le braci
dall’opera di Sándor Márai
adattamento Fulvio Calise
drammaturgia e regia Laura Angiulli
Con Renato Carpentieri e Stefano Jotti
Scene Rosario Squillace
Disegno luci Cesare Accetta
Produzione Il Teatro coop. produzioni Galleria Toledo